Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19223 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19223 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PALERMO il 20/07/1988
avverso la sentenza del 21/11/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
1.NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe, con la quale la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale locale del 15 settembre 2022, lo ha condannato alla pena di anni uno di reclusione ed euro 1.400,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 75, comma 5 d. P.R., n. n. 309/1990.
Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della responsabilità per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R., n. 309/1990, per la mancanza di elementi certi in ordine alla destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente rinvenuta, nonché violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità. Gli stessi, in particolare, lungi confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, si limitano a reiterare profili di censura già adeguatamente e correttamente vagliati e disattesi dalla Corte di appello.
2.1. Quanto al primo motivo va, invero, ricordato che la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto (cfr. Sez. 4, n. 7191/2018, Rv. 272463, conf., Sez. 6, n. 44419/2008, Rv. 241604). E questa Corte di legittimità ha costantemente affermato – e va qui ribadito- che in tema di sostanze stupefacenti, il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto – e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dall’art. 73-bis, comma primo, lett. a), del d.P.R. n. 309 del 1990 – non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione (cfr. ex multis, Sez. 3, n. 46610 del 9/10/2014, COGNOME, Rv. 260991).
Tuttavia, il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’art. 73, comma primo bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990 se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spac-
cio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione (così Sez. 6, n. 11025 del 6/3/2013, COGNOME ed altro, Rv. 255726, fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso avverso la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto l’illiceità penale della detenzione dell’equivalente di 27,5 dosi di eroina anche in considerazione della accertata incapacità economica dell’imputato ai fini della costituzione di “scorte” per uso personale; conf. Sez. 6, n. 9723 del 17/1/2013, COGNOME, Rv. 254695).
Ebbene, la sentenza impugnata, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, opera un buon governo della pluriennale giurisprudenza di questa Corte Suprema in materia di possesso di sostanze stupefacenti ad uso non esclusivamente personale. I giudici di merito hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine all’affermazione di responsabilità del prevenuto, ed in particolare alla destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente, evidenziando che, oltre al dato quantitativo della sostanza rinvenuta, deponevano in senso contrario all’ipotesi della detenzione per uso personale la ripartizione in dosi pronte per la distribuzione, le modalità di detenzione in luogo pubblico, nonché la circostanza che l’imputato era stato osservato direttamente dai verbalizzanti nell’atto di cedere sostanza stupefacenti al Sancarlo dietro corrispettivo di una somma di denaro, oltre alla insostenibilità logica di tale ipotesi, dettata dalle precarie condizioni eco nomiche dell’imputato, il quale aveva egli stesso sostenuto di non svolgere alcuna attività lavorativa.
2.2. Il secondo motivo di ricorso attiene al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive. Una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice nella determinazione della pena si richiede, infatti, solo nel caso in cui la sanzione sia quantificata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di merito, la scelta implicitamente basata sui criteri di cui all’art. 133 cod. pen. di ir gare – come disposto nel caso di specie – una pena in misura media o prossima al minimo edittale (così, tra le altre: Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243-01; Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, COGNOME, Rv. 258356- 01; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464-01; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197-01).
La Corte territoriale, peraltro, dà conto di avere valutato, ai fini della dosimetria della pena, alla luce dei criteri direttivi di cui ali’art. 133 cod. pen., da lato la qualità della sostanza sequestrata e, dall’altro, che si tratta di un soggetto incensurato.
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R.G.
3. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissi-
bilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della san-
zione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am-
mende.
Così deciso in Roma il 13/05/2025
Il Co sigliere este ore nte