Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19010 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19010 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2025
Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 42276/2024
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Brindisi il 10/11/1997,
avverso la sentenza del 29/04/2024 della Corte d’appello di Lecce
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Lecce confermava la sentenza del Tribunale di Brindisi del 14/03/2019, che aveva condannato NOME COGNOME in ordine al delitto di cui all’articolo 73, commi 1 e 5, d.P.R. 309/1990, alla pena di mesi 9 di reclusione ed euro 1.500,00 di multa, quale aumento in continuazione della pena irrogata con sentenza n. 465/2017, irr. 10/12/2017.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando, con un primo motivo, violazione di legge in relazione agli articoli 73 e 75 d.P.R. 309/90 (in relazione alla destinazione al consumo personale anzichØ allo spaccio); con un secondo motivo, violazione dell’articolo 62bis cod. pen., in relazione all’omesso riconoscimento delle attenuanti generiche; con un terzo motivo, violazione degli articoli 81 e 133 cod. pen., in relazione alla commisurazione dell’aumento per continuazione, ritenuto frutto di un errore materiale del primo giudice.
Il ricorso Ł inammissibile.
3.1. Quanto al primo motivo la Corte territoriale motiva la destinazione allo spaccio dal rinvenimento, assieme alla modesta quantità di stupefacente, di materiale per il taglio e il confezionamento e della somma contante di 1.395 euro in banconote di piccolo taglio.
Trattasi di valutazione non manifestamente illogica, non censurabile in questa sede di legittimità, in cui Ł preclusa la rilettura del compendio probatorio al di fuori degli angusti limiti (soprattutto in caso di ‘doppia conforme’) del vizio di motivazione che, come detto, non sussiste.
3.2. Manifestamente infondata Ł la seconda doglianza: la Corte territoriale esclude il riconoscimento delle circostanze atipiche in ragione dell’assenza di elementi positivi di valutazione e della presenza, nonostante la giovane età, di un precedente specifico, motivazione che fa buon
governo dei principi espressi da questa Corte, secondo cui «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice – come nel caso in esame, in cui in senso analogo si era pronunciato il giudice di primo grado – con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62bis , disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non Ø piø sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, Sentenza n, 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01)».
3.3. Inammissibile Ł anche il terzo motivo, in cui si contesta la dosimetria della pena, avendo la Corte di appello ritenuto inammissibile l’analoga doglianza per difetto di specificità, a fronte di una motivazione congrua ancorchØ affetta da un errore di computo, debitamente corretto.
La sentenza fa buon governo dell’orientamento di legittimità secondo cui, poichØ la graduazione del trattamento sanzionatorio, in generale, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., nel giudizio di cassazione Ł inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, COGNOME, Rv. 255825; da ultimo v. Sez. 2, n. 1929 del 16/12/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass.).
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 09/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME