Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 6231 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 6231 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Civitanova Marche il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 08/06/2023 dal Tribunale di Macerata lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; generale NOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa 1’8 giugno 2023 il Tribunale di Macerata, quale Giudice dell’esecuzione, per quanto di interesse ai presenti fini, rigettava l’istanza presentata da NOME COGNOME, finalizzata a ottenere la revoca delle sentenze irrevocabili di condanna riportate dall’istante per il reato di danneggiamento, per effetto della depenalizzazione di tale fattispecie introdotta dall’art. 2, comma 1, lett. /), d.lgs. 16 gennaio 2016, n. 7.
Si riteneva, infatti, che i fatti di reato per i quali COGNOME era stato condannat non erano sussumibili nell’art. 2 d.lgs. n. 7 del 2016, che aveva operato una parziale depenalizzazione del reato di danneggiamento tipizzato dall’art. 635 cod. pen.
Avverso questa ordinanza NOME AVV_NOTAIO, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, ricorreva per cassazione, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti alla ritenuta insussistenza dei presupposti per la revoca delle sentenze irrevocabili di condanna riportate dall’istante per il reato di cui all’art. 635 cod. pen., così come riformulato dall’art. 2, comma 1, lett. /), d.lgs. n. 7 del 2016.
Si deduceva, in proposito, che i reati di danneggiamento controversi risultavano contestati a COGNOME nella forma semplice, antecedente alla riformulazione dell’art. 635 cod. pen., con la conseguenza che le condanne irrogate al ricorrente dovevano essere revocate, riguardando fattispecie per le quali era intervenuta la depenalizzazione di cui all’art. 2 d.lgs. n. 7 del 2016.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è fondato nei termini di seguito indicati.
Osserva il Collegio che l’istanza presentata da NOME COGNOME presupponeva che il Tribunale di Macerata compisse una verifica preliminare, finalizzata a stabilire la sussistenza dei presupposti per revocare le condanne riportate dall’istante per il reato di danneggiamento, ex art. 635 cod. pen., così come riformulato dall’art. 2, comma 1, lett. /), d.lgs. n. 7 del 2016. Tale disposizione com’è noto, nella sua nuova formulazione prevede la condanna di chiunque «distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla persona o con minaccia ovvero in occasione di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto previsto dall’articolo 331 ».
Questa verifica giurisdizionale, a sua volta, comportava l’enucleazione delle condotte di danneggiamento per le quali COGNOME era stato condannato con le decisioni irrevocabili presupposte, indispensabile per valutare se i suoi comportamenti criminosi rientrassero nell’ambito applicativo della depenalizzazione parziale delle condotte di danneggiamento, introdotta dall’art. 2, comma 1, lett. I), d.lgs. n. 7 del 2016.
Tenuto conto di questi, ineludibili, parametri normativi, l’ordinanza adottata dal Tribunale di Macerata non soddisfa i requisiti indispensabili per ritenere compiuta una verifica sull’insussistenza dell’aboliti° criminis delle condotte di danneggiamento del ricorrente, determinata dal novellato art. 635 cod. pen., idonea a giustificare il rigetto dell’istanza presentata da NOME COGNOME.
Si consideri, in proposito, che, per giustificare il rigetto, il Tribunale Macerata si limitava ad affermare, in termini assertivi e generici, che le condotte illecite di COGNOME non rientravano nella depenalizzazione parziale delle condotte di danneggiamento prefigurata dal d.lgs. n. 7 del 2016.
Il Giudice dell’esecuzione, infatti, si limitava ad affermare, a pagina 5 del provvedimento censurato, che le ipotesi di danneggiamento presupposte non erano «interessate dalla depenalizzazione, trattandosi di fattispecie delittuose aventi ad oggetto edifici pubblici ovvero beni esposti per necessità o consuetudine alla pubblica fede».
Tuttavia, il Giudice dell’esecuzione non dava conto né della natura giuridica dei beni sui quali si erano concretizzate le attività di danneggiamento poste in essere da COGNOME né dai procedimenti penali in cui tali condotte illecite erano state giudicate con esito sfavorevole per il ricorrente. Non si comprendeva, in questo modo, quale fosse l’oggetto della verifica compiuta in executivis dal Tribunale di Macerata in relazione ai comportamenti criminosi per i quali si invocava la revoca delle sentenze di condanna, che non venivano indicati, se non mediante un generico riferimento alle modifiche normative introdotte dall’art. 2, comma 1, lett. I), d.lgs. n. 7 del 2016, inidoneo a consentire l’individuazione dei ben danneggiati.
Su questi, imprescindibili, dati processuali, dunque, si imponeva una verifica giurisdizionale analitica, finalizzata a escludere che la tipologia delle condotte illecite poste in essere da COGNOME – che, come detto, non venivano richiamate nemmeno per relationem -, rientrassero nell’ambito applicativo della depenalizzazione parziale delle condotte di danneggiamento introdotta dal d.lgs. n. 7 del 2016.
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Ricostruito in questi termini il percorso argomentativo seguito dal Tribunale di Macerata nel respingere l’istanza avanzata da NOME COGNOME, è indubitabile che, in assenza di indicazioni provvedimentali sui beni su cui si erano concentrate le attività di danneggiamento del ricorrente, effettuate anche solo per relationem, ci si trovi di fronte a una motivazione apparente, che ricorre quando la sequenza argomentativa è «tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso d giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente» (Sez. 5, n. 24862 del 19/05/2010, COGNOME, Rv. 247682 – 01).
Le considerazioni esposte impongono l’annuillamento dell’ordinanza impugnata, con il conseguente rinvio al Tribunale di Macerata per un nuovo giudizio, che dovrà essere eseguito nel rispetto dei principi di diritto che si sono enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per un nuovo giudizio al Tribunale di Macerata.
Così deciso il 5 dicembre 2023.