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Destinazione allo spaccio: gli indizi secondo la Corte

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. La Corte ribadisce che la destinazione allo spaccio può essere provata attraverso una serie di elementi oggettivi e univoci, come il frazionamento in dosi, il possesso di denaro di vario taglio e di strumenti per il confezionamento, rendendo il ricorso una mera richiesta di rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione di droga: quando è uso personale e quando scatta la destinazione allo spaccio?

La distinzione tra uso personale e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti è una delle questioni più delicate e complesse del diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui criteri oggettivi che i giudici utilizzano per determinare la reale destinazione allo spaccio della droga rinvenuta. Comprendere questi elementi è fondamentale per capire come viene valutata la posizione di un imputato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un uomo contro la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per detenzione di stupefacenti. La difesa sosteneva che la sostanza fosse destinata esclusivamente all’uso personale, invocando l’applicazione dell’articolo 75 del Testo Unico sugli stupefacenti (d.P.R. 309/90), che prevede sanzioni amministrative e non penali. Tuttavia, sia in primo grado che in appello, i giudici avevano respinto questa tesi, ritenendo che le prove raccolte dimostrassero inequivocabilmente l’intento di cedere la droga a terzi.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si concentra sulla correttezza procedurale e legale del ricorso stesso. I giudici supremi hanno stabilito che i motivi presentati dalla difesa non erano altro che una richiesta di ‘rivalutazione delle fonti probatorie’, ovvero un tentativo di far riesaminare i fatti e le prove già attentamente vagliati dalla Corte d’Appello. Tale attività è preclusa in sede di legittimità, dove la Cassazione ha il solo compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Le Motivazioni: Gli Indizi Oggettivi della destinazione allo spaccio

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi degli elementi che, secondo la Corte, dimostrano in modo inequivocabile la destinazione allo spaccio. Questi indizi, considerati nel loro complesso, hanno creato un quadro probatorio solido che andava ben oltre la semplice detenzione per uso personale. Gli elementi chiave evidenziati sono stati:

* Frazionamento della sostanza: Parte della droga era già stata suddivisa in singole dosi, pronte per la vendita.
* Tipologia eterogenea: Il possesso di diversi tipi di sostanze stupefacenti è stato interpretato come un modo per soddisfare una clientela più ampia.
* Modalità di detenzione: La droga già confezionata in tre involucri era stata trovata fuori dall’abitazione dell’imputato, suggerendo un’attività di spaccio imminente.
* Denaro contante: Il ritrovamento di una notevole somma di denaro in banconote di piccolo e medio taglio è un classico indicatore di proventi da attività di spaccio.
* Strumenti per il confezionamento: La presenza in casa di strumenti idonei a pesare e confezionare le dosi (come bilancini di precisione e materiale da imballaggio) ha ulteriormente rafforzato l’ipotesi accusatoria.

La Corte ha richiamato un suo precedente orientamento (sentenza n. 36755/2004), secondo cui l’intento di spaccio può essere dimostrato attraverso ‘elementi oggettivi univoci e significativi’.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza conferma un principio consolidato: per distinguere tra uso personale e spaccio, i giudici non si basano solo sulla quantità di droga detenuta, ma su un insieme di circostanze fattuali che, lette congiuntamente, rivelano la vera finalità della detenzione. La decisione sottolinea inoltre i limiti del ricorso in Cassazione: non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un controllo sulla legalità delle decisioni precedenti. Chi intende ricorrere in Cassazione deve quindi sollevare vizi di legge o di motivazione, non semplicemente contestare la valutazione delle prove fatta dai giudici di merito. La condanna finale del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende è la conseguenza diretta della declaratoria di inammissibilità del ricorso, quando non vi sono elementi per escludere la colpa del ricorrente nella sua proposizione.

Quali elementi trasformano la detenzione di droga in un reato di spaccio secondo la Corte?
Secondo la Corte, non è solo la quantità, ma un insieme di indizi oggettivi a provare la destinazione allo spaccio. Tra questi, i più rilevanti sono: la divisione della sostanza in dosi, il possesso di diversi tipi di droga, il ritrovamento di ingenti somme di denaro in contanti di vario taglio e la detenzione di strumenti per il confezionamento come bilancini di precisione.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni della difesa erano volte a ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione. Il suo ruolo è limitato al ‘sindacato di legittimità’, cioè al controllo sulla corretta applicazione delle norme di legge e sulla logicità della motivazione, non a un terzo grado di giudizio sul merito.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la conferma definitiva della sentenza impugnata. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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