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Destinazione droga: indizi per lo spaccio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 36828/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per possesso di stupefacenti ai fini di spaccio. La Corte ha ribadito che la destinazione della droga allo spaccio non si presume solo dalla quantità, ma si prova attraverso una valutazione complessiva di più indizi, quali le modalità di confezionamento, l’elevata purezza della sostanza, la situazione economica dell’imputato e i suoi precedenti specifici. Respinta anche la richiesta di applicare la non punibilità per particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Destinazione Droga: Quando il Possesso Diventa Spaccio secondo la Cassazione

La distinzione tra possesso di sostanze stupefacenti per uso personale e per spaccio è una delle questioni più delicate e ricorrenti nel diritto penale. La corretta qualificazione del fatto è cruciale, poiché determina la differenza tra un illecito amministrativo (l’uso personale) e un grave reato. Con l’ordinanza n. 36828 del 2024, la Corte di Cassazione torna a fare chiarezza sui criteri per accertare la destinazione della droga, confermando un orientamento consolidato: la valutazione non può basarsi su un singolo elemento, ma deve essere il risultato di un’analisi complessiva di una pluralità di indizi.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. L’imputato aveva proposto ricorso per cassazione, sostenendo due motivi principali. In primo luogo, lamentava un vizio di motivazione riguardo alla prova della finalità di spaccio, chiedendo la derubricazione del fatto a uso personale (art. 75 d.P.R. 309/90), non penalmente rilevante. In secondo luogo, contestava la mancata applicazione d’ufficio della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale.

La Valutazione sulla Destinazione della Droga e i suoi Indizi

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi del primo motivo di ricorso. La Cassazione lo ha ritenuto manifestamente infondato, elogiando la coerenza logica della sentenza impugnata. I giudici di merito avevano correttamente basato la loro decisione su una serie di elementi oggettivi e soggettivi che, letti insieme, conducevano inequivocabilmente alla conclusione dello spaccio. Questi indizi includevano:

* Le giustificazioni generiche: L’imputato aveva affermato di aver acquistato i 9,4 grammi di cocaina anche per un amico, senza però fornire alcuna indicazione sull’identità di quest’ultimo.
* L’incongruità economica: Il costo della droga (€ 450) e il consumo giornaliero dichiarato (tre grammi) erano palesemente incompatibili con il reddito mensile dell’imputato (circa 800 euro).
* Le modalità di confezionamento: La sostanza era suddivisa in dieci involucri termosaldati, una modalità tipica della vendita al dettaglio.
* L’elevata purezza: Il grado di purezza del 90% indicava una sostanza non ancora “tagliata” per il consumo personale.
* I precedenti specifici: L’imputato aveva un precedente penale recente per un reato analogo, sintomo di una sua dedizione al traffico di stupefacenti.

La Corte ribadisce un principio fondamentale: sebbene la quantità di droga detenuta, anche se superiore ai limiti tabellari, non costituisca da sola una prova decisiva della destinazione della droga allo spaccio, essa acquista un peso indiziario crescente se corroborata da altri elementi come quelli sopra elencati.

Il Rigetto della Particolare Tenuità del Fatto

Anche il secondo motivo, relativo alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., è stato respinto. La Cassazione ha chiarito che i presupposti per tale causa di non punibilità erano già stati implicitamente esclusi dai giudici di merito. La valutazione sulla tenuità dell’offesa, infatti, deve tenere conto dei criteri dell’art. 133 c.p., inclusa la personalità dell’imputato. Nel caso specifico, i giudici avevano già negativamente valutato la personalità del ricorrente, gravato da un recente precedente specifico, rendendo incompatibile il riconoscimento della particolare tenuità del fatto.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le argomentazioni proposte non erano altro che una reiterazione di quelle già presentate e respinte in appello. Il ricorrente, di fatto, non contestava vizi logici nella motivazione della sentenza, ma chiedeva una nuova e diversa valutazione delle prove, un’attività preclusa al giudice di legittimità. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata logica, coerente e priva di aporie, avendo fatto buon governo dei principi giurisprudenziali in materia.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio giuridico: l’accertamento della destinazione della droga è un giudizio complesso che richiede al giudice di merito una valutazione globale di tutti gli indizi disponibili. La quantità, le modalità di confezionamento, la purezza, la situazione economica del detentore e i suoi precedenti penali sono tutti tasselli di un mosaico che, se correttamente composto, può fornire la prova della finalità di spaccio oltre ogni ragionevole dubbio. La decisione sottolinea l’impossibilità per l’imputato di ottenere in Cassazione una semplice rivalutazione dei fatti, confermando la solidità del percorso argomentativo seguito dai giudici di merito.

Quando il possesso di droga è considerato spaccio e non uso personale?
Secondo la sentenza, il possesso è considerato finalizzato allo spaccio quando, oltre alla quantità, sussistono una serie di indizi complessivi. Tra questi rientrano le modalità di confezionamento (es. dosi singole), l’elevata purezza della sostanza, l’incompatibilità tra il costo della droga e il reddito del detentore, le giustificazioni generiche fornite e la presenza di precedenti penali specifici.

La sola quantità di droga è sufficiente a provare lo spaccio?
No. La Corte chiarisce che il solo dato quantitativo, anche se superiore ai limiti massimi previsti dalla legge per l’uso personale, non determina automaticamente una presunzione di spaccio. Tuttavia, esso è un indizio rilevante che, unito ad altri elementi, può fondare legittimamente la condanna per detenzione ai fini di spaccio.

Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La causa di non punibilità non è stata applicata perché i presupposti per il suo riconoscimento, come l’uso personale della sostanza, erano già stati esclusi nel merito. Inoltre, i giudici hanno valutato negativamente la personalità dell’imputato a causa di un recente precedente specifico per lo stesso tipo di reato, un elemento che osta all’applicazione di tale beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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