Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 34711 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 34711 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord, avverso l’ordinanza del 9 gennaio 2025 del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli Nord;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, del foro di Roma, che ha concluso per la inammissibilità o, in subordine, per la infondatezza del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 9 gennaio 2025 – decidendo quale giudice di rinvio a seguito della sentenza della Corte di cassazione n. 11832 dell’8 febbraio 2024 (che aveva annullato una precedente ordinanza emessa in data 1 settembre 2023), il Tribunale di Napoli Nord, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato: 1) la nullità dell’ordine di sgombero dell’immobile sito in INDIRIZZO, emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord; 2) la nullità dell’ordine di demolizione di tale manufatto, nella parte eccedente le opere per le quali era stato emesso il decreto penale di condanna.
1.1. Più in particolare, valorizzando le conclusioni della perizia disposta a seguito della sentenza rescindente, il giudice del rinvio ha ritenuto che le opere indicate nel provvedimento da eseguire rappresentino un “volume secondario, facilmente rimovibile rispetto al complesso principale” (p. 7), senza che da ciò possa derivare alcun pregiudizio per la staticità dell’immobile.
Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord, deducendo in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con un unico motivo si lamenta violazione di legge, in relazione agli artt. 31 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e art. 7 legge 28 febbraio 1985, n. 47.
Osserva il ricorrente, richiamando le considerazioni svolte dall’AVV_NOTAIO (nominato direttore dei lavori nella procedura esecutiva) che è impossibile procedere alla demolizione delle sole opere indicate nel decreto penale di condanna, perché ciò implicherebbe la ricostruzione di parte delle opere in condizioni, si osserva, di incertezza statica, in zona ad elevato rischio sismico.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
All’esame dei motivi di ricorso è utile premettere che con decreto penale di condanna emesso in data 22 gennaio 2018 (irrev. 22 marzo 2019), NOME COGNOME, dante causa dell’COGNOME, è stata condannata al pagamento di una ammenda per il reato di cui all’art. 44 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, nonché alla demolizione delle opere eseguite.
Per come accertato nel titolo esecutivo, l’abuso è consistito nell’ampliamento, rispetto a quanto assentito, della superficie residenziale netta per 41,90 mq e 121,51 mc, con trasformazione in tettoia di un frangisole e mutamento di destinazione d’uso di un locale sito al piano terra.
Decidendo l’incidente proposto da NOME COGNOME, il Giudice dell’esecuzione, con ordinanza emessa in data 1 settembre 2023, ha dichiarato la nullità dell’ordine di sgombero emesso dal Procuratore della Repubblica, poiché relativo a tutto l’immobile, e quindi anche ad opere non indicate nell’originario capo di imputazione.
2.1. Su ricorso della parte pubblica, la Corte di cassazione ha annullato tale ordinanza.
Dopo aver chiarito che la condanna ha riguardato una ipotesi di difformità totale (con conseguente inapplicabilità dell’art. 34, comma 2, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 – c.d. fiscalizzazione dell’abuso), questa Corte ha sottolineato che nell’ipotesi in cui la contravvenzione concerne un’opera in totale difformità dalla concessione e riguarda una parte di un organismo con specifica rilevanza e autonomamente utilizzabile ovvero attiene ad un organismo edilizio costituito da un piano, integralmente diverso per caratteristiche da quello assentito, in modo da determinare un maggiore volume oppure una variazione essenziale di parametri urbanistici, il giudice deve ordinare la demolizione, che deve riferirsi a tutti gli interventi che hanno comportato tale difforme utilizzazione ovvero l’alterazione sostanziale e rilevante della cubatura (p. 5).
Sempre con la sentenza rescindente si è inoltre precisato che “nel caso di difformità per diversa utilizzazione (nella specie il raddoppio della superficie di un futuro esercizio commerciale attraverso lavori di modificazione al piano interrato), la demolizione deve essere limitata ai soli interventi, che hanno determinato tale conseguenza e non all’intera struttura” (p. 5).
Venendo ai motivi di ricorso, il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, valorizzando gli esiti di una perizia disposta d’ufficio, ha ritenuto tecnicamente possibile la demolizione delle sole opere abusive (non dell’intero immobile, ritenuto inscindibile dal pubblico ministero sulla base di una consulenza tecnica), senza che ciò arrechi alcun pregiudizio alla staticità dell’intero immobile.
Pertanto, correttamente interpretando il compito demandatogli dalla sentenza rescindente, ha nuovamente annullato l’ordine di sgombero in relazione alle opere non oggetto del decreto penale di condanna.
3.1. Più in particolare, all’esito di due sopralluoghi, e delle necessarie verifiche in punto di staticità, il perito ha infatti evidenziato che le opere questione sono separabili dal resto dell’immobile trattandosi, come anticipato, di
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un “volume secondario facilmente separabile rispetto al complesso principale”, senza che ciò possa arrecare alcun pregiudizio alle altre parti legittimamente edificate.
In tal modo, quindi, l’ordinanza impugnata ha superato il tema della impossibilità tecnica di provvedere alla demolizione dell’abuso (attività che implica anche il compimento di quelle strettamente accessorie), in linea con i principi affermati nel provvedimento rescindente (pp. 4 e ss.).
Agli argomenti contenuti nell’ordinanza impugnata il pubblico ministero ricorrente contrappone solo censure in fatto, sostenute attraverso il mero richiamo delle diverse conclusioni alle quali è giunto il proprio consulente, in punto di scindibilità delle opere abusive dal resto dell’immobile e di pregiudizi di natura statica, così proponendo un motivo che difetta della necessaria specificità, mancando il confronto con le ragioni poste a fondamento della decisione.
Né è chiaro, infine, in cosa sia consistita la dedotta violazione di legge, che nel ricorso è solo dedotta (p. 2) ed in alcun modo argomentata.
Non essendo stato proposto dalla parte privata, alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non seguono le statuizioni di cui all’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, 14 ottobre 2025
Il President