Denuncia Querela: Quando la Sostanza Prevale sulla Forma
Nel processo penale, alcuni atti formali sono indispensabili per avviare un procedimento. Tra questi, la denuncia querela assume un ruolo cruciale per i reati non perseguibili d’ufficio. Ma cosa succede se un atto è formalmente intitolato ‘denuncia’ ma nel suo contenuto esprime chiaramente la volontà di ‘querelare’? Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la sostanza della volontà manifestata dalla persona offesa prevale sulla forma e sull’intestazione dell’atto.
I Fatti del Caso
Il caso origina da una condanna per tentato furto aggravato, confermata dalla Corte di Appello di Milano. L’imputato, già gravato da precedenti penali, ha proposto ricorso per cassazione basandosi su un unico motivo: il difetto della condizione di procedibilità. Secondo la difesa, mancava una valida querela da parte della persona offesa, elemento indispensabile per poter procedere legalmente per quel tipo di reato.
Il Motivo del Ricorso: Validità della Denuncia Querela
Il punto centrale del ricorso verteva sulla qualificazione dell’atto redatto dalla Polizia Giudiziaria il giorno stesso del fatto. L’atto era stato intestato come ‘verbale di denuncia orale’. La difesa sosteneva che tale intestazione escludesse la presenza di una querela, rendendo l’azione penale improcedibile.
L’argomento difensivo si fondava su un formalismo procedurale: se l’atto è una ‘denuncia’, non può valere come ‘querela’, anche se i fatti descritti corrispondono a un reato procedibile a querela di parte. Questa interpretazione avrebbe portato all’annullamento della condanna per un vizio di procedura.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso ‘manifestamente infondato’ e quindi inammissibile. I giudici hanno chiarito che, per valutare la natura di un atto, non ci si deve fermare alla sua intestazione formale, ma è necessario analizzarne il contenuto sostanziale. Nel caso specifico, il verbale, sebbene intitolato ‘di denuncia orale’, conteneva nella sua parte contenutistica una dichiarazione inequivocabile da parte della persona offesa. La vittima, dopo aver letto il verbale, lo aveva sottoscritto, e al suo interno era presente la formula esplicita: ‘<>’. Questa espressione, secondo la Corte, manifesta in modo palese e diretto la volontà della persona offesa di perseguire penalmente l’autore del reato. La volontà di punizione, che è l’elemento qualificante della querela, era quindi stata chiaramente espressa e formalizzata con la sottoscrizione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza consolida il principio secondo cui, in tema di condizioni di procedibilità, la volontà effettiva della persona offesa prevale su eventuali imprecisioni formali o terminologiche degli atti redatti dalle forze dell’ordine. La decisione sottolinea che l’elemento determinante è la chiara manifestazione di volontà di perseguire il colpevole, non il ‘nomen iuris’ attribuito al documento. Per il ricorrente, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000,00 euro. Per il sistema giudiziario, si tratta di una conferma importante che privilegia la giustizia sostanziale rispetto al mero formalismo, garantendo che la tutela della vittima non sia vanificata da semplici errori di compilazione.
Un errore nel titolo di un atto della polizia giudiziaria può invalidare una querela?
No, secondo la Corte di Cassazione non è l’intestazione dell’atto (es. ‘verbale di denuncia orale’) a determinarne la natura, ma il suo contenuto sostanziale e la volontà espressa dalla parte.
Cosa rende valida una denuncia querela?
Ciò che la rende valida è la manifestazione esplicita e inequivocabile della volontà della persona offesa di perseguire penalmente l’autore del reato, come l’uso della formula ‘sporgo formale denuncia querela’ sottoscritta dall’interessato.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente in questo caso?
Il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 Euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30241 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30241 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/03/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
– che COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in data 21 marzo 2024, che ha confermato la condanna inflittagli per il reat di cui agli artt. 56, 624 e 625, comma 1, n. 2 cod. pen., aggravato dalla recidiva ex art 99, comma 4, cod. pen. (fatto commesso in Trezzo sull’Adda il 4 maggio 2017);
che l’impugnativa, sottoscritta dal difensore, consta di un solo motivo;
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il proposto motivo, che eccepisce il difetto di condizione di procedibilità in relazion delitto contestato e ritenuto, è manifestamente infondato, posto che, al di là della intestazi dell’atto, redatto dalla Polizia Giudiziaria in data 4 maggio 2017, « come verbale di denunci orale», nella parte contenutistica dello stesso è esplicitamente manifestata la volontà del persona offesa, che ha sottoscritto il verbale dopo averlo letto, di perseguire l’autore del rea volontà espressa mediante la formula:«sporgo formale denuncia querela».;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’8 luglio 2024