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Destinazione d’uso: parcheggio su area vincolata

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro il sequestro di un’area vincolata trasformata in parcheggio. Il cambio di destinazione d’uso, anche senza opere evidenti, richiede il permesso di costruire se altera permanentemente il territorio e ricade in una diversa categoria urbanistica.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Destinazione d’uso: quando la trasformazione di un terreno in parcheggio diventa reato

La modifica della destinazione d’uso di un immobile o di un terreno è un’operazione delicata, che può avere rilevanti conseguenze penali se eseguita senza le dovute autorizzazioni, specialmente in aree soggette a vincoli paesaggistici e ambientali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha confermato la linea dura nei confronti di interventi che, pur non comportando la costruzione di nuovi edifici, alterano in modo permanente il territorio. Il caso esaminato riguarda la trasformazione di un’area agricola, sottoposta a vincolo idrogeologico, paesaggistico e ambientale, in un ampio parcheggio, in assenza del necessario permesso di costruire.

I fatti del caso

Il procedimento nasce dal ricorso di un indagato contro un’ordinanza del Tribunale della Libertà di Lecce, che aveva confermato il sequestro preventivo di un’area da lui gestita. Tale area, situata in una zona di pregio naturalistico caratterizzata da macchia mediterranea, arbusti e dune, era stata trasformata di fatto in un parcheggio per auto, ospitando al momento del sequestro quasi cento veicoli.

Secondo l’accusa, questa trasformazione era avvenuta senza il permesso di costruire, integrando i reati previsti dal Testo Unico dell’Edilizia (d.P.R. 380/2001) e dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004). L’indagato, invece, sosteneva che la motivazione del sequestro fosse solo apparente, che si fosse violato il principio del ne bis in idem (essendo stato già assolto per fatti simili nel 2017) e che, in ogni caso, un cambio di destinazione d’uso senza opere non potesse configurare un reato così grave.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in pieno la validità del sequestro. I giudici hanno chiarito diversi principi fondamentali, respingendo tutte le argomentazioni della difesa.

Le motivazioni sulla destinazione d’uso e il permesso di costruire

La Corte ha stabilito che la trasformazione di un terreno agricolo in un’area a parcheggio non è un intervento banale. Anche se non sono stati costruiti edifici, la realizzazione ha richiesto necessariamente lavori di livellamento e sbancamento del terreno, che hanno modificato in modo permanente lo stato dei luoghi. Questo tipo di intervento, specialmente su un’area vincolata, determina un passaggio a una diversa categoria urbanistica e un aumento del cosiddetto carico urbanistico.

I giudici hanno ribadito che qualsiasi mutamento della destinazione d’uso su beni gravati da vincolo paesaggistico necessita di un apposito titolo abilitativo. In queste aree protette, la legge è particolarmente severa: qualsiasi intervento edilizio realizzato senza permesso o in totale difformità è considerato una violazione grave, sanzionata dall’articolo 44, lettera c), del d.P.R. 380/2001. Non c’è spazio per distinzioni tra difformità totale, parziale o variazione essenziale: in zona vincolata, l’abuso è sempre grave.

L’infondatezza del principio ‘ne bis in idem’ in reati permanenti

Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte è stato quello del ne bis in idem. La difesa sosteneva che l’indagato non potesse essere perseguito di nuovo per un fatto per il quale era già stato assolto. La Cassazione ha smontato questa tesi, spiegando che i reati paesaggistici e urbanistici hanno natura permanente. La condotta illecita non si esaurisce in un solo momento, ma perdura finché l’abuso non viene rimosso, sanato, o fino a quando non interviene una sentenza di primo grado o un sequestro.

Di conseguenza, un’eventuale precedente assoluzione avrebbe interrotto la permanenza del reato passato, ma qualsiasi continuazione dell’utilizzo illecito dell’area costituisce una nuova e autonoma condotta criminosa. Pertanto, il principio del ne bis in idem non può essere invocato.

La sussistenza del ‘periculum in mora’

Infine, la Corte ha ritenuto pienamente motivata la sussistenza del periculum in mora, ovvero il pericolo che la libera disponibilità del bene potesse aggravare le conseguenze del reato. La motivazione non era affatto apparente, poiché il tribunale aveva correttamente identificato il pericolo nell’aumento del carico urbanistico e nella modifica della ‘cornice ambientale’ dei beni tutelati, elementi che giustificavano pienamente il mantenimento del sequestro preventivo.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce con forza un principio fondamentale in materia di diritto urbanistico e ambientale: la tutela del paesaggio e del territorio è prioritaria. La modifica della destinazione d’uso di un terreno, specialmente se vincolato, non può essere considerata un’operazione minore. Qualsiasi intervento che alteri in modo non temporaneo la funzione di un’area, facendola passare da una categoria urbanistica (ad esempio, agricola) a un’altra (servizi, come un parcheggio), richiede il permesso di costruire. L’assenza di tale permesso in zone protette configura un reato grave, giustificando l’adozione di misure cautelari come il sequestro per impedire la prosecuzione dell’illecito e la compromissione definitiva dei valori tutelati.

Quando un cambio di destinazione d’uso richiede il permesso di costruire, anche senza la realizzazione di nuove opere edilizie?
Secondo la Corte, il permesso di costruire è sempre necessario quando il cambio di destinazione d’uso, anche senza opere, comporta il passaggio da una categoria urbanistica all’altra (ad esempio, da agricola a commerciale/servizi) e determina una modifica permanente dello stato dei luoghi, specialmente se l’area è soggetta a vincoli paesaggistici.

Perché il principio del ‘ne bis in idem’ (non essere processati due volte per lo stesso fatto) non è stato applicato in questo caso?
Il principio non è stato applicato perché il reato paesaggistico è un ‘reato permanente’, la cui condotta illecita continua nel tempo. Una precedente sentenza di assoluzione interrompe la permanenza del reato fino a quel momento, ma ogni successiva continuazione dell’utilizzo illecito dell’area costituisce un nuovo reato, che può essere nuovamente perseguito.

Cosa rende la trasformazione di un’area agricola in un parcheggio un reato grave in una zona vincolata?
In una zona sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale e idrogeologico, la legge considera qualsiasi intervento edilizio abusivo come una ‘difformità totale’ e una ‘variazione essenziale’. La trasformazione in parcheggio non solo modifica l’assetto del territorio, ma aumenta anche il carico urbanistico, configurando una delle ipotesi più gravi di reato edilizio previste dall’art. 44, lett. c), del d.P.R. 380/2001.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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