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Desumibilità atti: quando scatta il termine cautelare?

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale del riesame in materia di custodia cautelare. Il caso riguardava due distinti provvedimenti restrittivi emessi nei confronti della stessa persona. La Corte ha stabilito che la desumibilità degli atti, cruciale per determinare l’inizio dei termini di custodia nelle cosiddette ‘contestazioni a catena’, si basa sulla mera disponibilità materiale degli elementi di prova nel fascicolo del Pubblico Ministero, e non sulla loro completa analisi e valutazione. Il procedimento è stato rinviato per una nuova valutazione fondata su questo principio di diritto.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Desumibilità degli atti e custodia cautelare: la Cassazione fissa i paletti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10626 del 2024, è intervenuta su una questione cruciale in materia di libertà personale: il calcolo dei termini della custodia cautelare in caso di più provvedimenti restrittivi. Il cuore della decisione ruota attorno al concetto di desumibilità degli atti, un principio fondamentale per evitare che un indagato rimanga in carcere più a lungo del dovuto a causa di una frammentazione delle contestazioni. Questa pronuncia chiarisce che la disponibilità materiale delle prove prevale sulla loro analisi da parte dell’accusa.

I Fatti del Caso: Due Misure Cautelari per lo Stesso Indagato

La vicenda processuale riguarda un soggetto destinatario di due distinte ordinanze di custodia cautelare in carcere. La prima, del novembre 2020, era stata emessa per un episodio di detenzione di un ingente quantitativo di eroina. La seconda, dell’aprile 2022, scaturiva da un’indagine più ampia denominata “Game over” e contestava al medesimo individuo il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, oltre ad altre condotte di spaccio.

La difesa dell’indagato ha sostenuto che la seconda misura cautelare fosse inefficace, in applicazione della disciplina sulle “contestazioni a catena” (art. 297, co. 3, c.p.p.). Secondo il ricorrente, infatti, gli elementi a sostegno dell’accusa associativa erano già presenti e conoscibili (“desumibili”) negli atti di indagine in possesso del Pubblico Ministero al momento dell’emissione della prima ordinanza. Di conseguenza, i termini di durata massima della custodia avrebbero dovuto decorrere da quella data, rendendo tardiva la seconda misura.

La Posizione del Tribunale del Riesame

Il Tribunale del riesame di Lecce aveva respinto la tesi difensiva. Pur riconoscendo la pendenza di entrambi i procedimenti presso la stessa Procura, aveva escluso il presupposto della “desumibilità”. Secondo il Tribunale, al momento della prima ordinanza, il Pubblico Ministero non aveva ancora vagliato e analizzato compiutamente la complessa mole di atti d’indagine relativi al reato associativo. In altre parole, la semplice presenza dei documenti nel fascicolo non era sufficiente a renderli “desumibili”, essendo necessario un “filtro valutativo” da parte dell’organo inquirente, che nel caso di specie era avvenuto solo in un momento successivo.

Il Principio della desumibilità degli atti secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha censurato questa impostazione, accogliendo il ricorso della difesa. Gli Ermellini hanno stabilito un principio di diritto chiaro e garantista: la desumibilità degli atti va intesa in senso oggettivo e quantitativo, non soggettivo e qualitativo. Ciò che conta è l’effettiva “emersione” di un complesso di indizi nel fascicolo del Pubblico Ministero, valutabili ai fini dell’adozione di una misura cautelare.

Non rileva, invece, l’attività successiva di “decodificazione, interpretazione e compiuta elaborazione” di tali indizi da parte degli organi inquirenti. Accettare la tesi del Tribunale del riesame, afferma la Corte, significherebbe far dipendere la durata della privazione della libertà personale da un fattore incerto e non predeterminabile, quale il tempo (a volte lungo) necessario al Pubblico Ministero per esaminare gli atti di cui già dispone.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Cassazione si fonda sulla necessità di tutelare il diritto alla libertà personale e di garantire la certezza dei termini di custodia cautelare. La norma sulle contestazioni a catena è posta proprio a presidio di questi valori, per evitare che l’autorità giudiziaria possa dilazionare nel tempo le contestazioni, prolungando di fatto la durata della detenzione.

Il Collegio ha specificato che il momento rilevante è quello in cui gli atti di indagine entrano nella disponibilità dell’Ufficio di Procura. Da quel momento, gli elementi in essi contenuti si considerano “desumibili”, e il Pubblico Ministero ha l’onere di procedere con le richieste cautelari per tutti i fatti connessi che emergono da tali atti. Attendere la completa elaborazione analitica da parte degli inquirenti introdurrebbe un elemento di discrezionalità incompatibile con il rigore richiesto in materia di limitazione della libertà.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza annulla l’ordinanza impugnata e rinvia gli atti al Tribunale del riesame di Lecce per un nuovo giudizio. Quest’ultimo dovrà attenersi al principio di diritto enunciato, verificando se, alla data della prima ordinanza cautelare, dagli atti già in possesso della Procura emergesse effettivamente un quadro indiziario sufficiente per contestare anche il reato associativo. Questa decisione rafforza le garanzie difensive, ancorando il calcolo dei termini cautelari a un dato oggettivo – la presenza degli atti nel fascicolo – e non alle tempistiche soggettive dell’attività di analisi dell’accusa.

Cosa si intende per ‘desumibilità degli atti’ ai fini della custodia cautelare?
Per ‘desumibilità degli atti’ si intende la possibilità oggettiva di ricavare un quadro di gravi indizi di colpevolezza per un reato dai documenti e dagli atti di indagine già formalmente a disposizione del Pubblico Ministero, a prescindere dal fatto che quest’ultimo li abbia già compiutamente analizzati ed elaborati.

Quando inizia a decorrere il termine di custodia cautelare se vengono emesse più ordinanze in procedimenti diversi?
La decorrenza dei termini di custodia cautelare va retrodatata, cioè fatta partire dalla data di esecuzione della prima ordinanza, se al momento della sua emissione gli elementi di accusa per i fatti oggetto della seconda ordinanza erano già ‘desumibili’ dagli atti in possesso del Pubblico Ministero.

L’analisi e la valutazione delle prove da parte del Pubblico Ministero influiscono sul concetto di ‘desumibilità’?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la ‘desumibilità’ si basa sull’emersione ‘quantitativa’ degli indizi (cioè sulla loro presenza materiale nel fascicolo), non sull’attività ‘qualitativa’ di analisi, interpretazione ed elaborazione che il Pubblico Ministero deve svolgere. Far dipendere i termini da tale attività renderebbe la durata della detenzione incerta e potenzialmente eccessiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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