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Destinazione a terzi: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per detenzione di stupefacenti. La condanna si basava su prove che indicavano una destinazione a terzi della sostanza, piuttosto che un uso personale. Il ricorso è stato respinto perché le argomentazioni erano mere contestazioni dei fatti, non ammesse in sede di legittimità, confermando la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Droga e Destinazione a Terzi: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Nell’ambito dei reati legati agli stupefacenti, la linea di demarcazione tra uso personale e detenzione ai fini di spaccio è fondamentale. La legge punisce severamente la destinazione a terzi della sostanza, ovvero la sua cessione ad altre persone. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (n. 47513/2024) offre un’importante lezione sui limiti del ricorso in sede di legittimità, chiarendo quali argomenti possono essere validamente presentati e quali, invece, sono destinati a essere respinti.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo da parte della Corte d’Appello di Bari per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/1990). La condanna si basava su elementi oggettivi che, secondo i giudici di merito, provavano in modo inequivocabile l’intenzione di spacciare la sostanza detenuta. In particolare, sono stati valorizzati due aspetti: il dato quantitativo e qualitativo dello stupefacente e il possesso di strumenti specifici per il taglio e il confezionamento delle dosi. L’imputato, non accettando la decisione, ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che la detenzione fosse finalizzata esclusivamente all’uso personale.

La Decisione della Corte sulla Destinazione a Terzi

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso e li ha dichiarati inammissibili. La decisione non è entrata nel merito della questione (se la droga fosse per uso personale o meno), ma si è concentrata sulla natura delle argomentazioni presentate dalla difesa. Secondo la Suprema Corte, i motivi addotti non segnalavano un errore di diritto commesso dalla Corte d’Appello, ma si limitavano a proporre una diversa interpretazione dei fatti. Il ricorrente, in sostanza, chiedeva alla Cassazione di rivalutare le prove, un compito che non rientra nelle sue competenze.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è chiara e si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Le Corti di merito (Tribunale e Corte d’Appello) valutano le prove e ricostruiscono i fatti. La Corte di Cassazione, invece, interviene solo per verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione (giudizio di legittimità).

Nel caso specifico, le argomentazioni del ricorrente sono state qualificate come “mere doglianze in punto di fatto”. Egli ha cercato di contestare la conclusione dei giudici di merito sulla destinazione a terzi dello stupefacente, ma senza indicare una violazione di legge. La Corte d’Appello aveva legittimamente basato la sua decisione su elementi concreti e indiziari, come la quantità della sostanza e la presenza di materiale per il confezionamento, ritenendoli sufficienti a superare la tesi dell’uso personale. Tentare di rimettere in discussione tale valutazione fattuale in Cassazione è un’operazione non consentita dalla legge.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chi intende impugnare una sentenza di condanna davanti alla Corte di Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. Il ricorso deve individuare specifici errori di diritto o vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata. In materia di stupefacenti, la prova della destinazione a terzi può legittimamente basarsi su elementi indiziari (quantità, qualità, strumenti di confezionamento). Una volta che il giudice di merito ha valutato tali elementi con una motivazione logica e coerente, tale valutazione non può essere messa in discussione in sede di legittimità attraverso la semplice riproposizione della tesi difensiva dell’uso personale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni presentate erano “mere doglianze in punto di fatto”, ovvero contestazioni sulla ricostruzione degli eventi e sulla valutazione delle prove, che non sono ammesse in sede di legittimità davanti alla Corte di Cassazione.

Quali elementi sono stati considerati decisivi per provare la destinazione a terzi dello stupefacente?
Gli elementi decisivi, valorizzati dalla Corte di merito e la cui valutazione non è stata ritenuta censurabile dalla Cassazione, sono stati il dato quantitativo e qualitativo dello stupefacente detenuto e il possesso di strumenti atti al taglio e al confezionamento delle dosi.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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