Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13739 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13739 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 14/03/1959
avverso la sentenza del 02/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 31 maggio 2022, con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed euro 800,00 di multa, in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.
L’imputato, a mezzo del proprio difensore, ricorre per cassazione proponendo due motivi di impugnazione: violazione di legge, riguardo l’omesso riconoscimento dell’ipotesi di uso personale non punibile; violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis cod. pen. con giudizio di prevalenza rispetto alle contestate aggravanti.
3. Il ricorso è inammissibile. Va premesso che, in base al consolidato principio affermato da questa Corte, in materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito, tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 272463). La sentenza impugnata, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, opera una logica lettura delle risultanze istruttorie facendo buon governo della pluriennale giurisprudenza di questa Corte Suprema in materia di possesso di sostanze stupefacenti ad uso non esclusivamente personale. In tema di sostanze stupefacenti, il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto – e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dall’art. 73-bis, comma primo, lett. a), del d.P.R. n. 309 del 1990 – non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione (cfr. ex multis, Sez. 3, n. 46610 dei 9/10/2014, COGNOME, Rv. 260991), fermo restando che il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’art. 73, comma primo bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990 se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione. In conformità a tali principi la destinazione a terzi delle sostanze stupefacenti è stata dedotta dal rinvenimento di un bilancino di precisione e di una rilevante quantità di sostanza suddivisa in dosi; dalle modalità di confezionamento e occultamento della stessa; dal contenuto dei messaggi rinvenuti sul cellulare Corte di Cassazione – copia non ufficiale
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dell’imputato. La Corte territoriale, pertanto, ha fornito una risposta non manifestamente illogica alle doglianze espresse dal ricorrente, le quali, in realtà, benché prospettate come violazioni di legge e di vizi della motivazione, si sviluppano tutte nell’orbita delle censure di merito.
Il secondo motivo di ricorso non è consentito dalla legge in sede di legittimità poiché attiene al trattamento sanzionatorio benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive. Nella fattispecie in questione, la Corte distrettuale, con motivazione lineare e coerente, ha escluso la possibilità di formulare un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alle residue aggravanti alla luce della negativa personalità dell’imputato, gravato da numerosi precedenti penali anche specifici, tenendo altresì conto del fatto che egli non ha mostrato alcun atteggiamento collaborativo.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 25 marzo 2025.