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Destinazione droga: indizi e valutazione del giudice

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6950/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. La Corte ha confermato la valutazione sulla destinazione droga a terzi basata su indizi come il confezionamento in dosi, l’assenza di un lavoro stabile e la mancata prova dell’uso personale, ribadendo che tale valutazione è di competenza del giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se logicamente motivata.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Destinazione droga: come i giudici distinguono tra uso personale e spaccio

L’ordinanza n. 6950/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione su come viene valutata la destinazione droga nel processo penale. La Suprema Corte ha ribadito che la distinzione tra uso personale e spaccio si basa su una valutazione complessiva di vari elementi, una decisione che spetta al giudice di merito e che può essere contestata in Cassazione solo in casi di palese illogicità della motivazione. Analizziamo il caso per comprendere quali indizi sono stati considerati decisivi.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per diversi reati, tra cui la detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio (art. 73, comma 5, d.p.r. 309/1990). La Corte d’Appello di Firenze, pur riformando parzialmente la pena, confermava la colpevolezza dell’imputato per l’illecito legato agli stupefacenti.
L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel non riconoscere che la droga rinvenuta fosse destinata al proprio uso personale. La difesa lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione, chiedendo di riconsiderare i fatti.

La Valutazione della Corte sulla destinazione droga

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Il punto centrale della pronuncia è il principio, ormai consolidato, secondo cui la valutazione sulla destinazione droga è un giudizio di fatto riservato al giudice di merito.
Questo significa che la Cassazione non può riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella effettuata nei gradi precedenti. Il suo compito è limitato a verificare se la motivazione della sentenza impugnata sia esistente, logica e priva di palesi contraddizioni. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse immune da censure.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha evidenziato come la decisione dei giudici di merito fosse basata su una serie di elementi concreti e coerenti tra loro, che complessivamente escludevano l’ipotesi dell’uso personale:
* Modalità di detenzione: La sostanza stupefacente era già suddivisa in dosi e nascosta nella sella del ciclomotore. Questo metodo di confezionamento e occultamento è tipicamente associato all’attività di spaccio.
* Mancanza di giustificazioni: L’imputato non aveva fornito alcun elemento a sostegno della tesi dell’uso personale.
* Condizione soggettiva: Il fatto che l’imputato fosse privo di un’occupazione lavorativa stabile è stato considerato un ulteriore elemento che contraddiceva la possibilità di un acquisto per solo consumo personale, suggerendo piuttosto la necessità di proventi da attività illecite.
La Suprema Corte ha sottolineato che le argomentazioni della difesa, pur presentate come violazioni di legge, costituivano in realtà delle ‘censure di merito’, ovvero un tentativo di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso. La distinzione tra uso personale e spaccio non si basa su un singolo elemento, ma su un’analisi globale delle circostanze oggettive e soggettive del caso. Elementi come il confezionamento in dosi, le modalità di occultamento e la situazione economica dell’imputato sono indizi potenti che, se valutati in modo logico dal giudice, possono portare a una condanna per spaccio. Per la difesa, è cruciale fornire elementi concreti a supporto della tesi dell’uso personale fin dalle prime fasi del procedimento, poiché un ricorso in Cassazione basato su una semplice rilettura dei fatti è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Come fanno i giudici a determinare se la droga è per uso personale o per spaccio?
I giudici effettuano una valutazione complessiva di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto. Considerano elementi come la quantità di sostanza, le modalità di confezionamento (ad esempio, se è già suddivisa in dosi), il luogo di detenzione (es. nascosta in un veicolo), e la situazione personale dell’imputato (es. la mancanza di un lavoro stabile).

In quali casi la Corte di Cassazione può annullare una condanna per spaccio basata sulla destinazione della droga?
La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione della sentenza dei giudici di merito è mancante, manifestamente illogica o contraddittoria. Non può riesaminare i fatti o le prove, ma solo verificare la correttezza logico-giuridica del ragionamento che ha portato alla decisione.

Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato per legge al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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