Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 39599 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 39599 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/09/2024
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 1496/2024
ALDO ACETO
Relatore –
UP – 12/09/2024
NOME COGNOME
R.G.N. 11377/2024
NOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a MESSINA il 18/06/1976 NOME nato a MESSINA il 01/08/1961
avverso la sentenza del 19/01/2024 della Corte d’appello di Messina Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo lÕannullamento con rinvio limitatamente alla causa di non punibilitˆ di cui allÕart. 131-bis cod. pen., tenuto conto della condotta riparatoria successiva al fatto e della riforma introdotta dal d.lgs. n. 150/2022, e il rigetto nel resto;
udita, per i ricorrenti, lÕAvv. NOME COGNOME sostituta processuale dellÕAvv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo lÕaccoglimento dei ricorsi.
1.COGNOME NOME e NOME ricorrono, con atto congiunto a firma del comune difensore di fiducia, per lÕannullamento della sentenza del 19 gennaio 2024 della Corte di appello di Messina che, in parziale riforma della sentenza del 10 febbraio 2023 del Tribunale di Patti, pronunciata a seguito di giudizio ordinario e da loro impugnata, ritenuta la continuazione e applicate le circostanze attenuanti generiche, ha rideterminato la pena nella misura di quattro mesi e dieci giorni di arresto ciascuno, confermando nel resto la condanna per i reati di cui agli artt. 256, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006 (capo A) e 674 cod. pen. (capo B), loro ascritti perchŽ, secondo lÕeditto accusatorio, COGNOME Christian quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME quale direttore tecnico, in assenza di autorizzazione avevano realizzato un deposito incontrollato di rifiuti di diverso tipo, anche pericolosi (quali resine e residui collanti), rimasti per lungo periodo accatastati in modo disordinato e sparso allÕinterno dello stabilimento della societˆ destinato a ricovero ed officina per imbarcazioni (capo A), consentendo altres’ che i reflui derivanti dai rifiuti si disperdessero nel suolo e giungessero nel vicino torrente Rosmarino (capo B). I fatti sono contestati come accertati in SantÕAgata di Militello il 9 marzo 2020.
1.1.Con il primo motivo deducono lÕerronea applicazione dellÕart. 674 cod. pen. e la mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato. Osservano che: a) il versamento si è verificato in luoghi nella disponibilitˆ della societˆ e non di uso pubblico o comune; b) manca il concreto pericolo per lÕincolumitˆ pubblica, trattandosi di un mero imbrattamento.
1.2.Con il secondo motivo deducono la illogicitˆ della motivazione nella parte in cui è stata ribadita la concorrente responsabilitˆ di NOME COGNOME mancando la prova della gestione di fatto dellÕimpresa, non essendo sufficiente – affermano – la circostanza che egli si sia adoperato per elidere le conseguenze del reato commesso da altri laddove, per converso, non gli è mai stata delegata lÕattivitˆ di gestione dei rifiuti e non gli sono mai stati attribuiti i poteri necessari per garantire il rispetto della legge.
1.3.Con il terzo motivo deducono la violazione dellÕart. 131-bis cod. pen. e la mancanza e lÕillogicitˆ della motivazione nella parte in cui è stata negata lÕapplicazione della causa di non punibilitˆ per speciale tenuitˆ del fatto in considerazione della natura dei rifiuti (pericolosi) e della abitualitˆ della condotta, erroneamente ritenuta tale sol perchŽ commessa nellÕesercizio di impresa, e senza aver preso in considerazione la condotta susseguente al reato.
1.4.Con il quarto motivo deducono la violazione degli artt. 256, 183 e 185-bis d.lgs. n. 152 del 2006 nella parte in cui è stato escluso il deposito temporaneo dei
rifiuti pur a fronte della esibizione del registro di carico e scarico dei rifiuti con date e quantitˆ compatibili con il deposito temporaneo.
1.5.Con il quinto motivo deducono la inutilizzabilitˆ del verbale di sopralluogo dellÕARPA del 17 marzo 2020 nella parte che non pu˜ essere definita irripetibile e in quella in cui le cose depositate vengono espressamente qualificate come rifiuti.
1.6.Con il sesto motivo ripropongono la questione di legittimitˆ costituzionale degli artt. 318-ter e segg. d.lgs. n. 152 del 2006 per contrasto con lÕart. 3 Cost. nella parte in cui non è previsto lÕobbligo dellÕagente accertatore di impartire le prescrizioni e del pubblico ministero di sospendere lÕesercizio dellÕazione penale.
2.I ricorsi sono inammissibili per le ragioni di seguito illustrate.
3.Il primo motivo è generico, manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge nella fase di legittimitˆ.
3.1.Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che i reflui derivanti dai rifiuti venivano scaricati non nel torrente Militello, come ritenuto dal primo Giudice, ma in un terreno adiacente. Secondo la Corte di appello il fatto integra il reato di cui allÕart. 674 cod. pen., sia perchŽ la rubrica fa riferimento ad una dispersione di reflui nel suolo, sia perchŽ, Ça fronte di quanto personalmente constatato dai tecnici dellÕArpa in occasione del sopralluogoÈ (pag. 6), non pu˜ essere esclusa la natura potenzialmente nociva di tali reflui.
3.2.I ricorrenti se ne dolgono deducendo che il terreno in questione era nella disponibilitˆ della societˆ (e, dunque, luogo non Òdi pubblico transitoÓ nŽ Òprivato ma di comune o altrui usoÓ) e che non vi è prova che si fosse verificato un concreto pericolo per le persone, non essendo indifferente stabilire se la natura del liquido fosse nociva oppure no.
3.3.Nessuno dei due rilievi è fondato.
3.4.In termini generali va ricordato che ai fini della configurabilitˆ del reato di getto pericoloso di cose non si richiede che la condotta contestata abbia cagionato un effettivo nocumento, essendo sufficiente che essa sia idonea ad offendere, imbrattare o molestare le persone, nŽ tale attitudine deve essere necessariamente accertata mediante perizia, potendo il giudice, secondo le regole generali, fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali, in particolare, le dichiarazioni testimoniali di coloro che siano in grado di riferire caratteristiche ed effetti delle immissioni, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito dai dichiaranti medesimi
(Sez. 3, n. 971 del 11/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 261794 – 01, in tema di sversamento al suolo di liquami derivanti dallo stoccaggio di rifiuti pericolosi; nello stesso senso, Sez. 3, n. 33817 del 06/10/2020, COGNOME, Rv. 280797 – 01, che ha ritenuto integrare il reato di cui all’art. 674 cod. pen. l’aver irrorato una sostanza chimica insetticida su una rete posta fra proprietˆ confinanti in corrispondenza del punto in cui era in corso la cottura di cibi da parte dei vicini; Sez. 1, n. 739 del 04/12/1997, COGNOME Rv. 209451 – 01; Sez. 1, n. 5215 del 07/04/1995, COGNOME Rv. 201195 – 01; Sez. 3, n. 31114 del 05/06/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 39196 del 03/07/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 32958 del 14/06/2023, COGNOME, non mass.).
3.5.Sotto altro profilo, l'”uso altrui”, cui si riferisce l’art. 674 cod. pen. ed al quale deve essere soggetto il luogo privato perchŽ possa configurarsi il reato di getto o versamento di cose atte ad offendere, imbrattare o molestare, pu˜ consistere in qualunque legittima facoltˆ – dipendente da un diritto soggettivo esclusivo, ovvero da un diritto in re aliena o d’obbligazione o anche da una mera condiscendenza di chi pu˜ prestarla – spettante ad un soggetto diverso da quello che compie il getto o il versamento, di valersi del luogo stesso per qualsiasi bisogno (Sez. 1, n. 6939 del 04/12/1989, COGNOME, Rv. 184308 – 01, che ha ritenuto la sussistenza del reato in un caso in cui era stata accertata la presenza di cromo esavalente sul terreno privato, adiacente i capannoni di una officina, dove i lavoratori dipendenti della ditta potevano muoversi liberamente per gli scopi più vari).
3.6.Ne consegue, in primo luogo, che la deduzione secondo la quale il terreno nel quale venivano recapitati i reflui fosse nella disponibilitˆ della societˆ (questione, peraltro, fattuale che non risulta dedotta in appello) non è affatto decisiva poichŽ non esclude la frequentazione dellÕarea interessata dagli sversamenti quantomeno da parte dei lavoratori dipendenti o comunque da persone che hanno rapporto con la societˆ, nŽ – come detto – i ricorrenti hanno posto la questione in appello in questi specifici termini.
3.7.Inoltre, la Corte di appello non ha affatto escluso la potenziale nocivitˆ degli scarichi avendo anzi affermato, anche alla luce delle testimonianze a discarico, lÕesatto contrario: che tale potenzialitˆ, cioè, non pu˜ essere esclusa, in base a prove (lÕaccertamento dellÕARPA), anche a discarico (la testimonianza del consulente ambientale e della sicurezza della societˆ), delle quali non è mai stato dedotto il travisamento, pur a fronte, peraltro, di una estrema genericitˆ del corrispondente motivo di appello.
4.Il secondo motivo sollecita una diversa valutazione della prova, non consentita in sede di legittimitˆ al di fuori dei casi (nessuno dei quali ricorrente nel
caso di specie) di travisamento della prova stessa o di manifesta illogicitˆ del ragionamento probatorio.
4.1.LÕindagine di legittimitˆ sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontˆ del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilitˆ di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimitˆ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944 – 01).
4.2.Nel caso di specie, la Corte di appello ha ritenuto la concorrente responsabilitˆ del direttore tecnico, NOME COGNOME valutando lÕesame reso dallÕimputato in sede dibattimentale e traendone la conseguenza che questi, in base ai comportamenti concretamente assunti, esercitasse in prima persona le attivitˆ in materia di gestione dei rifiuti.
4.3.La Corte di appello ha cos’ ritenuto di fare corretta applicazione del principio affermato dalla Corte di cassazione secondo il quale la responsabilitˆ per la condotta di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti (art. 256, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) imputabile all’ente o all’impresa attiene anche al dipendente che abbia dato causa all’evento o abbia contribuito alla commissione della condotta stessa, perchŽ non si tratta di reato proprio (Sez. 3, n. 11490 del 15/12/2010, COGNOME, Rv. 249770 – 01; Sez. 3, n. 16754 del 04/12/2012, dep. 2013, Passaseo, non mass.; nello stesso senso, Sez. 3, n. 37603 del 09/09/2021, Pardo, Rv. 282332 – 01, che ne ha tratto la conseguenza secondo la quale il dipendente dell’ente o dell’impresa risponde del reato proprio di abbandono o deposito incontrollato di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs., 3 aprile 2006, n. 152, a condizione che gli siano stati conferiti, anche di fatto, i poteri di gestione). Del resto, è stato precisato (e deve essere ribadito) che il reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, è configurabile nei confronti di qualsiasi soggetto che abbandoni rifiuti nell’esercizio, anche di fatto, di una attivitˆ economica, indipendentemente dalla qualifica formale dell’agente o della natura dell’attivitˆ medesima (Sez. 3, n. 56275 del 24/10/2017, COGNOME, Rv. 272356 – 01; Sez. 3, n. 30133 del 05/04/2017, COGNOME, Rv. 270323 – 01; Sez. 3, n. 38364 del 27/06/2013, COGNOME, Rv. 256387 – 01; Sez. 3, n. 2339 del 06/10/2022, dep. 2023, Forastiere, non mass).
4.4.I ricorrenti non discutono la questione di diritto ma lamentano il malgoverno della prova (della quale, per˜, non deducono il travisamento) e il ragionamento illogico della Corte di appello, ammettendo essi stessi la natura non manifestamente illogica del ragionamento accusatorio.
4.5.Tanto basta per ritenere il motivo intrinsecamente contraddittorio (e dunque perplesso) e proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge.
4.6.Il compito del giudice di legittimitˆ non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all’affidabilitˆ delle fonti di prova, bens’ di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv. 203428 – 01). EÕ estraneo all’ambito applicativo dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. ogni discorso confutativo sul significato della prova, ovvero di mera contrapposizione dimostrativa, considerato che nessun elemento di prova, per quanto significativo, pu˜ essere interpretato per “brani” nŽ fuori dal contesto in cui è inserito, sicchŽ gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimitˆ se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacitˆ dimostrativa. Sono, pertanto, inammissibili, in sede di legittimitˆ, le censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio; cos’ come sono estranei al sindacato della Corte di cassazione i rilievi in merito al significato della prova ed alla sua capacitˆ dimostrativa (Sez. U, n. 41570 del 25/05/2023, COGNOME, n.m. sul punto, in motivazione).
4.7.Ne consegue che la natura manifesta della illogicitˆ della motivazione del provvedimento impugnato costituisce un limite al sindacato di legittimitˆ che impedisce alla Corte di cassazione di sostituire la propria logica a quella del giudice di merito.
5.Anche il terzo motivo è generico e manifestamente infondato.
5.1.La Corte di appello ha escluso la particolare tenuitˆ del fatto in base a due argomenti: (i) la abitualitˆ della condotta, siccome posta in essere nellÕesercizio di attivitˆ imprenditoriale; (ii) il pregiudizio arrecato allÕambiente, tale da escluderne la minima entitˆ.
5.2.Delle due rationes decidendi i ricorrenti si disinteressano della seconda ed introducono un argomento nuovo (la bonifica) non devoluto in appello e la cui
incidenza, ai fini della applicazione della causa di non punibilitˆ, richiedeva accertamenti in fatto non sollecitati in sede di merito.
5.3.La mancata presa di posizione sullÕentitˆ del pregiudizio arrecato allÕambiente rende il motivo generico e dunque inammissibile.
5.4.EÕ inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni giˆ esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dellÕimpugnazione (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 – 01; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849; Sez. 4, n. 256 del 18/09/1997, COGNOME, Rv. 210157; Sez. 4, n. 5191 del 29/03/2000, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, COGNOME, Rv. 230634; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945 – 01).
5.5.Quanto alla mancata considerazione del comportamento tenuto successivamente allÕaccertamento del reato (bonifica), va stigmatizzata la natura nuova del motivo in parte qua, pur deducibile (e non dedotto) in appello, fermo restando che, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilitˆ per la particolare tenuitˆ del fatto, acquista rilievo, per effetto della novellazione dell’art. 131-bis cod. pen. ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, anche la condotta dell’imputato successiva alla commissione del reato, che, tuttavia, non potrˆ, di per sŽ sola, rendere di particolare tenuitˆ un’offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell’ambito del giudizio complessivo sull’entitˆ dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen. (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Hu Qinglian, Rv. 284497 – 01).
5.6.Ed invero, la condotta dell’imputato successiva alla commissione del reato, rilevante ai fini dell’applicabilitˆ della causa di non punibilitˆ di cui all’art. 131-bis cod. pen., come novellato dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è deducibile per la prima volta nel giudizio di legittimitˆ, a condizione che non sia stato possibile prospettarla con l’atto di impugnazione o nel corso del giudizio di appello, sicchŽ la Corte di cassazione, apprezzando la circostanza sopravvenuta nell’ambito del complessivo giudizio sull’entitˆ dell’offesa, pu˜ ritenere sussistente l’esimente nel solo caso in cui siano immediatamente rilevabili dagli atti i presupposti per la sua applicazione e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali (Sez. 2, n. 396 del 17/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285726 – 01).
6.Il quarto motivo è generico, manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge nella fase di legittimitˆ perchŽ sollecita una diretta
(e diversa) lettura di fonti di prova delle quali non viene nemmeno dedotto il travisamento.
6.1.Va in primo luogo ricordato (e ribadito) che l’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni di liceitˆ del deposito cosiddetto controllato o temporaneo, fissate dall’art. 183 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, grava sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria di tale deposito rispetto alla disciplina ordinaria (Sez. 3, n. 35404 del 10/05/2016, COGNOME, Rv. 267636 – 01; Sez. 3, n. 29084 del 14/05/2015, COGNOME, Rv. 264121 – 01; Sez. 3, n. 23497 del 17/04/2014, COGNOME, Rv. 261507 – 01; Sez. 3. n. 37879 del 22/06/2004, COGNOME, Rv. 229474 – 01, che impone allÕagente lÕonere del rigoroso controllo dei tempi di giacenza dei rifiuti).
6.2.In secondo luogo, e non per ordine di importanza, perchŽ un deposito possa dirsi temporaneo deve rispettare tutti i requisiti imposti dall’art. 185-bis, d.lgs. n. 152 del 2006. Il raggruppamento dei rifiuti per categorie omogenee costituisce, tra gli altri, uno dei requisiti essenziali, sicchŽ lÕammasso indistinto di rifiuti o comunque il loro abbandono alla rinfusa escludono la liceitˆ del deposito (Sez. 3, n. 11258 del 11/02/2010, COGNOME, Rv. 246459 – 01; Sez. 3, n. 19883 del 11/03/2009, Fabris, Rv. 243719 – 01).
6.3.Nel caso di specie è incontestato che i rifiuti fossero ammassati su unÕarea estesa 550 metri quadrati (55 x 10), miscelati tra loro e con tracce di percolato. Il che esclude in radice la liceitˆ del deposito.
7.Il quinto motivo è generico e proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge nella fase di legittimitˆ.
7.1.La Corte di appello, nel disattendere i rilievi difensivi volti a escludere la qualificazione come ÒrifiutiÓ anche degli stampi in vetroresina e dei fusti vuoti rinvenuti nellÕarea adiacente allo stabilimento, ha fatto riferimento ai rilievi fotografici allegati al verbale di sopralluogo redatto dal personale dellÕARPA e alle stesse dichiarazioni del testimone a discarico, COGNOME Antonio.
7.2.Non è chiaro, dunque, quale parte ÒvalutativaÓ del verbale di sopralluogo sia stata utilizzata dalla Corte di appello che, invece, ha fatto chiaro riferimento ai rilievi fotografici (oltre che a prove dichiarative).
7.3.I ricorrenti se ne lamentano affermando che: a) la Corte di appello avrebbe dovuto piuttosto far riferimento alla testimonianza dÕaccusa resa in primo grado, nel contraddittorio tra le parti, dallÕagente di PG, COGNOME in servizio presso lÕARPA; b) COGNOME NOME era intervenuto in una fase nella quale, ormai, lÕazienda, per motivi processuali, aveva deciso di qualificare i beni come rifiuti.
7.4.Osserva, al riguardo, il Collegio:
7.5.lÕeccezione di inutilizzabilitˆ – come detto – non coglie nel segno ed è assolutamente generica, non avendo i ricorrenti nemmeno specificato quale parte valutativa del verbale di sopralluogo sarebbe stata indicata dalla Corte di appello a sostegno della propria decisione;
7.6.la testimonianza dellÕagente di PG (indicata dal primo giudice quale prova a carico ed utilizzata come tale) non è stata nemmeno indicata nellÕatto di appello a sostegno delle ragioni difensive sicchŽ, a fronte del chiaro contenuto accusatorio di tali dichiarazioni (sintetizzate dal primo giudice e non oggetto di travisamento di sorta), non è dato comprendere in quale parte tale testimonianza smentirebbe le risultanze del verbale da lui stesso redatto;
7.7.il malgoverno delle dichiarazioni rese dal testimone COGNOME NOME non pu˜ essere dedotto in sede di legittimitˆ al di fuori dei casi di travisamento della prova, vizio nel caso di specie nemmeno dedotto.
7.8.EÕ piuttosto vero che, stando al resoconto della testimonianza dellÕagente di PG, COGNOME COGNOME, Çall’interno della tettoia e al di fuori dell’area adibita a deposito risultavano ammassati rifiuti di vario genere miscelati tra essi e posti in cisterne e bidoni senza distinzione secondo tipologia; che tali rifiuti contenevano resina e residui collanti di lavorazione miste a legno, cartone e plastiche nonchŽ calchi in vetroresina rotti (É) altri rifiuti risultavano posti a cielo aperto senza alcuna protezione atta a tutelare l’ambiente circostante per effetto di eventi eolici e meteorici e che nella stessa area adibita a deposito (É) le caditoie per la raccolta di acque meteoriche risultavano ostruite dalla presenza di materiale fibroso, polveri provenienti dalla lavorazione della resina e del materiale plastico in vetroresina con collanti, i quali attraverso i colaticci confluivano nelle caditoie e quindi nel sistema di raccolta delle acque pluvialiÈ (pagg. 1 e seg., sentenza Tribunale).
7.9.Da questi dati di fatto (introdotti nel processo attraverso la prova dichiarativa, corroborata da quella documentale e fotografica) i Giudici di merito hanno dedotto la natura di ÒrifiutiÓ delle cose cos’ come rinvenute, rappresentate (anche fotograficamente) e descritte dal testimone, senza che i Giudici siano incorsi in travisamenti di sorta (si ribadisce, mai denunziati).
7.10.Orbene, l’accertamento della natura di un oggetto quale rifiuto ai sensi dell’art. 183 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 costituisce una “quaestio facti”, come tale demandata al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimitˆ, se sorretta, come nel caso di specie, da motivazione esente da vizi logici o giuridici (Sez. 3, n. 25548 del 26/03/2019, Schepis, Rv. 276009 – 02; Sez. 3, n. 7037 del 18/01/2012, COGNOME, Rv. 252445 – 01; Sez. 3, n. 14762 del 05/03/2002, COGNOME, Rv. 221575 – 01).
7.11.Costituisce, dunque, mera (indimostrata) deduzione fattuale che gli stampi in vetro resina e i fusti vuoti venissero, per Òlogica comuneÓ, utilizzati per
lÕesercizio dellÕattivitˆ di impresa e non costituissero, piuttosto, oggetto di cui la parte intendeva disfarsi.
7.12.Premesso che la Òlogica comuneÓ in questo caso si infrange contro il dato di fatto delle oggettive condizioni di abbandono in cui versavano i beni e che li qualificano ormai come cose di cui il detentore si è giˆ disfatto, cos’ ragionando ogni bene strumentale allÕesercizio dellÕattivitˆ di impresa non potrebbe mai essere considerato rifiuto, anche se lÕimprenditore lÕabbia abbandonato, per il sol fatto della sua astratta riutilizzabilitˆ.
7.13.SennonchŽ, la definizione dell’art. 183, comma primo, lett. a), del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, a termini della quale costituisce rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione ovvero l’obbligo di disfarsi, esige – in conformitˆ alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale impone di interpretare l’azione di disfarsi alla luce della finalitˆ della normativa europea, volta ad assicurare un elevato livello di tutela della salute umana e dell’ambiente secondo i principi di precauzione e prevenzione – che la qualificazione alla stregua di rifiuti dei materiali di cui l’agente si disfa consegua a dati obiettivi connaturanti la condotta tipica, anche in rapporto a specifici obblighi di eliminazione, con conseguente esclusione della rilevanza di valutazioni soggettivamente incentrate sulla mancanza o meno di utilitˆ, per il medesimo, dei predetti materiali (Sez. 3, n. 19206 del 16/03/2017, Costantino, Rv. 269912 – 01, in fattispecie relativa all’abbandono in un’area agricola di rifiuti speciali, tra cui materiali di risulta di attivitˆ edile, sfabbricidi, pneumatici, fusti, tubi e rocce da scavo, nella quale la Corte ha ritenuto che correttamente i giudici di merito ne avessero escluso la destinazione all’utilizzo, come sostenuto dall’imputato, trattandosi di materiali accatastati alla rinfusa e parzialmente ricoperti da vegetazione spontanea; nel senso che l’elemento soggettivo, consistente nel volontario abbandono o nella destinazione all’abbandono, oppure, al contrario, nel desiderio di riutilizzo, è preso in considerazione dal legislatore solo se si realizza secondo un criterio oggettivo e prevalente di compatibilitˆ ambientale, giˆ Sez. 3, n. 7567 del 22/04/1992, Abortivi, Rv. 190923 – 01).
8.LÕultimo motivo è manifestamente infondato.
8.1.I ricorrenti dubitano della legittimitˆ costituzionale dellÕart. 318-septies d.lgs. n. 152 del 2006 nella parte in cui non prevede che la bonifica volontaria estingua il reato anche in assenza della adozione della procedura estintiva prevista dagli artt. 318-bis e segg. stesso decreto.
8.2.La questione di legittimitˆ costituzionale è manifestamente infondata.
8.3.I ricorrenti postulano, in buona sostanza, lÕintroduzione di una generalizzata causa di estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale previste dal d.lgs. n. 152 del 2006 svincolata non solo dalle specifiche procedure
previste dagli artt. 318-ter e 318-quater (dallÕaccertamento, cioè, dellÕesatto adempimento e persino dal pagamento della somma indicata dallÕart. 318-quater, mai versata) ma dalla stessa verifica del danno o del pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, verifica imposta dallÕart. 318-bis d.lgs. n. 152 del 2006 quale condizione di ammissibilitˆ alla procedura estintiva delle contravvenzioni ambientali.
8.4.Dunque, il punto non è la tenuta costituzionale dellÕart. 318-septies d.lgs. n. 152 del 2006, norma che si pone a chiusura di un procedimento finalizzato allÕestinzione della contravvenzione, quanto dellÕart. 318-bis che restringe lÕapplicazione del procedimento ai soli reati che non hanno cagionato danno o pericolo di danno concreto e attuale, questione – questÕultima – mai espressamente e specificamente devoluta in questi termini in primo ed in secondo grado (chŽ, anzi, le ragioni del rigetto della richiesta di applicazione della causa di non punibilitˆ di cui allÕart. 131-bis cod. pen. sembrano deporre in senso contrario).
9.Alla declaratoria di inammissibilitˆ dei ricorsi consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., essendo essa ascrivibile a colpa dei ricorrenti (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonchŽ del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente nella misura di 3.000,00.
Il Collegio intende in tal modo esercitare la facoltˆ, introdotta dallÕart. 1, comma 64, legge n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista dallÕart. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilitˆ del ricorso considerate le ragioni della inammissibilitˆ stessa come sopra indicate.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Cos’ deciso in Roma, il 12/09/2024.
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME