Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26254 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26254 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 29/04/1997
avverso la sentenza del 19/02/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe lamentando vizio motivazionale in punto di affermazione di responsabilità, mancando, a dire del difensore ricorrente, elementi certi in relazione alla destinazione allo spaccio della droga caduta in sequestro.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto essertivi.
Il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare della destinazione allo spaccio.
Nella sentenza impugnata si evidenzia che l’impugnazione nel merito era stata riproposta senza significativi elementi di novità rispetto alla tesi difensiva già sottoposta al vaglio del primo giudice e da quest’ultimo disattesa all’esito di analitica disamina del materiale probatorio, effettuata con motivazione congrua, coerente con le risultanze processuali, rispondente a criteri di logica e conforme al diritto.
L’unico motivo d’appello – così come viene fatto in questa sede- era costituito dalla semplice riproposizione delle differenti ricostruzioni in ordine al susseguirsi degli eventi operate, rispettivamente, dall’imputato e dagli agenti delle forze dell’ordine.
Si ricorda in motivazione che le indagini preliminari svolte, sulla base dei cui esiti l’imputato ha scelto, accedendo al rito alternativo, di essere giudicato, hanno indefettibilmente dimostrato che le attività di osservazione realizzate dagli agenti sono avvenute ininterrottamente per tutto il corso degli eventi e che gli stessi hanno attestato nel verbale di arresto e nella relazione di servizio redatti che, come correttamente ricordato, fanno piena piova fino a querela di falso (conferente il richiamo all’ord. n. 10870/2015) di avere visto che l’imputato, mentre alla loro vista tentava di darsi alla fuga, si sbarazzava di un marsupio di colore nero.
E’ stata ritenuto, dunque, non avere alcun pregio la fantasiosa ricostruzione dell’imputato, all’evidenza motivata dall’intento di minimizzare la propria responsabilità, secondo cui il marsupio sarebbe stato abbandonato a terra dagli altri spacciatori che stavano scappando. E del pari è stata ritenuta implausibile la tesi di-
fensiva, basata sulle dichiarazioni dell’imputato, secondo cui questi si sarebbe trovato nel bosco in qualità di acquirente delle sostanze stupefacenti e non sarebbe vero che si sarebbe dato alla fuga perché in ciabatte.
E’ evidente, al contrario, secondo la logica motivazione del provvedimento impugnato, che il comportamento di COGNOME, dapprima solo sospetto per il luogo in cui si trovava, poi chiaramente oppositivo all’intervento delle forze dell’ordine, essendosi dato alla fuga, unitamente al ritrovamento del marsupio che egli teneva e di cui si era sbarazzato, contenente la sostanza, il bilancino e il coltello, costituisce piena prova della destinazione a terzi dello stupefacente caduto in sequestro e, pertanto, della sua colpevolezza per il fatto contestato.
La sentenza impugnata, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, opera un buon governo della pluriennale giurisprudenza di questa Corte Suprema in materia di possesso di sostanze stupefacenti ad uso non esclusivamente personale.
Va ricordato che la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto (cfr. Sez. 4, n. 7191/2018, Rv. 272463, conf., Sez. 6, n. 44419/2008, Rv. 241604). E questa Corte di legittimità ha costantemente affermato – e va qui ribadito- che in tema di sostanze stupefacenti, il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto – e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dall’art. 73-bis, comma primo, lett. a), del d.P.R. n. 309 del 1990 non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione (cfr. ex multis, Sez. 3, n. 46610 del 9/10/2014, COGNOME, Rv. 260991).
Tuttavia, il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’art. 73, comma primo bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990 se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione (così Sez. 6, n. 11025 del 6/3/2013, COGNOME ed altro, rv. 255726, fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso avverso la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto l’illiceità penale della detenzione dell’equiva-
N. 14225/2025 GLYPH
R.G.
lente di 27,5 dosi di eroina anche in considerazione della accertata incapacità eco- nomica dell’imputato ai fini della costituzione di “scorte” per uso personale; conf.
Sez. 6, n. 9723 del 17/1/2013, COGNOME, Rv. 254695).
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissi-
bilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della san-
zione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am-
mende.
Così deciso il 08/07/2025