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Destinazione allo spaccio: prova e Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso in materia di stupefacenti, ribadendo i criteri per provare la destinazione allo spaccio. Vengono considerati decisivi elementi oggettivi come il numero di dosi ricavabili, la presenza di un bilancino di precisione e la reazione violenta dell’imputato al controllo. La Corte sottolinea che il ricorso non può limitarsi a chiedere una nuova valutazione dei fatti già esaminati dal giudice di merito.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Destinazione allo Spaccio: gli Indizi Oggettivi che Contano per la Cassazione

Quando la detenzione di sostanze stupefacenti supera i confini dell’uso personale e sconfina nel reato di spaccio? La questione è centrale in molti processi penali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per tornare su questo tema, chiarendo quali elementi oggettivi possono provare la destinazione allo spaccio e quali sono i limiti di un ricorso presentato dinanzi alla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso analizzato riguarda un soggetto che ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato. L’imputato contestava la decisione, sostenendo che la sostanza stupefacente trovata in suo possesso fosse per uso personale e non per la vendita. Chiedeva, inoltre, il riconoscimento delle attenuanti generiche, negatogli nei precedenti gradi di giudizio.

La Decisione della Corte e la Prova della Destinazione allo Spaccio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito. Secondo la Suprema Corte, i motivi presentati dall’imputato non introducevano nuove questioni di diritto, ma si limitavano a sollecitare una rivalutazione delle prove, un’attività preclusa in sede di legittimità. Il compito della Cassazione, infatti, non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la corretta applicazione della legge.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente motivato la loro decisione, basandosi su elementi oggettivi e univoci che indicavano chiaramente la destinazione allo spaccio della droga. In particolare, sono stati considerati decisivi:

* Il quantitativo della sostanza: era tale da poterne ricavare un numero significativo di dosi.
* Il possesso di strumenti specifici: l’imputato aveva con sé un bilancino di precisione, strumento tipicamente utilizzato per la preparazione e la vendita delle dosi.
* Il comportamento dell’imputato: al momento del controllo, l’individuo ha avuto una reazione violenta, con minacce e aggressione fisica, interpretata come un tentativo di sottrarsi alle proprie responsabilità.

Questi elementi, valutati nel loro complesso, hanno superato la tesi dell’uso personale. La Corte ha richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. Pen., n. 36755/2004), secondo cui la finalità di spaccio può essere dimostrata attraverso “elementi oggettivi univoci e significativi”.

Inoltre, la Corte ha respinto la doglianza sulla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), sia perché la questione non era stata sollevata in appello, sia perché la condotta, connotata da una notevole offensività (soprattutto la resistenza violenta), non poteva essere considerata di lieve entità. Allo stesso modo, è stata confermata la negazione delle attenuanti generiche, data l’assenza di elementi positivi da valorizzare.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per distinguere tra uso personale e destinazione allo spaccio, non basta la parola dell’imputato, ma contano i fatti e gli elementi oggettivi. La presenza di un quantitativo rilevante, di strumenti per il confezionamento e un comportamento ostile durante un controllo sono indizi gravi, precisi e concordanti che possono fondare una condanna per spaccio. Infine, il provvedimento ricorda che il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere le prove, ma un rigoroso controllo sulla corretta applicazione delle norme giuridiche.

Quali elementi oggettivi possono dimostrare la destinazione allo spaccio di sostanze stupefacenti?
Secondo la Corte, elementi come il numero di dosi ricavabili dal quantitativo di sostanza, il possesso di strumenti come un bilancino di precisione e la modalità di detenzione della droga sono indizi oggettivi, univoci e significativi che possono provare la destinazione allo spaccio.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti non sollevavano questioni sulla corretta applicazione della legge, ma si limitavano a chiedere una nuova valutazione delle prove già esaminate e correttamente motivate dai giudici di merito, attività che non rientra nei poteri della Corte di Cassazione.

È possibile chiedere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) per la prima volta in Cassazione?
No, la Corte ha specificato che la censura sulla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. non era stata sollevata nel precedente grado di appello. In ogni caso, ha ritenuto che i fatti, caratterizzati da rilevante offensività (in particolare la condotta di resistenza con minacce e aggressione fisica), non avrebbero comunque permesso l’applicazione di tale norma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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