Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29062 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29062 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MESSINA il 17/09/2004
avverso la sentenza del 21/03/2025 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza del Tribunale di Messina del 14 maggio 2024 che aveva condannato COGNOME Riccardo alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 800,00 di multa, per il reato di cui all’art. 73, comma 5 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
L’imputato ricorre avverso la sentenza della Corte di appello formulando tre motivi di ricorso. Con il primo lamenta vizio di motivazione in riferimento alla pronuncia di responsabilità a suo carico; con il secondo lamenta violazione di legge riguardo l’omesso riconoscimento dell’ipotesi di uso personale non punibile; con il terzo, violazione di legge e vizio di motivazione per mancata valutazione di prova decisiva.
Il difensore ha depositato memoria con la quale ha dedotto la fondatezza dei motivi di ricorso, insistendo per l’accoglimento.
Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono manifestamente infondati. È opportuno ricordare che in materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito, tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018, Gjoka, Rv. 272463). La Corte di merito, in conformità a quanto richiamato, ha confermato la pronuncia di responsabilità a carico del ricorrente, sulla base delle varie risultanze probatorie emerse nel caso di specie e unanimemente sintomatiche della destinazione allo spaccio dello stupefacente. In particolare, il COGNOME circolava sulla pubblica via a bordo di un motorino quando venne sottoposto a perquisizione personale dagli agenti di polizia che rinvenivano nel suo marsupio 6 dosi di stupefacente oltre alla somma di euro 295 in banconote di piccolo taglio. In relazione a tale circostanza, il ricorrente ha proposto giustificazioni che la Corte territoriale con motivazione non illogica, ha ritenuto inverosimili e inidonee a smentire l’ipotesi della destinazione allo spaccio della droga trasportata. In particolare, i giudici di merito sottolineano, con ragionamento privo di qualsivoglia profilo di manifesta incoerenza, che il ricorrente non aveva chiarito il motivo per cui, pur tenendo a casa un congruo quantitativo di sostanza, asseritamente
destinata ad uso personale, avesse dovuto acquistare altre sei dosi, che si presentavano confezionate in modo analogo a quelle rinvenute presso
l’abitazione. La motivazione è congrua e non illogica anche rispetto all’elemento certamente significativo della rilevante somma ritrovata nel
marsupio del giovane ( 295 euro), non giustificata dalle modeste elargizioni del padre dell’imputato e da qualche regalia ricevuta.
5. Anche il terzo motivo è manifestamente infondato. Secondo la prospettazione del ricorrente, la Corte territoriale sarebbe incorsa nel vizio di omessa
valutazione di prova decisiva, consistente nelle dichiarazioni del padre dell’imputato in ordine alle somme ricevute da quest’ultimo in occasione
dell’onomastico. Come esposto nel paragrafo precedente le dette dichiarazioni sono state invece valutate in modo pertinente e non manifestamente illogico,
dunque incensurabile in questa sede.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma in data 8 luglio 2025.