Droga e Destinazione a Terzi: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Nell’ambito dei reati legati agli stupefacenti, la linea di demarcazione tra uso personale e detenzione ai fini di spaccio è fondamentale. La legge punisce severamente la destinazione a terzi della sostanza, ovvero la sua cessione ad altre persone. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (n. 47513/2024) offre un’importante lezione sui limiti del ricorso in sede di legittimità, chiarendo quali argomenti possono essere validamente presentati e quali, invece, sono destinati a essere respinti.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine dalla condanna di un individuo da parte della Corte d’Appello di Bari per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/1990). La condanna si basava su elementi oggettivi che, secondo i giudici di merito, provavano in modo inequivocabile l’intenzione di spacciare la sostanza detenuta. In particolare, sono stati valorizzati due aspetti: il dato quantitativo e qualitativo dello stupefacente e il possesso di strumenti specifici per il taglio e il confezionamento delle dosi. L’imputato, non accettando la decisione, ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che la detenzione fosse finalizzata esclusivamente all’uso personale.
La Decisione della Corte sulla Destinazione a Terzi
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso e li ha dichiarati inammissibili. La decisione non è entrata nel merito della questione (se la droga fosse per uso personale o meno), ma si è concentrata sulla natura delle argomentazioni presentate dalla difesa. Secondo la Suprema Corte, i motivi addotti non segnalavano un errore di diritto commesso dalla Corte d’Appello, ma si limitavano a proporre una diversa interpretazione dei fatti. Il ricorrente, in sostanza, chiedeva alla Cassazione di rivalutare le prove, un compito che non rientra nelle sue competenze.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte è chiara e si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Le Corti di merito (Tribunale e Corte d’Appello) valutano le prove e ricostruiscono i fatti. La Corte di Cassazione, invece, interviene solo per verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione (giudizio di legittimità).
Nel caso specifico, le argomentazioni del ricorrente sono state qualificate come “mere doglianze in punto di fatto”. Egli ha cercato di contestare la conclusione dei giudici di merito sulla destinazione a terzi dello stupefacente, ma senza indicare una violazione di legge. La Corte d’Appello aveva legittimamente basato la sua decisione su elementi concreti e indiziari, come la quantità della sostanza e la presenza di materiale per il confezionamento, ritenendoli sufficienti a superare la tesi dell’uso personale. Tentare di rimettere in discussione tale valutazione fattuale in Cassazione è un’operazione non consentita dalla legge.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chi intende impugnare una sentenza di condanna davanti alla Corte di Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. Il ricorso deve individuare specifici errori di diritto o vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata. In materia di stupefacenti, la prova della destinazione a terzi può legittimamente basarsi su elementi indiziari (quantità, qualità, strumenti di confezionamento). Una volta che il giudice di merito ha valutato tali elementi con una motivazione logica e coerente, tale valutazione non può essere messa in discussione in sede di legittimità attraverso la semplice riproposizione della tesi difensiva dell’uso personale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni presentate erano “mere doglianze in punto di fatto”, ovvero contestazioni sulla ricostruzione degli eventi e sulla valutazione delle prove, che non sono ammesse in sede di legittimità davanti alla Corte di Cassazione.
Quali elementi sono stati considerati decisivi per provare la destinazione a terzi dello stupefacente?
Gli elementi decisivi, valorizzati dalla Corte di merito e la cui valutazione non è stata ritenuta censurabile dalla Cassazione, sono stati il dato quantitativo e qualitativo dello stupefacente detenuto e il possesso di strumenti atti al taglio e al confezionamento delle dosi.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47513 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47513 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 18/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN SEVERO il 04/05/1997
avverso la sentenza del 17/11/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
•
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME COGNOME dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso avverso la condanna per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto in relazione alla destinazione a terzi – piuttosto che all’uso esclusivamente personale – dello stupefacente valorizzando il dato quantitativo e qualitativo dello stupefacente detenuto e il possesso di strumenti atti al taglio e confezionamento;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 novembre 2024
Il Consigliere relatore