Deposito Incontrollato: La Cassazione Conferma la Condanna e Spiega i Limiti del Ricorso
La corretta gestione dei rifiuti è una questione cruciale sia per la tutela dell’ambiente che per la legalità. Il reato di deposito incontrollato, previsto dal Testo Unico Ambientale, sanziona chi accumula rifiuti in modo non autorizzato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 26314/2024) offre importanti chiarimenti su quando un accumulo di materiali si trasforma in reato e quali sono i limiti di un ricorso in sede di legittimità. Questo provvedimento ribadisce la linea dura della giurisprudenza su un tema di grande attualità.
Il Caso in Esame: Dalla Condanna al Ricorso per Cassazione
Il caso ha origine dalla condanna inflitta dalla Corte d’Appello di Napoli a un soggetto per il reato di deposito incontrollato di rifiuti. L’imputato, non accettando la decisione, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. La sua tesi difensiva sosteneva che l’accumulo di materiali non configurasse un reato, ma rientrasse piuttosto nella categoria del ‘deposito temporaneo’ o, al più, in una condotta meramente occasionale e non penalmente rilevante.
I Criteri per Distinguere il Deposito Incontrollato
La Corte Suprema ha rigettato completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. Nel farlo, ha elencato gli elementi di fatto, già correttamente valutati dai giudici di merito, che rendevano evidente la natura illecita dell’attività. Questi elementi sono diventati il fulcro della decisione e costituiscono un’importante guida per distinguere un deposito lecito da uno illegale. Gli indici chiave identificati sono:
* Eterogeneità del materiale: L’accumulo non era composto da un singolo tipo di scarto, ma da una varietà di rifiuti di diversa natura.
* Assenza di un piano di riutilizzo: Non vi era alcuna prova che i materiali fossero destinati a essere riutilizzati in un ciclo produttivo.
* Mancanza di documentazione: L’imputato non ha fornito alcun documento che attestasse la provenienza lecita dei materiali.
* Ingente quantità: Il volume dei rifiuti era tale da escludere una gestione occasionale o accidentale.
Secondo la Corte, la presenza congiunta di questi fattori dimostra in modo coerente l’esistenza di un’attività organizzata di smaltimento illegale, incompatibile con la nozione di deposito temporaneo o di semplice abbandono.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella natura stessa del suo ruolo. I giudici hanno sottolineato che il ricorso proposto non sollevava questioni sulla corretta interpretazione della legge, ma si limitava a chiedere un ‘riesame dei dati acquisiti’, ovvero una nuova valutazione delle prove. Questa attività è di competenza esclusiva dei tribunali di primo e secondo grado (giudizio di merito) e non della Corte di Cassazione, il cui compito è invece quello di assicurare la corretta applicazione delle norme (giudizio di legittimità). Poiché la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta coerente e logicamente fondata sugli elementi di prova raccolti, il tentativo di rimettere in discussione i fatti è stato giudicato inammissibile.
Le Conclusioni
L’ordinanza ha implicazioni pratiche significative. In primo luogo, ribadisce un’interpretazione rigorosa del reato di deposito incontrollato, chiarendo che la valutazione deve basarsi su indici oggettivi come quantità, varietà e tracciabilità dei rifiuti. In secondo luogo, serve da monito: un ricorso per cassazione basato esclusivamente sulla speranza di una rivalutazione delle prove è destinato al fallimento. La conseguenza per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende, a dimostrazione della serietà con cui l’ordinamento tratta i ricorsi pretestuosi.
Quali elementi trasformano un accumulo di rifiuti in un reato di deposito incontrollato?
Secondo la Corte di Cassazione, gli elementi chiave sono l’eterogeneità dei materiali raccolti, l’assenza di prove di una programmata riutilizzazione, la mancanza di documentazione sull’origine e l’ingente quantità. Questi fattori, considerati insieme, escludono che si tratti di un deposito temporaneo o di un abbandono occasionale.
Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare l’errata applicazione della legge, chiedeva un riesame dei fatti e delle prove già valutati dalla Corte d’Appello. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti, ma un organo che controlla la legittimità e la coerenza logica delle decisioni dei giudici precedenti.
Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile in questo tipo di casi?
Nel caso specifico, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26314 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26314 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/09/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME è inammissibile siccome propone un riesame dei dati acquisiti a fronte di una coerente motivazione circa la configurabilità del reato contestato ex art. 256 del Dlgs. 152/06 di deposito incontrollato, incentrata sulla eterogeneità del materiale raccolto, la assenza di indici di programmata riutilizzazione, l’assenza di documentazione circa l’origine del materiale, l’ingente quantità, come tali coerentemente riconducibili anche verso l’assenza di ogni occasionalità secondo i precedenti di legittimità in materia. Così da escludersi coerentemente la deduzione difensiva circa la esistenza di un deposito temporaneo e tantomeno, si ribadisce, la sussistenza di una condotta meramente occasionale o di abbandono.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 26.1.2024