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Destinazione a terzi stupefacenti: la Cassazione annulla

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per detenzione di quasi 100 grammi di marijuana. La decisione si fonda sulla carenza di motivazione della Corte d’Appello riguardo alla destinazione a terzi stupefacenti. Secondo la Suprema Corte, la sola presenza di un bilancino e l’elevato quantitativo non sono sufficienti a provare l’intento di spaccio se il giudice non confuta in modo logico le argomentazioni difensive che suggeriscono un uso personale. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Destinazione a Terzi Stupefacenti: Quando Quantità e Bilancino Non Bastano

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 32483 del 2025, offre un importante chiarimento sui criteri necessari per provare la destinazione a terzi stupefacenti. La Suprema Corte ha annullato con rinvio una condanna per detenzione ai fini di spaccio, sottolineando un principio fondamentale del diritto penale: la motivazione di una sentenza deve essere logica, completa e non può ignorare le argomentazioni della difesa. Questo caso dimostra come la mera presenza di indizi, come un quantitativo non trascurabile di sostanza e un bilancino di precisione, non sia automaticamente sufficiente a fondare una condanna per spaccio.

I Fatti di Causa

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per la detenzione illecita di 97,85 grammi di marijuana. La Corte di Appello di L’Aquila, pur riqualificando il reato come fatto di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, confermava la responsabilità penale dell’imputato per detenzione finalizzata alla vendita.

La Corte territoriale basava la sua convinzione su alcuni elementi considerati sintomatici dell’attività di spaccio: l’elevato quantitativo della sostanza, la sua presunta suddivisione in ovuli e la presenza di un bilancino di precisione.

I Motivi del Ricorso e la questione della destinazione a terzi stupefacenti

L’imputato, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione lamentando diversi vizi della sentenza d’appello. Il motivo principale, e quello che si rivelerà decisivo, riguardava proprio la carenza e l’illogicità della motivazione sulla destinazione a terzi stupefacenti.

La difesa sosteneva che:
1. La sostanza era stata rinvenuta in un unico involucro, corrispondente alla sua forma naturale (infiorescenza), e non già frazionata in dosi.
2. L’imputato era un consumatore abituale e, avendo un reddito elevato derivante da un’attività lavorativa lecita, poteva permettersi di acquistare una scorta per uso personale, ad esempio per il periodo estivo.
3. La detenzione di un bilancino, di per sé, non costituisce prova inequivocabile dell’attività di spaccio, potendo essere utilizzato anche dal consumatore per verificare la quantità e la qualità della sostanza acquistata.

In sostanza, la difesa offriva una lettura alternativa dei fatti, pienamente compatibile con un uso esclusivamente personale, che la Corte d’Appello non aveva adeguatamente considerato e confutato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato e assorbente rispetto agli altri. Di conseguenza, ha annullato la sentenza impugnata e ha rinviato il caso alla Corte di Appello di Perugia per un nuovo giudizio.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nella critica mossa alla motivazione della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno rilevato che, a fronte di una analitica impugnazione da parte della difesa, la Corte territoriale si era limitata a richiamare in modo stringato gli stessi indizi della prima decisione (quantitativo, suddivisione e bilancino) senza fornire alcuna spiegazione logica del perché tali elementi dovessero necessariamente condurre a una conclusione di colpevolezza per spaccio.

La Cassazione ha evidenziato come il giudice di merito avesse assunto l’incompatibilità del possesso con l’uso personale in modo apodittico, senza confrontarsi con le specifiche obiezioni difensive. Mancava, in altre parole, quel percorso argomentativo che è indispensabile per giustificare una condanna penale. La sentenza non spiegava perché la versione dell’imputato (acquisto di una scorta personale) fosse da ritenere implausibile e perché gli indizi raccolti dovessero essere interpretati in un’unica direzione, escludendo ogni altra ragionevole possibilità.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la condanna deve basarsi su prove certe e su un ragionamento del giudice immune da vizi logici. Non è sufficiente elencare una serie di indizi; è necessario che il giudice spieghi in modo convincente come questi si colleghino tra loro per formare un quadro probatorio solido e univoco. La motivazione non è un mero adempimento formale, ma la garanzia fondamentale che la decisione sia frutto di un giudizio razionale e non di un’arbitraria convinzione.

Per gli operatori del diritto, questa sentenza è un monito a non dare per scontata la valenza indiziaria di elementi come il quantitativo o il possesso di strumenti. Ogni caso deve essere valutato nella sua specificità, e il giudice ha l’obbligo di considerare e, se del caso, confutare con argomenti logici le tesi difensive che propongono una spiegazione alternativa e plausibile dei fatti.

La detenzione di quasi 100 grammi di marijuana e di un bilancino di precisione comporta automaticamente una condanna per spaccio?
No. Secondo questa sentenza, tali elementi sono solo indizi. Se il giudice non fornisce una motivazione logica e dettagliata che escluda la possibilità di un uso personale, e non confuta le argomentazioni della difesa, la condanna per spaccio può essere annullata.

Cosa significa che la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio?
Significa che la sentenza della Corte di Appello è stata cancellata. Il processo non è finito, ma dovrà essere celebrato nuovamente davanti a una diversa Corte di Appello (in questo caso, quella di Perugia), la quale dovrà attenersi ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione nella sua decisione.

Perché la Cassazione ha esaminato solo il primo motivo di ricorso?
Perché il primo motivo, relativo alla mancanza di motivazione sulla destinazione della droga, è stato ritenuto ‘assorbente’. L’accoglimento di questo motivo è stato sufficiente da solo a invalidare l’intera sentenza, rendendo superfluo l’esame delle altre censure sollevate dalla difesa (relative alla pena e ad altri benefici).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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