Desistenza Volontaria: L’Onere della Prova Ricade sull’Imputato
Con la recente ordinanza n. 22689/2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: la desistenza volontaria. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sui requisiti necessari per il suo riconoscimento e, in particolare, su chi gravi l’onere di dimostrare che l’interruzione dell’azione criminale sia stata effettivamente ‘volontaria’. Analizziamo insieme la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
Il Caso in Esame
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro la sentenza della Corte di Appello di Roma, che lo aveva condannato per i reati di tentata rapina aggravata, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. La difesa dell’imputato aveva basato il proprio ricorso per cassazione su due motivi principali: il mancato riconoscimento della desistenza volontaria riguardo alla tentata rapina e il diniego delle circostanze attenuanti generiche.
La questione della Desistenza Volontaria e l’onere della prova
Il primo e più significativo motivo di ricorso riguardava la presunta interruzione volontaria del tentativo di rapina. La difesa sosteneva che l’imputato avesse scelto autonomamente di non portare a termine il delitto. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile.
La Suprema Corte ha evidenziato come tale censura fosse meramente reiterativa di argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte di merito con una motivazione logica e priva di vizi. Fondamentale, nel ragionamento dei giudici, è stato il richiamo al consolidato principio giurisprudenziale secondo cui l’onere della prova in tema di desistenza volontaria grava interamente su chi la invoca. Spetta quindi all’imputato dimostrare, con elementi concreti, che l’interruzione dell’azione criminosa sia dipesa esclusivamente dalla propria volontà e non da fattori esterni che ne abbiano impedito la prosecuzione. Nel caso di specie, la difesa non è riuscita a fornire tale prova.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Anche il secondo motivo di ricorso, relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte territoriale aveva negato il beneficio sulla base di due elementi chiave:
1. L’oggettiva gravità dei fatti: I reati erano stati commessi con premeditazione da un gruppo ben organizzato.
2. L’allarmante pericolosità del prevenuto: Questa era stata desunta dai numerosi e specifici precedenti penali a suo carico.
La Cassazione ha confermato che tale valutazione, basata sui parametri dell’art. 133 del codice penale, era stata ampiamente e correttamente argomentata, rendendola insindacabile in sede di legittimità.
Le motivazioni
La decisione della Corte di Cassazione di dichiarare inammissibile il ricorso si fonda su una rigorosa applicazione dei principi procedurali e sostanziali. Il ricorso è stato giudicato inammissibile non solo perché riproponeva questioni di fatto già decise, ma anche perché non evidenziava vizi logici o giuridici nella sentenza impugnata. La Corte ha ribadito il suo ruolo di giudice di legittimità, che non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di merito, se quest’ultima è sorretta da una motivazione adeguata. La pronuncia sottolinea l’importanza di presentare motivi di ricorso che attacchino la coerenza giuridica della decisione, anziché tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame consolida due importanti principi. Primo, chi invoca la desistenza volontaria deve farsi carico di provare che la rinuncia al proposito criminale è stata libera e incondizionata, non dettata da ostacoli esterni o dal timore di essere scoperto. In assenza di tale prova, la richiesta non può essere accolta. Secondo, la valutazione della pericolosità sociale di un imputato, basata su elementi concreti come i precedenti penali e le modalità del reato, costituisce un valido fondamento per negare le attenuanti generiche. Questa decisione rappresenta quindi un monito per la difesa: un ricorso per cassazione deve basarsi su solide argomentazioni giuridiche e non su una semplice rilettura dei fatti.
Su chi ricade l’onere di provare la desistenza volontaria in un tentativo di reato?
L’onere della prova ricade sull’imputato che la invoca. È suo compito dimostrare che l’interruzione dell’azione criminosa sia dipesa dalla sua autonoma volontà e non da fattori esterni che ne abbiano impedito la prosecuzione.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il primo motivo era una semplice riproposizione di censure di fatto già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte di merito, mentre il secondo motivo, relativo alle attenuanti, è stato giudicato manifestamente infondato poiché la decisione del giudice d’appello era ampiamente e correttamente motivata.
Quali elementi possono giustificare il diniego delle attenuanti generiche?
Il diniego delle attenuanti generiche può essere giustificato da elementi come l’oggettiva gravità dei fatti (ad esempio, la premeditazione e l’azione di un gruppo organizzato) e l’allarmante pericolosità del soggetto, desunta da numerosi e specifici precedenti penali, secondo i parametri stabiliti dall’art. 133 del codice penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22689 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22689 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/09/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME COGNOME avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma che, dichiarata l’estinzione per maturata prescrizione della contravvenzione ascritta al capo rideterminava la pena inflitta all’imputato per i delitti di tentata rapina aggravata, resistenza a PU.;
-rilevato che il primo motivo che censura il mancato riconoscimento della desistenza volontaria in relazione al delitto di tentata rapina è inammissibile in quanto strutturato e reiterativo di censure che la Corte di merito ha adeguatamente scrutinato e disatteso c motivazione esente da criticità giustificative; che, infatti, contrariamente a quanto assu difensore, questa Corte ha in più occasioni precisato che in tema di desistenza dal deli grava su chi la deduce l’onere della prova che l’interruzione dell’azione criminosa sia dip dalla volontà dell’agente e non da fattori esterni che ne abbiano impedito la prosecuzio (Sez. 1, n. 51383 del 28/09/2023, Rv. 285758 – 01; n. 48418 del 08/03/2017, Rv. 271316 – 01), onere nella specie non assolto alla stregua RAGIONE_SOCIALE considerazioni svolte dai giud d’appello a pag. 4;
considerato che il secondo motivo che lamenta il diniego RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondato in quanto la Corte territoriale ha richiamato in sen ostativo l’oggettiva gravità dei fatti, frutto di premeditazione da parte di un grupp organizzato, e l’allarmante pericolosità del prevenuto, desunta dai numerosi precedenti penal specifici, valutazione insuscettibile di rilievi in questa sede in quanto ampiam argomentata alla stregua dei parametri di cui all’art. 133 cod.pen.;
ritenuto che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE, non ravvisandosi ragioni d’esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processua e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma il 7 Maggio 2024
La Consigliera estensore
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