Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 7300 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 7300 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/09/2023 del Tribunale del riesame di Caltanissetta visti gli atti, l’ordinanza impugnata ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
sentite le conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, in persona del Sostituto RAGIONE_SOCIALEtore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso. uditi i difensori, avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, che hanno richiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, per il tramite dei difensori, ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Caltanissetta che, in accoglimento dell’appello del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ex art. 310 cod. proc. pen., gli ha applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari in ordine al delitti di cui agli artt. 375 e cod. pen., ordinanza sospesa ex art. 310, comma 3, cod. proc. pen..
Per quel che in questa sede rileva, sulla base COGNOME provvisorie imputazioni, NOME COGNOME risulta indiziato in ordine:
– al delitto di cui all’art. 375, primo comma, lett. b), terzo e settimo comma, in relazione all’art. 360 cod. pen. poiché, quale Luogotenente dei RAGIONE_SOCIALE in quiescenza, nel 1992 in servizio presso il RAGIONE_SOCIALE, richiesto di fornire informazioni apprese nell’esercizio COGNOME funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria, in merito al contenuto del confidenze ricevute da NOME COGNOME (persona inserita nel contesto mafioso), affermava falsamente di aver saputo confidenzialmente dal COGNOME, in epoca antecedente alla strage di Capaci, e comunque in data precedente alla collaborazione di NOME COGNOME, che NOME COGNOME svolgesse il ruolo di autista di NOME COGNOME e di aver comunicato la circostanza a NOME COGNOME e NOME COGNOME, suoi superiori gerarchici, ed al Sostituto RAGIONE_SOCIALEtore in servizio presso la RAGIONE_SOCIALE della Repubblica di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, assegnatario del procedimento penale relativo alle dichiarazioni del COGNOME NOME; dichiarazioni rese il 9 maggio 2022, finalizzate a impedire, ostacolare o sviare le indagini relative al procedimento in corso presso la RAGIONE_SOCIALE di Caltanissetta (r.g.n.r. mod. 44 830/2022) in merito al reato di strage aggravata dalle finalità mafiose ex artt. 422 e 416-bis.1 cod. pen. commessa in Capaci il 23 maggio 1992 (capo a);
– al delitto di cui all’art. 375 cod. pen. per aver affermato, nella stessa data, di a .ver ricevuto dal Lo COGNOME la confidenza, in e .poca anteriore alla cita .ta strage, di aver notato in Capaci l’insolita presenza di importanti esponenti mafiosi, tanto t da ritenere imminente l’organizzazione di un grave delitto non meglio individuato, circostanza anch’essa oggetto di comunicazione ai citati superiori gerarchici e al AVV_NOTAIO assegnatario del procedimento afferente alle dichiarazioni del COGNOME, rivelatasi non rispondente al vero in quanto il COGNOME aveva in realtà palesato di nutrire il timore che detti movimenti fossero funzionali alla realizzazione di un nuovo attentato ai suoi danni (capo b);
– al delitto di cui all’art. 368, e 61 n. 2 cod. pen. perché, assunto a sommarie informazioni nella stessa occasione di cui sopra, al fine di porre in essere il delitto di depistaggio, pur sapendolo innocente, accusava implicitamente il AVV_NOTAIO di omissioni di atti di ufficio favoreggiamento, riferendo falsamente che, seppure avesse preventivamente informato costui in merito alla confidenza ricevuta da NOME COGNOME che NOME COGNOME fosse l’autista di NOME COGNOME, il citato AVV_NOTAIO non avrebbe delegato alcuna conseguenziale attività investigativa che, se espletata, avrebbe portato alla previa cattura del latitante ed evitato l’esecuzione COGNOME stragi di Capaci e di INDIRIZZO.
1.1. Il Giudice COGNOME indagini preliminari di Caltanissetta, nell’ambito di un procedimento che aveva ad oggetto il coinvolgimento di esponenti dell’RAGIONE_SOCIALE destra nazionale nelle stragi di Capaci e di Via D’Amelio, aveva rigettato la misura cautelare nei confronti del COGNOME, Carabiniere all’epoca dei fatti in servizio presso il Comando RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, rilevando che le dichiarazioni rese il 9 maggio 2022, ed ancor più quelle del 24 maggio 2022, su cui poggiava l’ipotizzata accusa, non fossero utilizzabili per violazione dell’art. 63 cod. proc. pen., evidenziando come già all’atto dell’assunzione COGNOME informazioni sarebbero emersi indizi di reità sul mendacio in considerazione del sovrapponibile contenuto COGNOME dichiarazioni rese dal COGNOME, che era stato già sentito il 12 gennaio 2022 precedente da magistrati della RAGIONE_SOCIALE generale di RAGIONE_SOCIALE, Ufficio requirente che aveva ricevuto, come quella distrettuale nissena, un atto di impulso dalla RAGIONE_SOCIALE.
1.2. Il Tribunale del riesame, su appello della RAGIONE_SOCIALE della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta, ha accolto l’impugnazicne sul presupposto della utilizzabilità COGNOME dichiarazioni in quanto costituenti corpo del reato del delitto di depistaggio e calunnia, ritenendo non sufficiente la sussistenza di un mero sospetto sorto all’atto COGNOME dichiarazioni rese il prec:edente 12 gennaio 2022; a differenza di quanto falsamente dichiarato, sarebbe emerso che NOME COGNOME non avesse mai ·confidato in data pre · cedente alle citate stragi al COGNOME che NOME COGNOME fosse l’autista di NOME COGNOME e che gli “strani movimenti” notati in Capaci da COGNOME gli avessero fatto sorgere il sospetto che si stesse organizzando un nuovo attentato ai suoi danni.
L’ordinanza ha attribuito rilevanza determinante al sequestro successivo alla assunzione di informazioni del 9 maggio 2022 di una copia dell’informativa nella disponibilità del COGNOME, identica a quella facente parte del procedimento, dal cui confronto sarebbe emersa la falsità COGNOME dichiarazioni e la non sostenibilità della tesi che le versioni rese all’Autorità giudiziaria nissena fosse frutto del lungo tempo trascorso dai fatti e dall’affievolimento della memoria medio tempore intervenuto.
La ritenuta utilizzabilità COGNOME dichiarazioni rese il 9 maggio 2022, in quanto corpo del reato, e gli elementi che ne confermavano la loro volontaria falsità erano tali da far ritenere sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in ordine a delitti di depistaggio e calunnia contestati e la valorizzata condotta idonea a giustificare la misura cautelare degli arresti domiciliari.
NOME COGNOME deduce tre articolati motivi.
2.1. Con il primo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge processuale nella parte in cui l’ordinanza fonda il giudizio cautelare sulle dichiarazioni inutilizzabili in quanto in contrasto con l’art. 63 cod. proc. pen.
Si assume che il ricorrente era stato già sentito dai magistrati della RAGIONE_SOCIALE della Repubblica di RAGIONE_SOCIALE ove avrebbe reso dichiarazioni c:ontenutisticamente identiche, sicché il mendacio deve ritenersi, in ipotesi, consumato in RAGIONE_SOCIALE il 12 gennaio 2022; in tal senso depone sia il raffronto con le dichiarazioni rese il 9 maggio 2022, sia la stessa premessa contenuta in detto ultimo atto, che evidenzia come il ricorrente confermi proprio il contenuto COGNOME dichiarazioni rese nel precedente atto di indagine.
Poiché al ricorrente si contesta che il COGNOME gli avrebbe confidato di aver visto NOME COGNOME svolgere il ruolo di autista di NOME COGNOME, di aver notato alcuni personaggi mafiosi aggirarsi nei luoghi in cui avvenne la strage di Capaci e di aver personalmente riferito le confidenze ricevute dal COGNOME al dottor COGNOME, in detti identici termini erano state rese le informazioni da parte del COGNOME nei due atti di indagine, il primo dei quali, quello eseguito a RAGIONE_SOCIALE, era nella disponibilità dell’autorità nissena che aveva proceduto ad eseguire il secondo; deve, altresì, ritenersi che erano in possesso di detta autorità anche tutte le altre emergenze da cui poter desumere la falsità COGNOME dichiarazioni.
L’atto di indagine, pertanto, doveva essere interrotto e, comunque, eseguito o proseguito con le garanzie di cui all’art. 64 cod. proc. pen..
Risultano determinanti, non solo le dichiarazioni sovrapponibili rese a RAGIONE_SOCIALE, ma anche: 1) le propalazioni di NOME COGNOME, collega del COGNOME che aveva inizialmente reso dichiarazioni contenutisticamente simili a quelle del ricorrente per poi, su sollecitazione del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, ricordare che il COGNOME avesse messo in rapporto i movimenti sospetti notati a Capaci, dopo, e non prima, detta strage; 2) il possesso da parte della RAGIONE_SOCIALE della Repubblica COGNOME dichiarazioni e dei verbali di intercettazione afferenti al COGNOME; 3 l’informativa con nota di protocollo n. 3705 – 51 – 1991 da cui non si traggono le circostanze narrate dal COGNOME, invero, smentite; 4) il verbale di interrogatorio del COGNOME del 22 gennaio 1993, da cui emerge che costui non conoscesse le sembianze di NOME COGNOME, apprezzate solo dopo il suo arresto, motivo che deponeva per l’impossibilità da parte del COGNOME di confidare al COGNOME di aver visto NOME COGNOME svolgere il ruolo di autista per NOME COGNOME.
Rilevante è, altresì, che COGNOME fosse intercettato prima che rendesse le dichiarazioni il 9 maggio 2022, captazioni da cui emerge la richiesta di una copia dell’informativa n. 3705 – 51 – 1991, già nella disponibilità dell’autorit giudiziaria nissena, rivolta al giornalista NOME COGNOME.
Non pertinente risulta il mero dato formale connesso alla diversità di procedimenti visto che le dichiarazioni depistanti si inseriscono nel medesimo contesto di indagine devoluto dalla nota trasmessa dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ad entrambe le Autorità giudiziarie (nissena e palermitana).
Il delineato quadro indiziario, fondato su dati precisi ed oggettivi della condotta effettuata dal dichiarante, era sufficiente per ritenere esistenti gli elementi che imponevano di procedere all’esecuzione dell’atto di indagine con le garanzie di cui all’art. 64 cod. proc. pen., non essendo invece necessaria la previa verifica del dolo specifico del delitto di cui all’art. 375 cod. pen.; doveva ritenersi sussistente, in ogni caso, il dolo generico sufficiente per l’integrazione sia del delitto di false informazioni al pubblico ministero che di quello di calunnia.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizi di motivazione in ordine alla gravità indiziaria per il delitto di cui all’art. 375 cod. pen.
Le difese premettono che ai fini dell’integrazione del delitto di depistaggio ex art. 375 cod. pen. è necessaria la rappresentazione di rendere dichiarazioni false (art. 375, primo comma, lett. b, cod. pen.) e la volontà diretta di causare lo sviamento investigativo (art. 375, primo comma, cod. pen.); deve ovviamente sussistere l’idoneità della condotta a ledere il bene protetto dalla norma.
2.2.1. Il Tribunale, invero, ha analizzato il solo dato oggettivo del mendacio senza rendere adeguata motivazione in ordine all’elemento soggettivo, rimanendo mero postulato privo di reale dimostrazione l’assunto secondo cui il ricorrente, che avrebbe letto l’informativa consegnatagli dal giornalista pochi giorni prima dello svolgimento dell’atto istruttorio e a seguito di puntuali specifiche e documentate contestazioni formulate dagli inquirenti, avrebbe mentito volontariamente su fatti che apoditticamente si afferma fossero a lui noti.
Poiché i fatti in merito ai quali si discorre risalgono a trenta anni fa, risul indimostrato che COGNOME conoscesse ogni particolare afferente agli atti della strage di Capaci ovvero il contenuto di tutti gli atti acquisiti al procedimento.
2.2.2. Anche con riferimento al dolo specifico richiesto dalla norma, specie per quel che concerne la finalità della condotta, il Tribunale argomenta facendo ricorso a mere formule di stile che non danno conto, sul piano indiziario, dell’«esistenza di concrete finalità depistanti ideate dal ricorrente» e della consapevolezza che il contenuto COGNOME proprie dichiarazioni mendaci fosse in grado di produrre un grave pregiudizio per le indagini. Né detta finalità è stata desunta da altri elementi, quali, per esempio, i rapporti di vicinanza a determinati ambienti politici o criminali in grado di indurlo a rendere dichiarazioni tese allo sviamento COGNOME indagini.
2.2.3. L’ordinanza non argomenta sul perché le dichiarazioni rese dal ricorrente fossero idonee a determinare lo sviamento di una indagine che, dopo tutto, era tesa ad accertare la possibile partecipazione di persone estranee al contesto mafioso nelle stragi di Capaci.
2.2.4. Quanto al delitto di calunnia, si osserva che l’accusa implicitamente rivolta al AVV_NOTAIO responsabile del procedimento è relativa a delitti ormai prescritti, circostanza che impone l’annullamento dell’ordinanza, quantomeno in parte qua, in ragione del “mutato periculum cautelare”.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce vizi di motivazione in ordine alla sussistenza COGNOME esigenze cautelari ex art. 274, comma 1, lett. a) e c), cod. proc. pen.
Risulta erronea la valorizzata reiterazione dei reati da parte del ricorrente rispetto a condotte che lo stesso Tribunale ha ritenuto inconferenti perché estranei o inutilizzabili.
Non coerente risulta la decisione là dove, al fine di apprezzare l’intensità dell’elemento psicologico in ordine al quale già carente si rivela la parte dell’ordinanza che avrebbe dovuto illustrare i gravi indizi di colpevolezza, ha ritenuto che COGNOME, per il ruolo rivestito, non potesse non rendersi conto che le proprie dichiarazioni avrebbero arrecato un grave pregiudizio alle indagini.
Nessuna motivazione si scorge quanto alla personalità dell’imputato o in merito all’attualità del pericolo di reiterazione, elemento, quest’ultimo, che viene evocato solo in ragione del breve lasso temporale intercorso rispetto alla commissione COGNOME condotte e perché sarebbe a conoscenza dei fatti per cui si indaga, elementi che nulla dicono sulla possibilità di reiterare i delitti per cui procede.
Quanto alle conversazioni con altri soggetti valorizzate al fine di dimostrare il pericolo di inquinamento probatorio, la circostanza che il ricorrente avesse sentito altre persone sulla stessa vicenda al fine di esprimere le proprie opinioni in ordine a fatti risalenti nel tempo afferisce al non comprimibile ambito della legittima manifestazione del pensiero che, se portata avanti senza l’utilizzo di metodi e modalità tali da imporre il proprio pensiero o le proprie idee sugli altri, non può certo compromettere la genuinità della prova.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo con cui si deduce l’inutilizzabilità COGNOME dichiarazioni rese 9 maggio 2022 alla RAGIONE_SOCIALE della Repubblica di Caltanissetta è infondato.
Il ricorrente fonda l’inutilizzabilità COGNOME dichiarazioni rese ai Pubblici Minist nisseni essenzialmente sulla emersione degli indizi di reato a suo carico già al
momento dell’assunzione di informazioni dinanzi al AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO di RAGIONE_SOCIALE il 12 gennaio 2022; secondo la difesa, tale aspetto, in ragione dell’unicità del tema di indagini demandato dalla RAGIONE_SOCIALE ad entrambe le autorità giudiziarie e della sovrapponibilità COGNOME dichiarazioni rese in dett differenti contesti, non avrebbe consentito conclusioni fondate su aspetti meramente formali tenuto conto della previa emersione degli indizi di reità a suo carico ex art. 63 cod. proc. pen.
1.1. Costituisce principio di diritto ormai consolidato quello secondo cui le dichiarazioni “indizianti”, a cui fa riferimento l’art. 63, comma 1, cod. proc. pen. sono quelle rese da un soggetto sentito come testimone o persona informata sui fatti che riveli circostanze da cui emerga una sua responsabilità penale, non invece quelle attraverso le quali il medesimo soggetto realizzi il fatto tipico i una determinata figura di reato quale il favoreggiamento personale, la calunnia o la falsa testimonianza (Sez. 6, n. 33836 del 13/05/2008, COGNOME, Rv. 240790; Sez. 2, n. 29581 del 07/07/2006, COGNOME, Rv. 234969); la giurisprudenza di legittimità ha, infatti, osservato come la suddetta norma di garanzia è ispirata al principio “nemo tenetur se detegere” che salvaguarda la persona che abbia commesso un reato e non quella che il reato debba ancora commettere (Sez. 6, n. 21116 del 31/03/2004, COGNOME, Rv. 229024; Sez. 3, n. 8634 del 18/09/2014, COGNOME., Rv. 262511).
Si tratta di indirizzi ermeneutici che sono stati confermati dalle Sezioni Unite di questa Corte che hanno chiarito che, se il dichiarante non è chiamato a rispondere di fatti diversi da quelli che integrano il tessuto COGNOME su dichiarazioni, non si realizza nessuna incompatibilità con l’ufficio di testimone, ponendosi solo un problema di attendibilità della deposizione da valutarsi secondo gli ordinari canoni, e non secondo la regola prevista dagli agli artt. 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 33583 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 264481 – 01).
La citata decisione, che ha fatto chiarezza in ordine allo statuto del dichiarante “debole”, ha avuto modo di svolgere ulteriori considerazioni relative ai criteri di attribuzione della qualità di imputato o indagato di reato connesso o collegato, nelle ipotesi in cui siano state proprio le dichiarazioni a far insorgere nei confronti del soggetto sentito, elementi indizianti del reato d favoreggiamento, di false informazioni al pubblico ministero o di calunnia: non sussistono motivi per ritenere che il principio non sia applicabile al caso in cui si realizzi il delitto di depistaggio – condotta provvisoriamente contestata al ricorrente – per mezzo di dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria.
Le Sezioni Unite hanno statuito l’utilizzabilità di dichiarazioni rese dal soggetto che, al momento della deposizione o della verbalizzazione dell’atto di
indagine (sommarie informazioni o assunzione di informazioni), rivestiva soltanto lo status di persona informata sui fatti, a nulla rilevando che il dichiarante abbia successivamente assunto la veste di imputato o indagato (cfr. in tal senso, Sez. 2, n. 38621 del 9 ottobre 2007, COGNOME Fazio, Rv. 238222) e si è affermato che «non si può “divenire” incompatibili con l’ufficio di testimone proprio a causa della funzione che si è legittimati a svolgere in quanto con essa compatibili», nel senso che, se il dichiarante è chiamato a rispondere solo dei reati che integrano il tessuto della sua deposizione, egli rimane compatibile con l’ufficio di testimone, ponendosi solo un problema di attendibilità COGNOME dichiarazioni.
Il mutamento dello status di dichiarante può, infatti, configurarsi, per le Sezioni Unite, solo qualora emerga una concorrente responsabilità di costui nel reato cui la deposizione si riferisce, o per altro reato connesso o collegato, senza che ciò costituisca una diretta conseguenza della deposizione.
1.2. Ciò posto, pertanto, non condivisibile risulta la pretesa del ricorrente di far derivare l’inutilizzabilità COGNOME dichiarazioni rese dal ricorrente dal prospetta carattere unitario COGNOME due indagini.
L’affermazione contenuta nel ricorso secondo cui le indagini portate avanti dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e da quella di Caltanissetta su impulso della RAGIONE_SOCIALE aveva sostanzialmente carattere unitario, non è fondata: i fatti per cui le due autorità giudiziarie indagano non possono ritenersi uguali o essere considerati unitariamente visto che, come anche messo in risalto nell’ordinanza impugnata (pag. 3), l’atto posto in essere dalla RAGIONE_SOCIALE generale di RAGIONE_SOCIALE il 12 gennaio 2022 è relativo a indagini in ordine al duplice omicidio pluriaggravato dell’agente della Polizia di Stato NOME COGNOME e della moglie, avvenuto il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini, mentre i fatti in ordine ai quali indaga la RAGIONE_SOCIALE della Repubblica di Caltanissetta sono afferenti al possibile coinvolgimento nelle citate stragi di mafia di persone legate ad associazioni sovversive legate all’RAGIONE_SOCIALE destra.
È, pertanto, irrilevante che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avesse inviato ad entrambe le autorità una nota con cui si dava atto della presenza del neofascista NOME COGNOME in Sicilia in un periodo di tempo compatibile con le stragi del 1992, elemento che non può aver avuto alcuna incidenza in ordine alla competenza funzionale o all’oggetto COGNOME due distinte indagini che, per quanto espressamente rilevato, sono e restano differenti.
Se, infatti, si parte dal presupposto che il delitto di depistaggio contestato al ricorrente sarebbe avvenuto proprio attraverso la dichiarazione resa nell’ambito dell’indagine tesa a verificare la partecipazione alle citate stragi di persone esterne a “RAGIONE_SOCIALE” siciliana, ipotizzando la partecipazione di esponenti della RAGIONE_SOCIALE destra, risulta evidente come su dette stragi non potesse indagare
RAGIONE_SOCIALE, ma esclusivamente Caltanissetta in considerazione della competenza funzionale ex art. 11 cod. proc. pen.
Poiché le indagini avevano ad oggetto l’accertamento di fatti di reato diversi, le dichiarazioni, seppure di analogo tenore, non avrebbero potuto assumere identica valenza nei due procedimenti. In assenza di elementi che portino a ritenere i reati per cui le due Procure indagano siano gli stessi, l’eventuale mendacio posto in essere in RAGIONE_SOCIALE il 12 gennaio 2022 non può aver avuto ripercussioni in ordine allo specifico depistaggio contestato in merito ai reati di strage per i quali procede la RAGIONE_SOCIALE della Repubblica di Caltanissetta.
Corretto, sul punto, risulta quanto osservato (a pag. 11, terzo e quarto capoverso) dall’ordinanza impugnata nella parte in cui – espressamente – rileva la diversità dei due procedimenti, non solo sotto il profilo formale, ma eminentemente sostanziale.
1.3. Per le ragioni sopra esposte, nessuna rilevanza può assumere la conoscenza di elementi da cui desumere, già al momento della esecuzione dell’atto di indagine, la falsità COGNOME dichiarazioni in precedenza (12 gennaio 2022) rese.
Nondimeno si rileva, anche al fine di confutare l’ipotizzata necessità di interrompere l’atto ex art. 63, comma 1, cod. proc. pen., che la verifica del contestato delitto di depistaggio non si esaurisce nella valutazione in merito alla falsità o meno COGNOME dichiarazioni rese (semmai rilevante ai fini dell’astratta ipotizzabilità di altri reati, quale, ad esempio, quello di false dichiarazioni pubblico ministero). Il delitto di depistaggio implica, da un canto, l’idoneità dell dichiarazione ad assumere valenza depistante, dall’altra, la consapevolezza COGNOME ripercussioni del proprio operato sul merito alle indagini.
Così stando le cose, si rivela corretta la parte della motivazione che dà conto del fatto che, nonostante fossero a disposizione della RAGIONE_SOCIALE della Repubblica di Caltanissetta plurimi elementi, tra cui le precedenti dichiarazioni rese a RAGIONE_SOCIALE, la volontaria falsità COGNOME dichiarazioni poteva emergere solo dopo che costui aveva avuto contezza del contenuto dell’informativa in possesso del giornalista (evidentemente in precedente consegnata dal ricorrente) acquisita dopo lo svolgimento dell’atto istruttorio.
Solo quando si apprendeva che l’atto nella disponibilità del ricorrente era sostanzialmente identico a quello in possesso degli inquirenti da cui poteva ricavarsi l’impossibilità che il COGNOME avesse potuto confidare al COGNOME che NOME COGNOME svolgesse il ruolo di autista di NOME COGNOME e escludersi che lo stesso confidente avesse potuto riferire dell’imminente compimento di azioni di rilievo (quali la strage di Capaci), quell’Autorità giudiziaria a veva reputato di
iscrivere, successivamente al 12 maggio 2022, il ricorrente quale indagato in ordine ai delitti per cui si procede.
Coerente e logica, pertanto si rivela la motivazione in punto di utilizzabilità resa dal Tribunale del riesame che ha, in conclusione, osservato che sino a quel momento non potesse in alcun modo escludersi che la distanza temporale dai fatti avesse inciso sul ricordo del COGNOME. Così come corretta risulta la qualificazione COGNOME dichiarazioni rese quale corpo del reato afferente alle ipotesi contestate, visto che proprio attraverso dette dichiarazioni sono state integrate le stesse.
Una volta giustificato attraverso corretti argomenti giuridici l’operato della RAGIONE_SOCIALE della Repubblica nissena che aveva sentito quale persona informata sui fatti il ricorrente in quanto sino a quel momento nulla portava a ritenere, visto il tempo trascorso, che il COGNOME intendesse rendere false dichiarazioni in ordine al diverso procedimento sul quale veniva sentito a Caltanissetta ed accertata la differenza dei procedimenti nei quali erano state rese, nessuna incidenza assumono i plurimi rilievi evidenziati nel ricorso in merito alla sussistenza di elementi valorizzabili quali indizi di reato tali da necessitare, a pena di inutilizzabilità, di preliminari avvisi ex arto 64 e l’operatività del disposto contenuto nel comma 1 dell’art. 63, cod. proc. pen.
1.4. Nessun effetto può produrre in questa sede la sollecitazione svolta in udienza (in tal senso verbalizzata) con cui si richiede a questa Corte la pronuncia, d’ufficio, in merito alla competenza territoriale dell’autorità giudiziari di RAGIONE_SOCIALE, aspetto sottratto al preliminare vaglio del giudice di merito e comunque inconferente in ragione della rilevata differenza dei procedimenti.
Fondato risulta, invece, il secondo motivo in ordine alla dedotta carenza, se non proprio assenza, di motivazione in merito al profilo del necessario elemento soggettivo.
2.1 Le ipotesi provvisorie di accusa muovono dal presupposto che il ricorrente abbia affermato il falso allorché dichiarava di aver ricevuto la confidenza da parte del COGNOME (in periodo precedente alla ufficiale collaborazione con la giustizia), che NOME COGNOME svolgesse il ruolo di autista di NOME COGNOME e che a Capaci vi fossero degli “strani movimenti” tali da ingenerare il sospetto dell’imminente organizzazione di fatti eclatanti.
Le notizie in esame, sulla base di quanto emerge dall’ordinanza impugnata, sarebbero risultate false, sia perché plurimi elementi portavano ad escludere che il COGNOME conoscesse le sembianze di NOME COGNOME se non dopo le immagini viste in occasione della cattura e che pertanto potesse aver potuto parlare del ruolo di autista del COGNOME, sia perché lo stesso COGNOME aveva ricondotto – e
in tali termini confidato – gli strani movimenti notati a Capaci prima del grave attentato ad un attentato ai suoi danni.
Il Tribunale ha reso adeguata motivazione sul perché tali dichiarazioni fossero certamente false e le ragioni che escludevano che il ricorrente, in quanto in possesso dell’informativa avente nota di protocollo n. 3705-51-1991, dalla quale era possibile ricavare il mendacio, avesse volontariamente insistito nel sostenere, nonostante le puntuali sollecitazioni e prospettazioni da parte degli inquirenti, le suddette mendaci tesi.
La sussistenza dei gravi indizi, anche cori riferimento al necessario elemento soggettivo, è stata fondata sul valorizzato ruolo che all’epoca ricopriva il COGNOME e dalla protervia attraverso cui ha continuato ad affermare tale falsa ricostruzione degli eventi che avrebbe esposto ai superiori gerarchici ed al AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO che coordinava le indagini in epoca precedente alle stragi ed all’arresto di NOME COGNOME.
La tesi portata avanti dal ricorrente tende ad evidenziare che, qualora le confidenze ricevute dal COGNOME fossero state adeguatamente apprezzate dal dott. COGNOME – Sostituto RAGIONE_SOCIALEtore delegato alle indagini che avrebbe omesso di adottare i conseguenziali provvedimenti -, sarebbe stato possibile arrestare NOME COGNOME, allora latitante e, di conseguenza, interrompere la catena causale che aveva portato all’esecuzione del piano stragista del 1992.
2.2. Rende palese la dedotta assenza di motivazione in punto di elemento soggettivo, che si risolve nella mera enunciazione del volontario mendacio COGNOME dichiarazioni, il tenore dell’art. 375 cod. pen.,, che, per quel che in questa sede rileva, punisce il pubblico ufficiale che, al fine di impedire, ostacolare o sviar un’indagine o un processo penale afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, anche parzialmente, quanto a conoscenza sui fatti in merito ai quali viene sentito.
Come messo in evidenza da questa Corte (Sez. 6, n. 23375 del 10/07/2020, Senatore, Rv. 279601), la previsione del nuovo art. 375 cod. pen., per come sostituito dall’art. 1, comma 1, I. n. 133 del 2016, trova la sua ragione storica nella necessità di predisporre un’adeguata reazione ai gravi e reiterati episodi che avevano visto appartenenti alle istituzioni, nel corso di importanti processi in materia di eversione dell’ordine costituzionale, terrorismo e materie affini, rendere dichiarazioni depistanti.
Venuto meno ogni riferimento al reato presupposto, si rileva che la questione che interessa la presente vicenda ex art. 375, primo comma, lett. b), cod. pen. costituisce ipotesi speciale di illecito penale rispetto al delitto di fal informazioni al pubblico ministero o al ‘AVV_NOTAIO della Corte penale internazionale (art. 371-bis cod. pen.) e di falsa testimonianza (art. 372 cod.
pen.), dei quali condivide le modalità di consumazione (afferma il falso o nega il vero, rende dichiarazioni false ovvero tace in tutto o in parte ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito), potendo anche essere integrato in occasione di sommarie informazioni dinanzi alla polizia giudiziaria. L’aspetto propriamente specializzante emerge, piuttosto che dalla qualità soggettiva dell’agente quale pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, dall’intento (dolo) perseguito di voler ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale.
Ovvio, pertanto, che se l’elemento materiale impone che l’affermazione mendace debba presentare una indubbia idoneità a costituire quantomeno il rischio di impedire, ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale, elemento specializzante la fattispecie in esame rispetto alla differente ipotesi prevista dall’art. 371-bis cod. pen. (false dichiarazioni rese a pubblico ministero) per la cui integrazione è sufficiente la volontaria dichiarazione mendace, è necessaria la consapevolezza che la dichiarazione mendace sia idonea a cagionare un grave pregiudizio per le indagini,
2.3. Essendo questo l’ambito entro cui effettuare un’adeguata analisi per poter apprezzare la specificità della condotta depistante, gravemente lacunosa risulta la motivazione che, come anticipato, si risolve nella mera enunciazione COGNOME ragioni della volontaria falsità del propalato, senza alcun elemento che deponga per la volontaria azione depistante.
Ciò era tanto più necessario in quanto non era immediatamente percepibile, invero, la rilevanza che assumevano le dichiarazioni false sul nucleo centrale del contenuto COGNOME indagini della RAGIONE_SOCIALE della Repubblica presso il Tribunale di Caltanisetta afferente al concorso nelle stragi di soggetti estranei a “RAGIONE_SOCIALE” ed appartenenti ad ambienti dell’eversione dell’RAGIONE_SOCIALE destra, tra cui, NOME COGNOME.
Il dato assume spiccata rilevanza se solo si osserva che, nonostante il Giudice COGNOME indagini preliminari avesse posto l’accento – nel rigetto della misura – prevalentemente sull’apprezzata inutilizzabillità COGNOME dichiarazioni, ciò non gli ha impedito di ponderare le ragioni che potevano essere alla base della condotta del COGNOME allorché insisteva nella propria tesi mendace, osservando (pagg. 364 e seguenti dell’ordinanza del giudice COGNOME indagini preliminari di Caltanissetta) che la protervia di costui trovasse una spiegazione nella «naturale propensione di COGNOME ad “enfatizzare” oltremodo (anche assumendosi il rischio di sconfinare nel mendacio) i risultati investigativi da lui raggiunti all’epoca».
La motivazione della decisione reiettiva del Giudice dava conto della personalità del COGNOME, non nuovo ad atteggiamenti di vanteria, di plateali ed erronee ricostruzioni e contrasti con i superiori e i pubblici ministri.
Seppure lo stesso Giudice COGNOME indagini preliminari avesse, comunque, riconosciuto alcuni evidenti meriti nell’opera investigativa del ricorrente, essendo stato tra i primi ad avere alcune intuizioni che avevano consentito di perseguire importati risultati, proprio tale aspetto ambivalente avrebbe imposto al Tribunale del riesame, una volta superata la questione relativa all’utilizzabilità COGNOME dichiarazioni ed apprezzata la falsità COGNOME informazioni rese al AVV_NOTAIO Ministro, di spiegare le ragioni che portavano a ritenere che il mendacio fosse, quantomeno in termini di gravità indiziaria, riconducibile alla volontà depistante, elemento, tra l’altro, di non immediata percezione a causa della palese asimmetria esistente tra oggetto dell’accertamento (concorso in strage) e contenuto COGNOME dichiarazioni false.
Come evidenziato da questa Corte, il delitto in esame – pur non richiedendo la rappresentazione dello specifico reato rispetto al quale la condotta genera un effetto depistante – sul piano soggettivo richiede la consapevolezza che la condotta manipolatrice sia suscettibile di incidere con effetto inquinante su un’indagine in corso (in tal senso Sez. 6, n. 34271 del 27/04/2022, Paccione, Rv. 283727, in ipotesi di depistaggio materiale).
Un ipotizzato depistaggio nell’ambito di una indagine tesa ad accertare la eventuale presenza di persone estranee alla mafia nell’organizzazione ed esecuzione COGNOME stragi di Capaci e di Via D’Amelio avrebbe necessitato di una adeguata spiegazione della consapevolezza che tali dichiarazioni, al di là del mendacio, avessero la finalità di «impedire, ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale» con particolare riferimento a quella oggetto di accertamento da parte dell’autorità giudiziaria nissena.
Nulla di tutto ciò è stato evidenziato dal Tribunale che ha omesso ogni riferimento in merito alla sussistenza del dolo del delitto di depistaggio con particolare riferimento alla sussistenza della consapevolezza che la condotta manipolatrice realizzatasi per mezzo COGNOME dichiarazioni rese agli inquirenti nisseni fosse suscettibile di incidere con effetto inquinante su un’indagine in corso.
3. Seppure la carenza in ordine alla gravità indiziaria quanto al profilo soggettivo apprezzata da questa Corte avrebbe implicato, in astratto, l’annullamento con rinvio della decisione (in assenza di censura rivolta alla parte dell’ordinanza che ha ritenuto esistente la gravità indiziaria per il delitto d calunnia nei confronti del AVV_NOTAIO, visto che nel ricorso si esprime un giudizio di sufficienza della motivazione, rilevando che la falsa accusa riguarderebbe reati ormai prescritti, evenienza che dovrebbe essere valutata in ordine al «periculum cautelare»), la fondatezza del terzo motivo di
ricorso per assenza di idonea motivazione in ordine al rischio di recidiva e di inquinamento probatorio ex art. 274, comma 1, lett. a) e c), cod. proc. pen. impone l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
3.1. Ed invero, in ordine alle ritenute esigenze cautelari, con particolare riferimento al rischio di reiterazione di analoghe condotte delittuose, non può non osservarsi, come il Tribunale abbia posto l’accento unicamente sulla pervicace volontà di tenere ferme le dichiarazioni rese e l’assenza di un ripensamento, di fatto spostando l’attenzione dalla verifica del pericolo di recidiva in direzione del non sovrapponibile tema della futura mancata collaborazione, aspetto non tutelabile per mezzo di misure cautelari (in tal senso esplicito l’art. 274, comma 1, lett. a, secondo periodo, cod. proc. pen.) e comunque irrilevante se si considera che NOME COGNOME potrà sempre astenersi dal rendere ulteriori dichiarazioni sul medesimo tema, come espressamente evidenziato dal Tribunale nella parte in cui ha ritenuto certamente inutilizzabili le dichiarazioni successive al 9 maggio 2022 proprio perché rese in assenza degli avvisi di legge ex art. 64 cod. proc. pen..
Inconferente, inoltre, risulta l’accenno alla datazione dei fatti ed alla pregressa attività di luogotenente dell’Arma svolta, aspetti non idonei ad evidenziare il necessario attuale a concreto pericolo di recidiva in ordine a reati della stessa indole.
Se, infatti, la datazione recente dei fatti può anche costituire, unitamente ad altri, elemento idoneo a corroborare il rischio di recidiva, non lo stesso può dirsi quando la possibile recidiva in ordine a reati dello stesso tipo sia in concreto preclusa dall’impossibilità di rendere analoghe dichiarazioni depistanti o calunniose per le ragioni sopra espresse.
3.2. Anche con riferimento al rischio di inquinamento probatori, assertiva risulta la valorizzata circostanza che avrebbe visto il ricorrente interloquire con altri soggetti, contesti in cui avrebbe ribadito la propria tesi ritenuta depistant (pag. 27 ordinanza impugnata: “dialoghi nel corso dei quali il COGNOME ripropone le sue tesi depistanti con il rischio di incidere sulla genuinità del ricordo”), m che espressa nei termini di un pacifico confronto ed in assenza di capacità inquinante laddove manifestava agli interlocutori la propria versione, trova una logica e per nulla inquinante spiegazione nella necessità di un confronto con colleghi e superiori rispetto a fatti risalenti a trenta anni prima.
Né il Tribunale ha enunciato in RAGIONE_SOCIALE consistano le specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini in relazione a situazioni di attuale ed il concreto pericolo, su cui fondare il ritenuto rischio di inquinare le indagini; a detta lacun non sopperisce la riferita necessità di (testuale) «individualizzare con maggiore precisione gli elementi probatori che possano dare concretezza all’ipotesi
investigativa» al cospetto di un «quadro probatorio tutt’altro che sempl purtroppo in larga parte pregiudicato dal decorso del tempo e già inquinato dalle condotte degli odierni indagati», argomentazione che si rivela distante inconciliabile con la previsione di cui all’art. 274, comma 1, lett. a), cod pen. in tema di inquinamento probatorio.
3.3. A fronte, pertanto, di dichiarazioni che si assume siano depistanti e netto dei limiti sopra espressi in merito all’elemento soggettivo, non sussis le esigenze cautelari alla base del provvedimento impugnato, non avendo i Tribunale evidenziato quali siano le concrete ed attuali esigenze cautelari ta giustificare la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di un uf di polizia giudiziaria in quiescenza, incensurato ed impossibilitato, per le ra sopra espresse, a reiterare reati della stessa specie di quelli per cui si pro
L’insussistenza di concrete ed attuali esigenze cautelari per le ra sopra espressa e l’impossibilità di colmare tali lacune comporta l’annullame senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.
Così deciso il 20/12/2023.