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Destinazione stupefacenti: i criteri della Cassazione

Un’ordinanza della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di droga. La Corte ha ribadito che la destinazione stupefacenti non si valuta solo sulla quantità, ma su un insieme di indizi, come le condizioni economiche dell’imputato e il luogo del ritrovamento, che nel caso di specie escludevano l’uso puramente personale.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Destinazione Stupefacenti: Oltre la Quantità, Contano gli Indizi

La distinzione tra detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale e per spaccio è una delle questioni più delicate e complesse del diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione illumina i criteri che i giudici devono seguire per determinare la destinazione stupefacenti, confermando che la valutazione non può basarsi unicamente sulla quantità di droga rinvenuta. È necessario un esame globale di tutte le circostanze del caso concreto.

I Fatti del Caso: una condanna confermata in Appello

Il caso ha origine dalla condanna di un uomo da parte del Tribunale di Imperia, successivamente confermata dalla Corte di Appello di Genova, alla pena di sei mesi di reclusione e 1200 euro di multa. L’accusa era quella di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, un reato previsto dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico sugli stupefacenti (d.P.R. 309/1990), che disciplina le ipotesi di lieve entità.

L’Appello in Cassazione: Uso Personale o Spaccio?

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sollevando due principali obiezioni:
1. Erronea valutazione della destinazione della droga: secondo la difesa, i giudici di merito avrebbero sbagliato a non riconoscere che la detenzione era finalizzata a un uso esclusivamente personale, condotta che non costituisce reato.
2. Vizio di motivazione: la difesa ha contestato anche la motivazione con cui era stata applicata la recidiva.

Le Motivazioni della Corte: i criteri per la destinazione stupefacenti

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, cogliendo l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia. I giudici hanno chiarito che, per accertare la destinazione stupefacenti, il giudice deve effettuare una valutazione complessiva di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi del fatto.

Il solo dato quantitativo, ovvero il superamento dei limiti tabellari previsti dalla legge, non è di per sé sufficiente a creare una presunzione di spaccio. Deve essere considerato insieme ad altri “parametri normativi”. Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva correttamente dedotto l’intenzione di spacciare da un insieme coerente di indizi:

* Quantitativo non esiguo: la sostanza sequestrata, sebbene non ingente, corrispondeva a circa 15 dosi di eroina, una quantità ritenuta non trascurabile.
* Contesto del ritrovamento: l’imputato si trovava in una zona notoriamente frequentata da spacciatori.
* Condizioni economiche: l’imputato era disoccupato e, secondo la Corte, non avrebbe potuto procurarsi la somma necessaria per acquistare quella quantità di droga per solo uso personale.
* Mancata giustificazione: l’imputato non aveva fornito alcuna spiegazione plausibile, come ad esempio dichiarare di essersi appena rifornito.

Secondo la Cassazione, la motivazione della Corte di Appello è risultata logica e ben argomentata, basata su una lettura coerente delle risultanze processuali e in linea con la giurisprudenza di legittimità.

Le Conclusioni: la valutazione globale del giudice è sovrana

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: la determinazione della finalità della detenzione di stupefacenti è un giudizio di fatto riservato al giudice di merito. Tale valutazione, se basata su una motivazione logica e non contraddittoria, non è sindacabile in sede di legittimità. La decisione dimostra che per la giustizia non conta solo ‘quanto’ si possiede, ma anche ‘come’, ‘dove’ e ‘perché’. Per gli imputati, ciò significa che non basta invocare l’uso personale, ma è necessario che tale tesi sia credibile alla luce di tutte le circostanze emerse nel processo.

La sola quantità di droga sequestrata è sufficiente a provare lo spaccio?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il solo dato ponderale (la quantità) non determina alcuna presunzione di destinazione allo spaccio. Deve essere valutato insieme a tutte le altre circostanze oggettive e soggettive del fatto.

Quali elementi considera un giudice per determinare la destinazione stupefacenti?
Un giudice deve considerare globalmente vari elementi, tra cui: la quantità e il numero di dosi ricavabili, le modalità di presentazione della sostanza, le condizioni economiche dell’imputato, il luogo in cui è stato fermato e qualsiasi altra circostanza dell’azione che possa escludere o confermare una finalità meramente personale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta che il ricorso non viene esaminato nel merito. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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