LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Depredazione in mare: la giurisdizione italiana

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un membro dell’equipaggio di un peschereccio, accusato di depredazione in mare ai danni di un’imbarcazione di migranti. La sentenza conferma che la sottrazione violenta del motore in acque internazionali rientra nella nozione di depredazione prevista dal Codice della Navigazione, radicando così la giurisdizione dei tribunali italiani.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Depredazione in Mare: Quando Scatta la Giurisdizione Italiana? Il Caso dei Migranti Abbandonati

La recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema di grande attualità e complessità giuridica: la depredazione in mare e i confini della giurisdizione italiana per reati commessi in acque internazionali. Il caso specifico riguarda un presunto atto di pirateria ai danni di un’imbarcazione di migranti, sollevando questioni cruciali sulla qualificazione del reato e sulla competenza dei nostri tribunali a giudicare tali fatti. Analizziamo la decisione per comprendere i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: Soccorso o Inganno in Alto Mare?

La vicenda ha origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di un membro dell’equipaggio di un motopeschereccio tunisino. L’accusa è di aver commesso, in concorso con altri, atti di depredazione ai danni di un barchino in ferro con a bordo 49 migranti, tra cui donne e un minore.

Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’equipaggio del peschereccio, approfittando dello stato di necessità dei migranti, si sarebbe avvicinato con l’apparente intenzione di prestare soccorso. Invece, con una mossa repentina, si impossessava dell’unico motore dell’imbarcazione, abbandonando i migranti in alto mare. Successivamente, sfruttando la loro disperazione, avrebbe costretto i migranti, con violenza morale, a consegnare del denaro in cambio della promessa di essere trainati fino alla terraferma.

La Difesa: Estorsione in Acque Internazionali Senza Giurisdizione?

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo un’errata qualificazione giuridica del fatto. Secondo la tesi difensiva, la condotta non configurerebbe il reato di depredazione previsto dal Codice della Navigazione, bensì quello di estorsione aggravata (art. 629 c.p.).

La distinzione è fondamentale: qualificando il reato come estorsione commessa al di fuori del mare territoriale italiano, la difesa mirava a far dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice italiano, con conseguente annullamento del provvedimento cautelare. L’elemento della minaccia, secondo questa prospettiva, consisterebbe nel prospettare ai migranti il male ingiusto di essere lasciati alla deriva in mare aperto.

L’Analisi della Cassazione sulla Depredazione in Mare

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la validità della misura cautelare e, implicitamente, la giurisdizione italiana. La decisione si fonda su principi procedurali e sostanziali molto chiari.

In primo luogo, i giudici hanno ribadito che il ricorso per cassazione non può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione dei fatti, ma solo per contestare violazioni di legge o vizi logici della motivazione. Le censure della difesa, secondo la Corte, miravano proprio a una diversa ricostruzione della vicenda, attività preclusa in sede di legittimità.

La Qualificazione Giuridica del Fatto come Depredazione

Nel merito, la Corte ha ritenuto corretta e ampiamente motivata la decisione del Tribunale di qualificare la condotta come depredazione in mare. I giudici hanno evidenziato come le dichiarazioni dei migranti e gli esiti delle indagini abbiano delineato un quadro di colpevolezza grave. La condotta è stata inquadrata sia negli atti di depredazione di cui all’art. 1135 del Codice della Navigazione, sia negli atti di violenza o rapina previsti dall’art. 101 della Convenzione di Montego Bay.

La Corte ha richiamato un proprio precedente (Sent. n. 51442/23), secondo cui la nozione di “atti di depredazione” ricomprende tutte le ipotesi di spossessamento violento di beni altrui, indipendentemente dalla loro specifica qualificazione come rapina o estorsione. Questa interpretazione estensiva è cruciale per garantire tutela in situazioni di vulnerabilità estrema in alto mare.

La Giurisdizione Italiana sui Reati in Acque Internazionali

La corretta qualificazione del fatto come depredazione ha una conseguenza diretta e fondamentale: radica la giurisdizione italiana. Ciò avviene in base all’art. 7, n. 5 del codice penale, che prevede la punibilità secondo la legge italiana del cittadino o dello straniero che commette in territorio estero un delitto per il quale le convenzioni internazionali stabiliscono l’applicazione della legge penale italiana. Gli atti di pirateria e depredazione rientrano in questa categoria, fondando una sorta di giurisdizione universale per reprimere crimini che offendono la comunità internazionale nel suo complesso.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso poiché le argomentazioni della difesa si concentravano su una rilettura dei fatti e una diversa qualificazione giuridica del reato, attività non consentite nel giudizio di legittimità. I giudici hanno confermato che la motivazione del Tribunale era congrua e logica nel qualificare la condotta come ‘atti di depredazione’ ai sensi dell’art. 1135 del Codice della Navigazione. Questa qualificazione, che comprende ogni forma di spossessamento violento in mare, è sufficiente a radicare la giurisdizione italiana ai sensi dell’art. 7 n. 5 c.p., rendendo irrilevante la discussione sulla configurabilità anche del reato di estorsione.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio di diritto internazionale e penale: gli atti di violenza e spoliazione commessi in alto mare, specialmente ai danni di persone vulnerabili come i migranti, possono essere perseguiti dalla giustizia italiana. La decisione chiarisce che il concetto di depredazione è ampio e non si limita alla pirateria in senso stretto, estendendosi a ogni forma di sottrazione violenta. Questa pronuncia rafforza gli strumenti di contrasto a crimini odiosi che avvengono in acque internazionali e conferma che il ricorso in Cassazione deve limitarsi a questioni di diritto, senza poter diventare un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti.

Un crimine come la depredazione in mare commesso in acque internazionali può essere giudicato da un tribunale italiano?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che atti di depredazione, come la sottrazione violenta del motore di un’imbarcazione, rientrano tra i reati per i quali la legge italiana (art. 7 n. 5 cod. pen.) prevede la giurisdizione del giudice italiano anche se commessi fuori dal territorio nazionale.

Qual è la differenza tra depredazione ed estorsione in questo contesto?
Secondo la sentenza, la nozione di ‘atti di depredazione’ (art. 1135 cod. nav.) è ampia e include ogni ipotesi di spossessamento violento di beni altrui. La Corte ha ritenuto corretta questa qualificazione, a prescindere dalla possibilità di configurare il fatto anche come estorsione, rendendo irrilevante il tentativo della difesa di riqualificare il reato per escludere la giurisdizione italiana.

Per quale motivo il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure proposte dalla difesa non denunciavano una violazione di legge o una manifesta illogicità della motivazione, ma miravano a una diversa ricostruzione dei fatti e a una differente valutazione delle prove, attività che non sono consentite in sede di legittimità davanti alla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati