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Demolizione immobile abusivo: quando si perde interesse

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un ordine di demolizione di un immobile abusivo. La decisione si fonda sulla mancanza di interesse del ricorrente, che non è più proprietario del bene dopo la sua acquisizione al patrimonio del Comune. L’analisi sottolinea che l’interesse a impugnare deve essere concreto e attuale, non un mero interesse di fatto.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Demolizione immobile abusivo: quando si perde il diritto di opporsi?

La lotta all’abusivismo edilizio è una costante nel nostro ordinamento, ma cosa succede quando un immobile abusivo viene acquisito dal Comune? Chi ha costruito l’opera perde ogni diritto di opporsi alla sua demolizione? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 24990/2025) chiarisce un punto fondamentale: l’interesse a ricorrere contro un ordine di demolizione di un immobile abusivo cessa nel momento in cui la proprietà del bene passa all’ente pubblico. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un cittadino condannato per un reato edilizio commesso quasi venticinque anni fa. A seguito della condanna, era stato emesso un ordine di demolizione delle opere abusive. Tuttavia, l’immobile in questione era stato successivamente acquisito al patrimonio del Comune. Nonostante non fosse più il proprietario, il responsabile dell’abuso ha presentato ricorso al Tribunale chiedendo la sospensione o la revoca dell’ordine di demolizione, sostenendo che l’esecuzione fosse incompatibile con l’avvenuta acquisizione del bene da parte dell’ente e che l’immobile fosse abitato da oltre dieci anni da un’altra persona e dalla sua famiglia.

Il Tribunale ha rigettato la richiesta e il caso è approdato in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su un principio cardine del diritto processuale: la necessità di un interesse concreto e attuale per poter impugnare un provvedimento. Secondo i giudici, una volta che l’immobile abusivo viene acquisito dal patrimonio comunale, il condannato perde la proprietà del bene e, di conseguenza, l’interesse giuridicamente rilevante a opporsi alla sua demolizione.

Le Motivazioni della Sentenza: l’assenza di interesse

Le motivazioni della Corte si articolano su punti chiari e rigorosi.

In primo luogo, l’interesse richiesto dalla legge per presentare un’impugnazione deve portare a un vantaggio pratico per chi ricorre. Non basta un interesse teorico alla corretta applicazione della legge. Nel caso specifico, l’annullamento dell’ordine di demolizione non restituirebbe la proprietà del bene al ricorrente, poiché questo è ormai del Comune. Pertanto, egli non otterrebbe alcun vantaggio concreto dall’accoglimento del suo ricorso.

In secondo luogo, la Corte ha specificato che il responsabile dell’abuso non può sostituirsi al Comune nel decidere se sia opportuno o meno conservare l’immobile. La scelta di non demolire un edificio abusivo acquisito al patrimonio pubblico spetta esclusivamente al Consiglio Comunale, che deve deliberare espressamente la sussistenza di prevalenti interessi pubblici che giustifichino il mantenimento dell’opera. In assenza di una tale delibera, l’ordine di demolizione rimane pienamente valido ed efficace.

Infine, è stato ritenuto irrilevante il fatto che l’immobile fosse occupato da anni da un altro nucleo familiare. La Corte ha sottolineato che il decorso del tempo non sana l’abuso, ma anzi ne rafforza il carattere illecito. Inoltre, il Comune aveva già intimato all’occupante il pagamento di un’indennità per occupazione senza titolo, dimostrando la volontà di non tollerare la situazione di illegalità.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce con forza che il diritto di impugnare un ordine di demolizione di un immobile abusivo è strettamente legato alla titolarità di un diritto reale sul bene. Una volta che l’immobile è acquisito dal Comune, il responsabile dell’illecito edilizio perde la legittimazione a contestare la demolizione, a meno che non dimostri un interesse diverso, concreto e attuale (come, ad esempio, l’intenzione di eseguire spontaneamente la demolizione per evitare ulteriori addebiti). La decisione di conservare un’opera abusiva per fini pubblici è una prerogativa esclusiva dell’amministrazione comunale e non può essere invocata dal privato per paralizzare l’esecuzione di una sentenza penale di condanna.

Perché il ricorso contro l’ordine di demolizione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il ricorrente, non essendo più proprietario dell’immobile abusivo dopo la sua acquisizione al patrimonio del Comune, non aveva più un interesse concreto e attuale a impugnare il provvedimento. L’eventuale annullamento dell’ordine non gli avrebbe restituito la proprietà del bene.

Il responsabile dell’abuso può opporsi alla demolizione se il bene è diventato di proprietà del Comune?
No, una volta che l’immobile è acquisito dal patrimonio comunale, il condannato perde il diritto di proprietà e, di conseguenza, l’interesse a opporsi alla demolizione. Non può sostituirsi al Comune nel valutare l’opportunità di conservare l’immobile per presunti interessi pubblici.

L’occupazione prolungata dell’immobile da parte di una famiglia impedisce la demolizione?
No, secondo la Corte, l’occupazione ultradecennale dell’immobile non è un motivo valido per impedire la demolizione. Anzi, il passare del tempo rafforza il carattere abusivo dell’intervento e non crea alcun affidamento legittimo. Inoltre, nel caso di specie, il Comune aveva già agito contro l’occupante per l’occupazione senza titolo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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