LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Destinazione stupefacenti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio. La decisione si basa sulla valutazione complessiva degli indizi, quali il frazionamento della sostanza, il possesso di un bilancino di precisione e precedenti penali specifici, che insieme configurano la destinazione stupefacenti alla vendita, escludendo l’uso personale. Il ricorso è stato respinto perché mirava a una rivalutazione dei fatti, compito non consentito in sede di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Destinazione Stupefacenti: Quando il Possesso Diventa Spaccio secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito i criteri per distinguere tra uso personale e spaccio, fornendo chiarimenti sulla corretta valutazione della destinazione stupefacenti. Il caso analizzato riguarda un individuo condannato per detenzione ai fini di spaccio, il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa decisione sottolinea l’importanza degli indizi raccolti e i limiti del giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso

L’imputato è stato trovato in possesso, presso la sua abitazione, di un quantitativo significativo di marijuana. La sostanza era suddivisa in numerosi involucri: tre pacchetti contenenti complessivamente 3 grammi, altri 25 involucri con un totale di 25 grammi, più un ulteriore quantitativo di 14 grammi in una credenza e 10 grammi in un barattolo.

Oltre alla droga, sono stati rinvenuti strumenti tipicamente associati all’attività di spaccio: un tritaerba, un bilancino di precisione e un rotolo di carta stagnola, materiale utilizzato per il confezionamento delle dosi. Sulla base di questi elementi, la Corte d’Appello aveva confermato la condanna per detenzione ai fini di spaccio.

Le censure e la decisione sulla destinazione stupefacenti

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali. In primo luogo, ha contestato l’affermazione di responsabilità, sostenendo che la sostanza fosse per uso personale e non destinata alla vendita. In secondo luogo, ha criticato il diniego delle circostanze attenuanti generiche, ritenendolo immotivato.

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito che il primo motivo non rappresentava una violazione di legge, ma un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti. Questo tipo di riesame è precluso in sede di legittimità, dove la Corte può solo verificare la corretta applicazione delle norme e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non entrare nel merito delle prove.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione è chiara e si articola su due punti fondamentali. Per quanto riguarda la destinazione stupefacenti allo spaccio, la Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello del tutto congrua e logica. La presenza congiunta di diversi elementi – il quantitativo non trascurabile, la suddivisione in numerose dosi, il possesso di un bilancino di precisione e di materiale per il confezionamento – costituisce un quadro indiziario grave, preciso e concordante che conduce inequivocabilmente alla conclusione dell’intento di spaccio. La Corte ha anche specificato che l’argomentazione difensiva sulla scarsa qualità della sostanza non incide sulla destinazione, poiché esiste un mercato anche per prodotti di qualità inferiore.

Sul secondo punto, relativo al diniego delle attenuanti generiche, la decisione è stata ugualmente netta. La Corte d’Appello aveva correttamente giustificato la sua scelta facendo riferimento ai numerosi precedenti penali dell’imputato per reati della stessa specie, commessi in un arco temporale che andava dal 1995 al 2018. Tali precedenti, secondo i giudici, attestano una persistente inclinazione al traffico illecito di stupefacenti, rendendo inappropriata la concessione di un beneficio.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la prova della destinazione allo spaccio di sostanze stupefacenti può essere desunta da una serie di indizi oggettivi. Non è necessaria la prova diretta della cessione a terzi, ma è sufficiente un quadro complessivo coerente, come quello delineato dalla presenza di bilancini, materiale per il confezionamento e dalla suddivisione in dosi. Inoltre, la decisione ribadisce che il giudizio della Corte di Cassazione non è una terza istanza di merito e che i precedenti penali specifici sono un elemento valido per negare le circostanze attenuanti generiche. Il ricorrente è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quali elementi oggettivi possono dimostrare la destinazione allo spaccio di sostanze stupefacenti?
Secondo la Corte, la destinazione allo spaccio può essere inequivocabilmente desunta dalla presenza simultanea di più elementi, come il quantitativo della sostanza, la sua suddivisione in molteplici dosi pronte per la vendita e il possesso di strumenti specifici come un bilancino di precisione e materiale per il confezionamento.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti del processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha il compito di giudicare la legittimità della decisione, ovvero di verificare se la legge è stata applicata correttamente e se la motivazione della sentenza è logica e non contraddittoria. Non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove, che è di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

I precedenti penali di un imputato possono influenzare la concessione delle attenuanti generiche?
Sì. I precedenti penali, specialmente se riguardano reati della stessa natura di quello per cui si procede, possono essere un motivo valido per cui il giudice nega la concessione delle circostanze attenuanti generiche. Nel caso di specie, la lunga storia di reati legati al traffico di stupefacenti è stata considerata una ragione sufficiente per escludere tale beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati