Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 4803 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 4803 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal COGNOME NOME nata a Roma il 07/04/1973; nel procedimento a carico della medesima; avverso la ordinanza del 25/07/2024 del tribunale di Cagliari; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr.ssa NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale di Cagliari, adito quale giudice dell’esecuzione per il differimento dell’esecuzione del provvedimento di demolizione di un’opera edilizia abusiva, rigettava l’istanza.
Avverso la predetta ordinanza COGNOME NOME mediante il proprio difensore ha proposto, con un solo motivo, ricorso per cassazione.
Deduce vizi di violazione di legge anche processuale e di motivazione Si rappresenta che in un caso identico a quello cui attiene la demolizione in questione sarebbe intervenuta, a favore di altro soggetto, una sentenza di assoluzione e si aggiunge altresì che in ordine all’abuso, sempre oggetto della attuale procedura, erano stati aperti altri due procedimenti, seppur recanti date diverse di accertamento, di cui uno ancora pendente con nuova data
t
di udienza fisata al 3.2.2025 e l’altro, relativo ad accertamenti successivi, definito con decreto penale di condanna divenuto irrevocabile.
Si sostiene che risulterebbe, in tale quadro, ingiusta la adozione di una decisione sfavorevole per la ricorrente, a fronte della riportata sentenza di proscioglimento per fatto analogo seppur a favore di altro soggetto e rispetto a distinto fatto. Si aggiunge in proposito il richiamo al comma 8 dell’art. 669 cod. proc. pen. e si reputa illogico e manifestamente infondato il rilievo del giudice per cui non emergerebbero, come richiesto da tale norma, due titoli definitivi contrastanti, osservandosi che proprio per tale motivo si chiedeva il differimento dell’ordine di demolizione fino all’esito del giudizio di merito ancora pendente, da ritenersi prevedibilmente favorevole, alla luce della citata assoluzione per il fatto analogo intervenuta per altro soggetto. Il ragionamento così dispiegato dal Gip sarebbe altresì apparente non avendo illustrato le ragioni del rigetto della richiesta di sospensione e differimento.
Sarebbe errato anche il rilievo sull’intervenuto giudicato a carico della ricorrente, atteso che si tratterebbe di una duplicazione di cui andava invece disposta la archiviazione, trattandosi di azione penale esercitata contro persona per la quale già pendeva altro identico processo nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del P.M. Quindi il giudice non avrebbe dovuto prevedere, come ha fatto, che alla prossima udienza si dovrà pronunziare una decisione relativa a causa di applicabilità del principio di cui al brocardo ne bis in idem ex art. 649 cod. proc. pen. per il già intervenuto giudicato, e piuttosto avrebbe dovuto disporre il richiesto differimento in attesa del giudizio pendente.
4. GLYPH Il ricorso è inammissibile. Sia perché reitera deduzioni già correttamente risolte dal giudice dell’esecuzione. Sia perché non può costituire valido argomento il richiamo ad altra decisione per un caso relativo ad altro soggetto e peraltro solo asserito quanto alle analogie sussistenti e riguardante un fatto distinto. Si rammenta, in proposito, che il vizio di contraddittorietà della motivazione, che importa annullamento della sentenza, è solo quello che si traduce nella incompatibilità logica con un altro passo della stessa sentenza, ovvero – a seguito della modifica legislativa apportata dall’art. 8 L. 20 febbraio 2006 n. 46 – con altri atti indicati nel motivo di gravame che devono, tuttavia, indefettibilmente appartenere allo stesso processo: mentre non è configurabile, come vizio della motivazione, la contraddittorietà rispetto a una decisione assunta in altra sede (Sez. 5, n. 34643 del 08/05/2008 Rv. 240996 – 01). Anche per tali ragioni non è rivendicabile come erronea o illogica una decisione sul mero rilievo di una opposta deliberazione relativa ad un caso non identico ma solo – asseritamente, in assenza di specifiche allegazioni – analogo, e riguardante per giunta un altro soggetto, neppure concorrente. E a tale ultimo
riguardo, invero del tutto esulante dal caso in esame, il quale non attiene a reati contestati a piu’ soggetti in concorso bensì a reati distinti in fatto soggettivamente, si ricorda che, comunque, persino anche in caso di affermazione di responsabilità di un concorrente nel medesimo reato in relazione al quale, in un precedente e separato procedimento, altri concorrenti siano stati assolti per carenza di prova del dolo dì concorso, non sussiste contraddittorietà potenziale di giudicati, e soltanto si richiede che il giudice che ha emesso la sentenza di condanna è tenuto ad evidenziare le ragioni e gli indizi, diversi e ulteriori rispetto alla decisione liberatoria, che fondano l’opposta soluzione. (Sez. 5 -, n. 17553 del 10/03/2021 Rv. 281141 – 01).
Corretta è altresì la valorizzazione, da parte del giudice, come di fatto non esclusa neppure in ricorso, della insussistenza di giudicati, come invece richiesti dall’invocato art. 669 comma 8 cod. proc. pen.
Come altresì destituito di fondamento è il richiamo a giurisprudenza di legittimità riguardante l’esercizio, nella stessa sede giudiziaria, della azione penale per il medesimo fatto a carico del medesimo soggetto: ciò perché nel caso in esame risalta la circostanza, insuperabile, dell’intervenuto giudicato in ordine al procedimento di cui si assume, ormai tardivamente, il carattere duplicatori°. Per quanto, giova rilevarlo, stante il noto carattere permanente del reato edilizio, per giunta suscettibile di continua, progressiva evoluzione, la sussistenza di distinte date di accertamento, nella misura in cui ad essa corrisponda, ragionevolmente, la rappresentazione di progressive esecuzioni edilizie, descrive altresì fatti tra loro non coincidenti, ostativi, come noto, ad ogni discorso in tema di ne bis in idem.
GLYPH Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
t.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2024.