Destinazione Stupefacenti: Quando il Possesso Diventa Spaccio secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito i criteri per distinguere tra uso personale e spaccio, fornendo chiarimenti sulla corretta valutazione della destinazione stupefacenti. Il caso analizzato riguarda un individuo condannato per detenzione ai fini di spaccio, il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa decisione sottolinea l’importanza degli indizi raccolti e i limiti del giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso
L’imputato è stato trovato in possesso, presso la sua abitazione, di un quantitativo significativo di marijuana. La sostanza era suddivisa in numerosi involucri: tre pacchetti contenenti complessivamente 3 grammi, altri 25 involucri con un totale di 25 grammi, più un ulteriore quantitativo di 14 grammi in una credenza e 10 grammi in un barattolo.
Oltre alla droga, sono stati rinvenuti strumenti tipicamente associati all’attività di spaccio: un tritaerba, un bilancino di precisione e un rotolo di carta stagnola, materiale utilizzato per il confezionamento delle dosi. Sulla base di questi elementi, la Corte d’Appello aveva confermato la condanna per detenzione ai fini di spaccio.
Le censure e la decisione sulla destinazione stupefacenti
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali. In primo luogo, ha contestato l’affermazione di responsabilità, sostenendo che la sostanza fosse per uso personale e non destinata alla vendita. In secondo luogo, ha criticato il diniego delle circostanze attenuanti generiche, ritenendolo immotivato.
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito che il primo motivo non rappresentava una violazione di legge, ma un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti. Questo tipo di riesame è precluso in sede di legittimità, dove la Corte può solo verificare la corretta applicazione delle norme e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non entrare nel merito delle prove.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte di Cassazione è chiara e si articola su due punti fondamentali. Per quanto riguarda la destinazione stupefacenti allo spaccio, la Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello del tutto congrua e logica. La presenza congiunta di diversi elementi – il quantitativo non trascurabile, la suddivisione in numerose dosi, il possesso di un bilancino di precisione e di materiale per il confezionamento – costituisce un quadro indiziario grave, preciso e concordante che conduce inequivocabilmente alla conclusione dell’intento di spaccio. La Corte ha anche specificato che l’argomentazione difensiva sulla scarsa qualità della sostanza non incide sulla destinazione, poiché esiste un mercato anche per prodotti di qualità inferiore.
Sul secondo punto, relativo al diniego delle attenuanti generiche, la decisione è stata ugualmente netta. La Corte d’Appello aveva correttamente giustificato la sua scelta facendo riferimento ai numerosi precedenti penali dell’imputato per reati della stessa specie, commessi in un arco temporale che andava dal 1995 al 2018. Tali precedenti, secondo i giudici, attestano una persistente inclinazione al traffico illecito di stupefacenti, rendendo inappropriata la concessione di un beneficio.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la prova della destinazione allo spaccio di sostanze stupefacenti può essere desunta da una serie di indizi oggettivi. Non è necessaria la prova diretta della cessione a terzi, ma è sufficiente un quadro complessivo coerente, come quello delineato dalla presenza di bilancini, materiale per il confezionamento e dalla suddivisione in dosi. Inoltre, la decisione ribadisce che il giudizio della Corte di Cassazione non è una terza istanza di merito e che i precedenti penali specifici sono un elemento valido per negare le circostanze attenuanti generiche. Il ricorrente è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Quali elementi oggettivi possono dimostrare la destinazione allo spaccio di sostanze stupefacenti?
Secondo la Corte, la destinazione allo spaccio può essere inequivocabilmente desunta dalla presenza simultanea di più elementi, come il quantitativo della sostanza, la sua suddivisione in molteplici dosi pronte per la vendita e il possesso di strumenti specifici come un bilancino di precisione e materiale per il confezionamento.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti del processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha il compito di giudicare la legittimità della decisione, ovvero di verificare se la legge è stata applicata correttamente e se la motivazione della sentenza è logica e non contraddittoria. Non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove, che è di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
I precedenti penali di un imputato possono influenzare la concessione delle attenuanti generiche?
Sì. I precedenti penali, specialmente se riguardano reati della stessa natura di quello per cui si procede, possono essere un motivo valido per cui il giudice nega la concessione delle circostanze attenuanti generiche. Nel caso di specie, la lunga storia di reati legati al traffico di stupefacenti è stata considerata una ragione sufficiente per escludere tale beneficio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4360 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4360 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a VIZZINI il 21/10/1974
avverso la sentenza del 29/11/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
COGNOME NOME ricorre avverso sentenza dì condanna per il reato di cui all’art. 73, comma 5 d.P.R.309/1990, deducendo, con il primo motivo di ricorso, violazione di legge in ordine al affermazione della responsabilità, contestando la destinazione allo spaccio della sosta stupefacente, e con il secondo motivo, violazione di legge e vizio della motivazione in ordin diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche.
La prima doglianza esula dal novero delle censure deducibili in sede dì legittimi collocandosi sul piano del merito e riproponendo le medesime censure avanzate alla Corte territoriale, sostanzialmente in punto di fatto, con cui sì tende ad ottenere in questa s nuova lettura delle stesse emergenze istruttorie già esaminate dai Giudici di mer sollecitandone una valutazione in fatto diversa e più favorevole, non consentita alla Cort legittimità. La Corte di appello ha redatto una motivazione del tutto congrua, fondata oggettive risultanze dibattimentali e non manifestamente illogica, evidenziando che il ricorr venivaby..efra6tritrovato in possesso, presso la sua abitazione ) di tre involucri di carta stagnola contenenti tre grammi di marijuana e 25 involucri contenenti ulteriori 25 grammi della medesima sostanza stupefacente; inoltre è stata rinvenuta all’interno di una credenza ulteriore quanti di sostanza stupefacente, pari a grammi 14 e in un barattolo ulteriori 10 grammi. L’imputato inoltre in possesso di un tritaerba, di un bilancino di precisione e di un rotolo di carta s elementi da cui il giudice ha inferito in modo inequivocabile che la sostanza stupeface occultata in diversi punti della casa non fosse destinata all’uso personale. In ordine alla dog sollevata dal difensore in merito alla scarsa qualità dello stupefacente, il giudice a evidenziato come tale profilo non incide sulla destinazione allo spaccio dello stupefacente, ben può essere destinato ad una fetta di mercato ugualmente interessata; motivazione congru e logica e, come tale, quindi, non censurabile.
Analogamente, manifestamente infondata è la doglianza relativa ai diniego delle circostanze avendo il giudice ric t ilarato i precedenti penali di cui è gravato ricorrente per fatti della st specie che attestangattività di traffico illecito di stupefacenti è svolta dal 1995 fino al
Rilevato che 11 ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
P.Q.M.
Dichiara Inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Il Consigliere estensore COGNOME Il Presidente
Così deciso in Roma, il 22/11/2024