Destinazione Uso Personale: Quando Quantità e Indizi Escludono la Non Punibilità
La distinzione tra detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale e quella finalizzata allo spaccio è una delle questioni più delicate e ricorrenti nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con chiarezza i criteri per orientare questa valutazione, confermando come la tesi della destinazione uso personale possa essere smentita da un quadro indiziario solido e convergente. Il caso analizzato offre spunti pratici per comprendere quando il possesso di droga travalica i confini del consumo individuale per configurare un reato.
I Fatti del Processo
Il ricorrente era stato condannato in sede di merito alla pena di un anno di reclusione e 4.000 euro di multa per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti. Durante una perquisizione, erano stati rinvenuti 533 grammi di marijuana, occultati all’interno di un forno situato nel giardino di sua proprietà, un’area interamente recintata. Oltre all’ingente quantitativo, in cucina era stata trovata una bilancina di precisione che presentava tracce della medesima sostanza. Contro la sentenza di condanna, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che la droga non fosse a lui riconducibile e, in subordine, che fosse destinata esclusivamente al proprio consumo.
I Motivi del Ricorso e la tesi della destinazione uso personale
La difesa si articolava su due punti principali. In primo luogo, si contestava la motivazione con cui i giudici avevano attribuito la proprietà della droga all’imputato. In secondo luogo, e in via subordinata, si criticava la decisione di non riconoscere la causa di non punibilità legata alla destinazione uso personale della sostanza. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente considerato gli elementi a favore di un consumo individuale, focalizzandosi unicamente sugli aspetti accusatori.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure proposte dalla difesa come semplici “doglianze in punto di fatto”. I giudici di legittimità hanno ricordato che il loro compito non è rivalutare le prove, ma verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Nel caso di specie, la decisione dei giudici di merito è stata considerata impeccabile.
La Corte ha sottolineato come la tesi della destinazione uso personale fosse stata correttamente esclusa sulla base di una serie di elementi oggettivi e concordanti:
1. L’elevato dato quantitativo: 533 grammi di marijuana sono una quantità di gran lunga superiore alle necessità di un consumatore medio.
2. Il numero di dosi ricavabili: Dal quantitativo sequestrato, con un principio attivo compreso tra il 12% e il 13%, si sarebbero potute ricavare oltre 2.500 dosi medie singole.
3. Le modalità di detenzione e occultamento: La sostanza era stata nascosta in un forno in giardino, una modalità che suggerisce la volontà di celare la droga a eventuali controlli, tipica dello spaccio.
4. La presenza del bilancino di precisione: Il ritrovamento di uno strumento per la pesatura, per di più con tracce della stessa sostanza, è un classico indice dell’attività di preparazione delle dosi per la vendita.
5. L’assenza di prove dello status di consumatore: L’imputato non aveva fornito alcun elemento che potesse indicare il suo essere un assuntore abituale di tale droga.
Questi elementi, valutati nel loro complesso, hanno creato un quadro probatorio che, secondo la Cassazione, rendeva la destinazione allo spaccio l’unica conclusione logicamente sostenibile, smentendo di fatto la tesi della destinazione uso personale.
Le Conclusioni
L’ordinanza riafferma un principio consolidato: la valutazione sulla destinazione della droga non può basarsi su un singolo elemento, ma deve derivare da un’analisi complessiva del contesto. Sebbene la quantità sia un fattore di grande importanza, la sua forza probatoria aumenta esponenzialmente quando è accompagnata da altri indizi, come strumenti per il confezionamento (bilancini, cellophane) e modalità di occultamento sospette. La decisione sottolinea che, di fronte a un quadro indiziario così robusto, spetta all’imputato fornire elementi concreti per sostenere la tesi dell’uso personale, la cui mera affermazione non è sufficiente a superare la logica dei fatti accertati.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche mosse dall’imputato non riguardavano violazioni di legge, ma tentavano di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove. Questo tipo di riesame non è consentito in sede di legittimità, dove la Corte si limita a controllare la corretta applicazione delle norme giuridiche.
Quali elementi hanno portato i giudici a escludere la destinazione della droga all’uso personale?
I giudici hanno escluso l’uso personale basandosi su un insieme di fattori convergenti: l’elevata quantità della sostanza (533 grammi), l’alto principio attivo (sufficiente per oltre 2.500 dosi), le specifiche modalità di occultamento, la disponibilità di un bilancino di precisione con tracce di droga e la totale assenza di prove che l’imputato fosse un consumatore.
La sola quantità di droga è sufficiente per determinare che non sia per uso personale?
Sebbene la sentenza valorizzi molto l’elevato dato quantitativo, lo considera all’interno di un quadro complessivo. È la combinazione coerente di tutti gli indizi (quantità, bilancino, occultamento, assenza dello status di consumatore) a rendere inattendibile la tesi della destinazione uso personale e a fondare la condanna.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8981 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8981 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il 11/09/1997
avverso la sentenza del 06/05/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che COGNOME NOMECOGNOME condannato per il reato di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309 de 1990 all’esito di giudizio abbreviato alla pena di un anno di reclusione e di 4.000,00 euro di m articolando due motivi di ricorso, deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo ritenuta riferibilità della detenzione della droga all’imputato (primo motivo), nonché v motivazione relativamente alla esclusione della causa di non punibilità della destinazione della dr ad uso personale (secondo motivo);
Considerato che il primo motivo espone censure non consentite dalla legge in sede di legittimi poiché le stesse sono costituite da mere doglianze in punto di fatto riproduttive di deduzioni adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito non scand da specifica critica con il ricorso, ed inoltre sono volte a prefigurare una rivalutazione e/o alt rilettura delle fonti probatorie, ed avulse da pertinente individuazione di specifici travisam emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito, posto che la sentenza impugnata ha spiegato in modo puntuale perché la marijuana sequestrata deve ritenersi nella disponibilità dell’imputa evidenziando lo stivaggio della stessa all’interno di un forno ubicato nel giardino di prop dell’attuale ricorrente, interamente recintato, e la qualità della sostanza, compatibile con le tr droga rinvenute sulla bilancina di precisione presente nella cucina in casa dello stesso;
Osservato che anche il secondo motivo espone censure non consentite dalla legge in sede di legittimità poiché le stesse sono costituite da mere doglianze in punto di fatto riproduttive di ded già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito scanditi da specifica critica con il ricorso, ed inoltre sono volte a prefigurare una rivalutaz alternativa rilettura delle fonti probatorie, ed avulse da pertinente individuazione di s travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito, posto che la senten impugnata ha spiegato in modo puntuale perché la marijuana detenuta non può ritenersi destinata ad uso personale, valorizzando l’elevato dato quantitativo (pari a 533 grammi, con principio at compreso tra il 13,87 ( 3 /0 e il 12,33 °A), e da cui erano ricavabili 2.516,8 dosi medie singole), le modal di detenzione e occultamento, la disponibilità di una bilancina di precisione recante anch’esso tra di marijuana, la rapida deperibilità della sostanza, e la mancata indicazione di elementi indi dell’essere l’imputato assuntore di tale droga;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, sussistendo profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2025.