LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Denuncia-querela: la volontà di punire deve essere chiara

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46570/2024, ha stabilito che per la procedibilità di un reato non è sufficiente il titolo “denuncia-querela” dato all’atto dalla polizia. È indispensabile che dal contenuto delle dichiarazioni della vittima emerga una chiara e inequivocabile volontà di punire il colpevole. Un semplice racconto dei fatti, senza una esplicita istanza punitiva, determina il difetto di querela e l’improcedibilità dell’azione penale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Denuncia-querela: Quando il Titolo Non Basta per Punire il Colpevole

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 46570 del 2024 offre un chiarimento fondamentale su un tema cruciale della procedura penale: la validità della denuncia-querela. Spesso si crede che recarsi presso le forze dell’ordine e far redigere un verbale con questa intestazione sia sufficiente per avviare un’azione penale. La Suprema Corte, tuttavia, ribadisce un principio cardine: la forma non prevale sulla sostanza. Se dalla dichiarazione della vittima non emerge una chiara volontà di punire il responsabile, il processo non può proseguire.

I Fatti del Caso: Il Furto e il Processo Arenato

Il caso ha origine dal furto di una bicicletta elettrica. L’imputato, inizialmente condannato in primo grado per furto aggravato, era stato successivamente prosciolto dalla Corte d’Appello di Firenze. Il motivo? La mancanza di una valida querela. La Corte territoriale aveva infatti rilevato che, sebbene la persona offesa avesse sporto una denuncia, descrivendo l’accaduto e le circostanze del furto, non aveva mai manifestato, né esplicitamente né implicitamente, la volontà che si procedesse penalmente contro l’autore del reato.

L’Appello del Procuratore e il Valore della denuncia-querela

Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato. Secondo il ricorrente, l’esistenza di un atto formalmente qualificato come “verbale di ricezione di denuncia-querela” avrebbe dovuto essere considerato sufficiente a dimostrare l’intento punitivo della vittima. L’argomentazione si basava sull’idea che il nomen iuris dato all’atto dalla polizia giudiziaria fosse di per sé prova della volontà della parte offesa.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici d’appello e fornendo motivazioni nette e precise. I giudici hanno sottolineato che, per i reati perseguibili a querela di parte, la volontà di chiedere la punizione del colpevole deve essere espressa in modo chiaro e non equivocabile. Non sono necessarie formule specifiche o frasi sacramentali, ma l’istanza punitiva deve potersi desumere senza incertezze dal contenuto dell’atto.

Nel caso specifico, la Corte ha osservato che le dichiarazioni della persona offesa si limitavano a una mera cronaca dei fatti: la descrizione del furto della bicicletta e la successiva segnalazione alle forze dell’ordine. In nessun punto del verbale, al di là della sua intestazione, emergeva una richiesta di punizione per il responsabile. Pertanto, la valutazione fatta dalla Corte d’Appello era corretta e logicamente argomentata.

La Suprema Corte ha inoltre qualificato il ricorso del Procuratore come generico, poiché si concentrava unicamente sull’aspetto formale (l’intestazione dell’atto) senza contestare l’analisi sostanziale del suo contenuto. L’appello non si confrontava con il dato cruciale: l’assenza totale, nelle parole della vittima, di una manifestazione di volontà punitiva.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per le vittime di reato e per i loro difensori. Per i reati perseguibili a querela, non basta denunciare un fatto. È essenziale manifestare in modo esplicito la volontà che il responsabile venga perseguito penalmente. Affidarsi al solo titolo che la polizia giudiziaria attribuisce al verbale è un errore che può compromettere l’intero procedimento penale. La volontà punitiva è il motore dell’azione penale in questi casi, e se questo motore non viene acceso chiaramente, la giustizia non può mettersi in moto.

È sufficiente che un atto sia intitolato “denuncia-querela” perché sia valido ai fini della procedibilità?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte di Cassazione, ciò che conta è il contenuto sostanziale dell’atto, dal quale deve emergere in modo chiaro e inequivocabile la volontà della persona offesa di ottenere la punizione del colpevole.

Cosa deve contenere una querela per essere considerata valida?
Una querela, pur non richiedendo formule particolari, deve contenere la manifestazione della volontà che si proceda penalmente nei confronti dell’autore del reato. La semplice narrazione dei fatti, senza alcuna istanza punitiva, non è sufficiente.

Perché il ricorso del Procuratore Generale è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché generico. Si è limitato a criticare la sentenza d’appello basandosi solo sull’intestazione dell’atto (“verbale di denuncia/querela”), senza confrontarsi con la motivazione principale della Corte, ovvero l’assenza, nel contenuto delle dichiarazioni della vittima, di qualsiasi volontà di punire il responsabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati