Derubricazione Rapina: Quando si può parlare di Esercizio Arbitrario?
La distinzione tra il grave reato di rapina e quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni è un tema cruciale nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui presupposti necessari per ottenere la derubricazione rapina in una fattispecie meno grave. La decisione sottolinea come l’assenza di un credito legittimo e preesistente impedisca tale riqualificazione, confermando la condanna emessa in appello.
I Fatti del Caso: Dalla Rapina alla Richiesta di Derubricazione
Il caso analizzato trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato per rapina ai sensi dell’art. 628 del codice penale. L’imputato, tramite il suo legale, aveva richiesto alla Corte di Cassazione di annullare la sentenza della Corte d’Appello, sostenendo che i fatti avrebbero dovuto essere qualificati come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, un reato previsto dall’art. 393 c.p. e punito meno severamente. Oltre alla richiesta di derubricazione, il ricorso contestava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e la valutazione della recidiva.
Il Cuore della Questione: La Mancanza di un Credito Legittimo
Il primo motivo di ricorso, incentrato sulla derubricazione rapina, è stato giudicato inammissibile dalla Suprema Corte. I giudici hanno evidenziato che il motivo di appello era una mera riproposizione di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte di merito. Per la Cassazione, un ricorso è inammissibile quando non si confronta specificamente con le ragioni della sentenza impugnata, limitandosi a ripetere le stesse censure.
Nel merito, la Corte d’Appello aveva correttamente escluso la possibilità di riqualificare il reato per una ragione fondamentale: l’insussistenza di un credito legittimo in capo al ricorrente. L’esercizio arbitrario presuppone che l’agente agisca per tutelare un diritto che potrebbe far valere davanti a un giudice. In assenza di tale presupposto, l’azione violenta o minacciosa finalizzata a sottrarre un bene altrui integra pienamente il delitto di rapina.
Attenuanti Generiche e Recidiva: La Valutazione della Corte
Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alle attenuanti generiche e alla recidiva, è stato dichiarato manifestamente infondato. La Cassazione ha ritenuto logica e priva di vizi la motivazione della Corte d’Appello sul punto. Quest’ultima aveva negato le attenuanti generiche sulla base di elementi ostativi chiari: le precedenti condanne dell’imputato e la sua totale assenza di resipiscenza (pentimento).
In linea con un consolidato orientamento giurisprudenziale, i giudici hanno ribadito che per negare le attenuanti non è necessario analizzare tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, ma è sufficiente fare riferimento a quelli ritenuti decisivi. Allo stesso modo, la contestazione sulla recidiva è stata respinta, in quanto il giudice di merito aveva correttamente applicato i principi stabiliti dall’art. 133 c.p., valutando il rapporto concreto tra il nuovo reato e le condanne passate come indicativo di una maggiore pericolosità sociale.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su principi procedurali e sostanziali solidi. In primo luogo, ha riaffermato il principio di specificità dei motivi di ricorso, sancito dall’art. 591, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale. Un ricorso che reitera argomenti già disattesi senza una critica puntuale e argomentata della sentenza impugnata è considerato solo apparente e, quindi, inammissibile.
Nel merito, la distinzione tra rapina ed esercizio arbitrario è stata tracciata con chiarezza: l’elemento discriminante è la preesistenza di una pretesa giuridicamente tutelabile. Senza di essa, l’azione violenta non può essere considerata un tentativo di “farsi giustizia da sé”, ma si configura come un’aggressione al patrimonio altrui. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, la Corte ha confermato che la valutazione del giudice di merito è insindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e congrua, come nel caso di specie, dove i precedenti penali e la mancanza di pentimento sono stati ritenuti elementi sufficienti per il diniego.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce con forza alcuni punti fermi della giurisprudenza penale. In primo luogo, la richiesta di derubricazione rapina in esercizio arbitrario delle proprie ragioni richiede la prova rigorosa di un diritto preesistente e azionabile in giudizio. In secondo luogo, il ricorso in Cassazione non può essere una semplice ripetizione dei motivi d’appello, ma deve contenere una critica specifica e concreta alla decisione impugnata. Infine, la valutazione delle attenuanti generiche e della recidiva è ampiamente discrezionale per il giudice di merito, a condizione che fornisca una motivazione adeguata, logica e basata su elementi concreti, come la storia criminale e l’atteggiamento post-delittuoso dell’imputato.
Quando un reato di rapina può essere derubricato in esercizio arbitrario delle proprie ragioni?
La derubricazione è possibile solo se l’autore del fatto agisce per soddisfare una pretesa giuridica legittima e preesistente, ovvero un diritto che avrebbe potuto far valere davanti a un’autorità giudiziaria. In assenza di tale presupposto, il fatto rimane qualificato come rapina.
Perché la Corte ha negato le attenuanti generiche all’imputato?
La Corte ha negato la concessione delle attenuanti generiche a causa di elementi ostativi decisivi: le precedenti condanne riportate dal ricorrente e la sua manifesta assenza di resipiscenza, cioè di pentimento per il reato commesso.
Cosa rende inammissibile un motivo di ricorso in Cassazione?
Un motivo di ricorso è inammissibile quando si limita a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel precedente grado di giudizio, senza sviluppare una critica specifica e concreta delle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata. In tal caso, il motivo è considerato non specifico e solo apparente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23307 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23307 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 15/05/1970
avverso la sentenza del 16/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che deduce violazione di legge in ordine alla mancata derubricazione del delitto di cui all’art. 628 cod. pen. in quello all’art. 393 cod. pen., non è consentito, poiché non risulta connotato dai requ richiesti a pena di inammissibilità del ricorso dall’ art. 591, comma 1, lett. c proc. pen.; che, invero, è fondato su profili di censura che si risolvono reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Cor merito, dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confro con le ragioni poste a base della decisione e, dunque, non specifici ma solta apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta crit argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (si veda pag. 4 della senten impugnata ove correttamente si fa riferimento all’insussistenza di un credi legittimo in capo all’odierno ricorrente che impedisce di riqualificare il delit termini richiesti);
osservato che il secondo motivo di ricorso, che contesta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, è manifestamente infondato, in presenza (si veda pag. 4 della sentenza impugnata ove sono indicat quali elementi ostativi alla concessione di dette attenuanti, le precedenti cond del ricorrente e la sua assenza di resipiscenza) di una motivazione esente evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Co secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego de concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli eleme favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è suff che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanen disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 2 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 3, n. 1913 del 20/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275509; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Se 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826);
considerato che le ulteriori doglianze contenute nel secondo motivo di ricorso che contestano la sussistenza della recidiva sono manifestamente infondate attes che il giudice di merito ha fatto corretta applicazione (si veda, in particolare 4 della sentenza impugnata) dei principi della giurisprudenza di legittimi secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sull gravità dei fatti e sull’arco temporale in cui questi risultano consumati, ess egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti con verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa
una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore crinninog
“sub iudice”;
per la commissione del reato rilevato,
pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del
ammende.
Così deciso, il 23 maggio 2025.