Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13324 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13324 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da Procuratore della repubblica del tribunale di Napoli Nord; nel procedimento a carico di COGNOME NOME nata a Napoli il 10/09/1946; NOME nato a Napoli il 08/04/1947; NOME nata a Napoli il 22/08/1977; NOME Nato a Napoli il 22/8/1977; NOME nato a apoli il 12/1/1975 COGNOME NOME nato a Napoli il 22/09/1983; avverso la ordinanza del 31/07/2024 del tribunale di Napoli Nord; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr.ssa NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso; lette le conclusioni del difensore del Comune di Mugnano avv.to NOME COGNOME che con memoria ha insistito per l’inammissibilità o il rigetto del ricor
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza di cui in epigrafe, il tribunale di Napoli Nord quale giudi dell’esecuzione revocava, su richiesta del comune di Mugnano, l’ordine d demolizione delle opere abusive, site nel predetto comune, di cui alla sentenza 1080 del 2018 emessa il 6.4.2018 dal tribunale di Napoli Nord nei confronti d COGNOME NOME e COGNOME NOME e divenuta irrevocabile il 2 luglio 2018.
Avverso la predetta sentenza il Procuratore della Repubblica del tribunale di Napoli Nord ha proposto ricorso per cassazione deducendo un unico motivo.
Si rappresenta il vizio di violazione di legge, rilevando come nella delibera comunale dichiarativa di prevalenti interessi pubblici rispetto al ripristino dell’assetto urbanistico violato, in ragione della quale è stata disposta la contestata revoca, mancherebbe la indicazione specifica dei requisiti cui deve ritenersi condizionata la valida espressione del relativo potere, mancando in particolare la individuazione della specifica destinazione a interesse pubblico delle opere abusive, la puntuale e specifica indicazione della assenza di contrasto con rilevanti interessi ambientali, urbanistici ed idrogeologici, essendo menzionati genericamente solo un interesse pubblico ad una eventuale sede di destinazione ad uffici di Protezione Civile oltre a non essere inseriti in bilancio fondi necessari per trasformare gli attuali appartamenti ora destinati ad abitazione in sede di Uffici della Protezione civile. Neppure si sarebbe proceduto alla sgombero degli attuali occupanti delle opere. Il riferimento poi, in ordinanza, al collaudo statico e sismico dello stabile, inerirebbe ad una certificazione di collaudo di un tecnico privato, redatta all’epoca in cui venne richiesto il condono dell’immobile. Mentre, trattandosi di opera acquisita al patrimonio comunale, la certificazione dovrebbe provenire dai competenti uffici comunali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve osservarsi che la decisione impugnata si incentra sul tema del carattere generico della delibera di destinazione dell’opera abusiva al pubblico interesse, sub specie di utilizzo per uffici della Protezione civile. In proposito, questa Suprema Corte ha più volte evidenziato che ai fini della incompatibilità dell’esecuzione dell’ordinanza di demolizione con la delibera consiliare dichiarativa dell’esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto al ripristin dell’assetto urbanistico violato, il provvedimento amministrativo presuppone che tale evenienza sia attuale e non meramente eventuale, non essendo consentito interrompere l’esecuzione penale per un tempo non definito e non prevedibile (Sez. III n. 41339, 6 novembre 2008, COGNOME non massimata). Tale rilievo è in linea con l’indirizzo secondo il quale è del tutto generico il mero riferimento ad una destinazione di interesse pubblico, atteso che non può giustificarsi l’interesse concreto al mantenimento dell’opera abusiva nel caso in cui, di fatto, la delibera costituisce, sostanzialmente, un atto di indirizzo politico, in quanto rimanda a successivi atti amministrativi sostanzialmente rinviando la valutazione dei presupposti di legge cui l’art. 31 D.P.R. 380/01 condiziona la non operatività della demolizione (cfr. Sez. 3, n. 11419 del 29/01/2013 Rv. 254421 – 01 Bene).
La sintesi di tale impostazione è stata anche ribadita allorquando si è precisato che, sottraendo l’opera abusiva al suo normale destino di demolizione previsto per legge, la delibera comunale che dichiara l’esistenza di un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell’assetto urbanistico violato non può fondarsi su valutazioni di carattere generale o riguardanti genericamente più edifici, ma deve dare conto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta di conservazione del singolo manufatto, precisamente individuato, dovendosi ulteriormente precisare come non possono sopperire all’esigenza di una specifica determinazione meri richiami a disposizioni normative, ad altri provvedimenti o a valutazioni di ordine economico, inerenti al costo delle spese di demolizione, in quanto la natura eccezionale della deliberazione richiede che il mantenimento dell’opera abusiva sia giustificato dalla sussistenza di esigenze specifiche, individuate sulla base di dati obiettivi riferiti al singolo caso, all’esito di adegu istruttoria (cfr. sez. 3 n. 38749 del 9/07/2018 non massimata). Si è anche osservato che la situazione particolare che viene a determinarsi in conseguenza della deliberazione comunale, sottraendo l’opera abusiva la suo normale destino, che è la demolizione, presuppone che la valutazione effettuata dall’amministrazione comunale sia estremamente rigorosa e deve essere puntualmente riferita al singolo manufatto, il quale va precisamente individuato, dando atto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta, dovendosi escludere che possano assumere rilievo determinazioni di carattere generale riguardanti, ad esempio, più edifici o fondate su valutazioni di carattere generale (Sez. 3, n. 25824 del 22/5/2013, Mursia, Rv. 25714001. V. anche Sez. 3, n. 9864 del 17/2/2016, Corleone e altro, Rv. 26677001). La natura eccezionale di tali ipotesi rispetto a quella che dovrebbe essere la ordinaria conseguenza, ovvero l’esito demolitorio, della illiceità di condotte poste in essere in violazion della disciplina urbanistica, impone una interpretazione restrittiva dei presupposti cui tali ipotesi sono condizionate, e legittima, allo stesso tempo, il giudic dell’esecuzione, in applicazione del resto ad un principio generale più volte applicato da questa Corte, a sindacare la sussistenza dei medesimi. Già con riferimento alla concessione in sanatoria, anch’essa evidentemente di carattere eccezionale rispetto all’ordinaria disciplina sanzionatoria in materia urbanistica, si è affermato, infatti, che il giudice dell’esecuzione ha il dovere di controllare l legittimità dell’atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza de presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio (tra le altre, Sez.3, 46831 del 16/11/2005, Vuocolo, Rv. 232642) In particolare, per quel che riguarda il sindacato della delibera consiliare in oggetto, deve ritenersi rientrare nei poteri del giudice verificare che l’incompatibilità dell’esecuzione dell’ordinanza di demolizione con la delibera consiliare sia attuale e non meramente eventuale, Corte di Cassazione – copia non ufficiale
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non essendo evidentemente consentito fermare l’esecuzione penale per tempi imprevedibili, senza la concreta esistenza di una delibera consiliare avente i requisiti previsti dall’art. 31 cit., giacché l’ordinamento non può attendere sine die l’adozione di una possibile quanto eventuale deliberazione. Solo a partire dall’adozione di una delibera di tal fatta è dunque preclusa al giudice la potestà di disporre la demolizione del manufatto e solo a partire da tale momento l’inottemperanza dell’ingiunto all’ordine di demolizione impartito dall’autorità giudiziaria potrebbe ritenersi giustificata (Sez. 3, n. 11419 del 29/01/2013, Bene e altro, Rv. 254421 – 01). Lungo tale falsariga si è altresì precisato che costituisce ipotesi eccezionale, ostativa alla esecuzione dell’ordine giurisdizionale di demolizione, l’adozione dì una delibera comunale che dichiari la sussistenza di prevalenti interessi pubblici all’acquisizione dell’opera abusiva al patrimonio del comune, sempre che il giudice dell’esecuzione, esercitando il proprio poteredovere di sindacato sull’atto amministrativo, riconosca l’esistenza di specifiche esigenze che giustificano tale scelta (Sez. 3, n. 9864 del 17/02/2016, Corleone ed altro, Rv. 266770). In particolare, la delibera in questione può ritenersi legittimamente emanata qualora ricorrano le seguenti condizioni: «1) assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici e, nell’ipotesi di costruzione in zon vincolata, assenza di contrasto con interessi ambientali: in quest’ultimo caso l’assenza di contrasto deve essere accertata dall’amministrazione preposta alla tutela del vincolo; 2) adozione di una formale deliberazione del consiglio con cui si dichiari formalmente la sussistenza di entrambi i presupposti; 3) la dichiarazione di contrasto della demolizione con prevalenti interessi pubblici, quali ad esempio la destinazione del manufatto abusivo ad edificio pubblico» (Sez. 3, n. 41339 del 06/11/2003, richiamata, in motivazione, da Sez. 3, n. 25824 del 22/05/2013, Mursia, Rv. 257140). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Richiamando i contenuti della decisione appena menzionata, si è ulteriormente stabilito che, a fronte di una deliberazione in tal senso da parte dell’amministrazione comunale, il giudice dell’esecuzione ha il potere di sindacare la delibera di acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio comunale e ciò in considerazione della natura eccezionale di una simile situazione rispetto alla demolizione, la quale ordinariamente consegue all’accertamento dell’abuso edilizio, il che impone anche un’interpretazione particolarmente restrittiva circa la sussistenza dei presupposti che legittimano la deliberazione medesima (Sez. III n. 11419, 11 marzo 2013).
Va aggiunto, per completare il quadro da esaminare, con riguardo al caso concreto, che la ordinanza in contestazione fa riferimento all’art. 1, comma 65, legge reg. Campania n. 5 del 2013, ai sensi del quale “per favorire il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 7 della legge regionale 28 dicembre 2009, n. 19 (Misure urgenti per il rilancio economico, per la
riqualificazione del patrimonio esistente, per la prevenzione del rischio sismic per la semplificazione amministrativa), gli immobili acquisiti al patrimonio comuni possono essere destinati prioritariamente ad alloggi di ediliz residenziale pubblica, di edilizia residenziale sociale, in base alla legge 22 o 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell’edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni a leggi 17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile 1962, n. 167; 29 settembre 1964, 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell’ed residenziale, agevolata e convenzionata), nonché dei programmi di valorizzazione immobiliare anche con l’assegnazione in locazione degli immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo, o a programmi di dismissio immobiliare. In tal caso il prezzo di vendita di detti immobili, stimato in eur metro quadrato, non può essere inferiore al doppio del prezzo fissato per g alloggi di edilizia residenziale pubblica. I comuni stabiliscono, entro dicembre 2021 e nel rispetto delle norme vigenti in materia di housing sociale edilizia pubblica riguardanti i criteri di assegnazione degli alloggi, i cr assegnazione degli immobili in questione, riconoscendo precedenza a coloro che, al tempo dell’acquisizione, occupavano il cespite, previa verifica che gli s non dispongono di altra idonea soluzione abitativa, nonché procedure di un piano di dismissione degli stessi”
2. Deve anche premettersi che ai sensi dell’art. 31 comma 5 del DPR 380/01, “l’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o d responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di preva interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti inter urbanistici, culturali, paesaqgistici, ambientali o di rispetto dell’ acouisizione degli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati delle amministrazioni competenti ai sensi dell’articolo 17-bis de legge 7 agosto 1990, n. 241. Nei casi in cui l’opera non contrasti con rilev interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell idrogeologico, il comune, previa acquisizione degli assensi, concerti o nulla o comunque denominati delle amministrazioni competenti ai sensi dell’articolo 17bis della legge n. 241 del 1990, può, altresì, provvedere all’alienazione del e dell’area di sedime determinata ai sensi del comma 3, nel rispetto de disposizioni di cui all’articolo 12, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 12 condizionando sospensivamente il contratto alla effettiva rimozione delle oper abusive da parte dell’acquirente. È preclusa la partecipazione del responsab dell’abuso alla procedura di alienazione. Il valore venale dell’immobil
determinato dai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate tenendo conto de costi per la rimozione delle opere abusive”.
Ai sensi dell’art. 17 bis della L. 241/1990 “Nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell’amministrazione procedente. Esclusi i casi di cui al comma 3, quando per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi è prevista la proposta di una o più amministrazioni pubbliche diverse da quella competente ad adottare l’atto, la proposta stessa è trasmessa entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta da parte di quest’ultima amministrazione. Il termine è interrotto qualora l’amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso, concerto o nulla osta rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso. In tal caso, l’assenso, il concerto o il nulla osta è reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento; lo stesso termine si applica qualora dette esigenze istruttorie siano rappresentate dall’amministrazione proponente nei casi di cui al secondo periodo. Non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini.
Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. ((Esclusi i casi di cui a comma 3, qualora la proposta non sia trasmessa nei termini di cui al comma 1, secondo periodo, l’amministrazione competente può comunque procedere. In tal caso, lo schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, è trasmesso all’amministrazione che avrebbe dovuto formulare la proposta per acquisirne l’assenso ai sensi del presente articolo….”
Il ricorso è fondato, alla luce dei principi prima richiamat Innanzitutto, diversamente da quanto sostenuto in ordinanza non si tratta attestare semplicemente, da parte del Comune, la assenza di vincoli ambientali paesaggistici, idrogeologici, sull’area in questione, bensì, più ampiamente, chiaro intento del legislatore di assicurare che non siano utilizzati immobil pregiudizio di prevalenti interessi pubblici, è necessario che l’autorità comu accerti – più ampiamente – la assenza di “contrasti” con rilevanti inter urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell’ idrogeologico e ciò “previa acquisizione degli assensi, concerti o nulla osta
comunque denominati delle amministrazioni competenti ai sensi dell’articolo 17bis della legge 7 agosto 1990, n. 241”. Tutto ciò non emerge, e in ordinanza ci si limita solo a menzionare la dichiarazione comunale della mera assenza di vincoli nelle materie immediatamente prima indicate.
In altri termini, quanto ai profili urbanistici, non pare emergere una apposita attestazione di assenza di contrasti del competente ufficio urbanistico comunale e regionale, né emerge, per gli altri profili prima citati, una analoga attestazione dei competenti uffici in materia culturale, paesaggistica, ambientale o deputati al controllo geologico dell’area.
Non pare altresì pertinente la citazione in ordinanza, a suffragio della regolarità procedimentale della scelta comunale, della L. Regionale della Campania n. 5 del 2013, che non pare attenere alla prescelta destinazione dell’immobile abusivo, diretta e non remunerativa, ad uffici pubblici – come sembra emergere nel caso di specie – bensì ad altra ben specificata forma di utilizzo, quale l’edilizia residenziale pubblica e sociale o comunque a forme di utilizzo remunerato di immobili, in cui non pare ricondursi il caso in esame, relativo, lo si ripete, alla messa a disposizione per uffici pubblici. Né appare chiara e puntuale la pertinenza della evidenziazione della possibilità, da ultimo introdotta con DL. 69/2024 convertito in L. n. 105/2024, di una vendita comunale di opere abusive acquisite al patrimonio quale indice di una erosione del potere dovere di controllo del giudice ordinario nei casi di dichiarazione di sussistenza di prevalenti interessi pubblici, permanendo il riferimento di cui all’art. 31 comma 5 citato e la corrispondente elaborazione giurisprudenziale precedentemente riportata.
Appare altresì fondata anche la critica relativa alla ritenuta sussistenza di una valida certificazione in materia sismica: trattandosi di opera acquisita al patrimonio comunale, e peraltro con decorso evidentemente di tempo dalla presentazione di una domanda di condono da parte dell’allora titolare, inserita in una attuale procedura deliberativa, e per la quale, come già sopra riportato, si impone una valutazione effettuata dall’amministrazione comunale estremamente rigorosa e puntualmente riferita al singolo manufatto, come tale anche attualizzata, non può che condividersi il rilievo della necessità che gli accertamenti sismici di opera pubblica, di cui si voglia disporre, provengano da competenti uffici pubblici intervenuti nel corso della procedura. Tanto più, alla luce del virgolettato riportato in ordinanza, in presenza di una attestazione del tutto generica e indeterminata quanto alla attività di “verifica sismica” svolta e quanto ai rinvio ai “criteri generali desumibili dalla normativa vigente”.
Egualmente non pare adeguatamente verificata la individuazione, in termini di specificità , attualità e definitività, dell’interesse pubblico dichiarato, a fronte una delibazione, riportata in ordinanza, che si limita a prevedere l’utilizzo
dell’opera abusiva quale sede di Uffici della Protezione Civile in via eminentemente programmatica e come tale incerta; e in tal senso paiono deporre sia la citazione della istituzione di un nucleo Comunale di Volontari di Protezione Civile comunale ancora privo di componenti stante la mera adozione di direttive affinchè il Responsabile del settore di competenza indica una selezione pubblica di 10 volontari, lontana, quindi, anche dall’essere esitata; sia anche la sostanziale assenza di ogni effettivo e prevedibile sgombero del manufatto in oggetto, presupposto ineludibile per la effettiva realizzazione della finalità dichiarata, di cui è chiara dimostrazione, invero, la citazione di un mero intervenuto attuale mandato al Responsabile del settore urbanistico per lo sgombero stesso, a fronte di una lontana ordinanza del 4.7.2022 di mera intimazione agli occupanti di procedere allo sgombero, evidentemente spontaneo, rimasta quindi inevasa e purtuttavia mai seguita da effettive operazioni di sgombero. Pur possibili e legittime oltre che doverose.
Neppure è di scarso significato, come rilevato dal ricorrente, la assenza di disposizioni di spesa necessarie per trasformare i locali residenziali in uffici, emergendo, piuttosto, nella delibera in esame, la citazione di iscrizione di somme nel bilancio di previsione 2023 – 2025 in funzione della richiesta alla cassa Depositi e prestiti dell’anticipazione delle somme necessarie alla demolizione dei manufatti in parola.
In tale contesto ricostruttivo, non sembra adeguato il vaglio volto a verificare la sussistenza dell’incompatibilità dell’esecuzione dell’ordinanza di demolizione con la delibera consiliare, in termini di attualità e non mera eventualità, non essendo evidentemente consentito – va ribadito – fermare l’esecuzione penale per tempi imprevedibili, senza la concreta esistenza di una delibera consiliare avente i requisiti previsti dall’art. 31 cit. Solo a parti dall’adozione di una delibera di tal fatta è dunque preclusa al giudice la potestà di disporre la demolizione del manufatto e solo a partire da tale momento l’inottemperanza dell’ingiunto all’ordine di demolizione impartito dall’autorità giudiziaria potrebbe ritenersi giustificata (Sez. 3, n. 11419 del 29/01/2013, Rv. 254421 – 01 cit.).
5. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che l’ordinanza impugnata debba essere annullata con rinvio al tribunale di Napoli Nord
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Napoli Nord
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025
Il C (i sigliere estensore