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Destinazione stupefacenti: indizi per lo spaccio

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per detenzione di droga. La Corte chiarisce che per distinguere tra uso personale e spaccio, e quindi definire la corretta destinazione stupefacenti, è necessaria una valutazione complessiva di tutti gli indizi. Nel caso specifico, il numero di dosi ricavabili (440), la presenza di un bilancino di precisione e le modalità di confezionamento sono stati ritenuti elementi decisivi per confermare l’accusa di spaccio, al di là della mera quantità.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Destinazione Stupefacenti: Quando il Possesso Diventa Spaccio

Determinare la destinazione stupefacenti è uno dei nodi cruciali nei processi per detenzione di sostanze illecite. La linea di confine tra uso personale e spaccio non è sempre netta e la giurisprudenza interviene costantemente per definirne i contorni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: per accertare lo spaccio non basta la quantità, ma serve una valutazione complessiva di tutti gli indizi a disposizione. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado alla pena di 8 mesi di reclusione e 1.000 euro di multa per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. La difesa dell’imputato decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo una violazione di legge e una motivazione contraddittoria da parte dei giudici di merito. In particolare, si lamentava la mancanza di elementi certi che provassero l’intenzione di cedere la droga a terzi, sostenendo l’ipotesi dell’uso personale.

La Decisione della Cassazione sulla Destinazione Stupefacenti

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato e meramente assertivo. Secondo gli Ermellini, il ricorrente non si è confrontato con la logica e congrua motivazione della sentenza d’appello, ma ha semplicemente richiesto una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.

La Valutazione Globale degli Indizi

I giudici di merito avevano correttamente basato la loro decisione su una serie di elementi probatori che, letti insieme, deponevano inequivocabilmente per l’ipotesi dello spaccio. Questi elementi includevano:

* Il dato quantitativo: la sostanza rinvenuta era tale da poter ricavare ben 440 dosi.
* Le modalità di conservazione: la droga era già suddivisa in dosi pronte per la distribuzione e conservata in modi differenziati.
* Il rinvenimento di strumenti: era stato trovato un bilancino di precisione, strumento tipicamente utilizzato per la pesatura e il confezionamento delle dosi.
* L’assenza di prova contraria: l’imputato non aveva fornito una prova certa della sua asserita scarsa capacità patrimoniale, che avrebbe potuto rendere meno plausibile la detenzione di una tale quantità per solo uso personale.

Il Principio di Diritto sulla Destinazione della Droga

La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato nella sua giurisprudenza. Il solo superamento dei limiti tabellari di quantità, indicati dalla legge, non crea una presunzione assoluta di spaccio. Tuttavia, il dato quantitativo assume una rilevanza indiziaria crescente all’aumentare delle dosi ricavabili. Questo dato, unito ad altri parametri normativi e circostanze fattuali (come le modalità di presentazione della sostanza), deve essere valutato globalmente dal giudice per escludere una finalità puramente personale della detenzione.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Cassazione si fonda sulla distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché, invece di denunciare vizi di legge, mirava a una riconsiderazione delle prove già vagliate dai giudici di primo e secondo grado. La Corte ha ritenuto che la sentenza impugnata avesse applicato correttamente i principi giuridici, operando un “buon governo della pluriennale giurisprudenza” in materia. La decisione dei giudici di merito non era né illogica né contraddittoria, avendo valorizzato una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti che, nel loro insieme, conducevano a una conclusione di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio circa la destinazione stupefacenti.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma che la prova della destinazione allo spaccio di sostanze stupefacenti si basa su un’analisi d’insieme del quadro probatorio. Non esiste un singolo elemento decisivo, ma una convergenza di indizi. Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente contestare il solo dato quantitativo, ma è necessario fornire elementi concreti capaci di smontare l’intero impianto accusatorio e avvalorare la tesi dell’uso esclusivamente personale. Per l’accusa, invece, è fondamentale raccogliere e presentare al giudice tutti gli elementi circostanziali che possono delineare la finalità di cessione a terzi.

La sola quantità di droga posseduta è sufficiente a provare lo spaccio?
No. Secondo la Corte, il solo dato ponderale dello stupefacente, anche se superiore ai limiti tabellari di legge, non determina alcuna presunzione automatica di destinazione allo spaccio. Deve essere valutato insieme ad altri elementi.

Quali elementi, oltre alla quantità, vengono considerati per determinare la destinazione stupefacenti allo spaccio?
Nel caso specifico, sono stati considerati decisivi: il numero di dosi ricavabili (440), la suddivisione della sostanza in dosi pronte, le modalità di conservazione differenziata, il rinvenimento di un bilancino di precisione e l’assenza di prova di una scarsa capacità economica dell’imputato.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una condanna al pagamento di tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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