Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13284 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13284 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Scafati il 16/11/1933
avverso l’ordinanza del 29/10/2024 del TRIBUNALE di Nocera inferiore Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 29 ottobre 2024, il tribunale di Nocera Inferiore, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza difensiva di incidente di esecuzione proposta da NOME COGNOME avverso l’ordine di demolizione con cui veniva ingiunta la demolizione dell’immobile di proprietà del ricorrente.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’interessato a mezzo del difensore di fiducia, articolando due distinti motivi, di seguito enunciati ex art. 173, disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 32 e 47, Cost., ed 8 CEDU, e correlato vizio di motivazione avuto riguardo alla tutela del diritto all’abitazione e al rispetto della vita privata e familiare.
In sintesi, la difesa del ricorrente (richiamando giurisprudenza di questa Corte in tema di danno grave alla persona secondo cui, nella predetta nozione, vi rientrano anche quelle situazioni che minacciano solo indirettamente l’integrità fisica del soggetto, in quanto si riferiscono alla sfera dei beni primari collegati alla personalità, tra cui deve essere ricompreso il diritto all’abitazione e, ancora, richiamata la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, nel dare esecuzione ad un ordine di demolizione di un immobile abusivo adibito ad abitazione abituale di una persona, il giudice è tenuto a rispettare il principio di proporzionalità come elaborato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, considerando l’esigenza di garantire il rispetto della vita privata e familiare e del domicilio), sostiene che sarebbe assolutamente indispensabile un esatto contemperamento tra il principio di legalità e l’esigenza di assicurare la protezione dei diritti fondamentali. Per tale ragione, sostiene la difesa, il giudice avrebbe dovuto tenere nella giusta considerazione anche le condizioni personali, economiche, familiari e di salute del destinatario dell’ordine di demolizione, essendo necessario che l’interesse dello Stato alla demolizione sia proporzionato rispetto allo scopo e alla stessa natura dell’intervento edilizio a seconda, in particolare, del caso che quest’ultimo abbia avuto carattere di necessità, siccome rispondente ad esigenze abitative primarie non altrimenti fronteggiabili, ovvero sia stato realizzato per fini speculativi. Viene richiamata in particolare una sentenza di questa stessa Sezione, la n. 35640 del 2021, che, in un caso asseritamente simile a quello in esame e relativo ad un immobile delle stesse dimensioni di quello per cui si procede, ha statuito l’annullamento del provvedimento del giudice dell’esecuzione, valorizzando in particolare il principio di proporzionalità. Diversamente, si sostiene nel ricorso, il tribunale, nel provvedimento impugnato, si sarebbe limitato a statuire che l’esigenza di dare esecuzione all’ordine predetto non potrebbe essere ulteriormente sacrificata. Il giudice non avrebbe dunque tenuto conto del principio di proporzionalità tra l’interesse dello Stato alla demolizione e le ragioni di natura personale, economica, familiare e di salute dell’attuale ricorrente. Il giudice si sarebbe limitato ad affermare che, nonostante il tempo decorso, non è stata individuata una situazione abitativa alternativa per il ricorrente, omettendo tuttavia di valutare le ragioni per cui il ricorrente non aveva potuto provvedervi. A tal proposito ricorda come la difesa avesse depositato documentazione dimostrando una serie di circostanze, ossia: a) che l’opera abusiva costituisce l’unica abitazione di proprietà del ricorrente dove questi ha la residenza; b) che il ricorrente è una persona molto avanti negli anni, avendo circa 91 anni, ed è riconosciuto invalido grave al 100% e ha una capacità visiva quasi nulla per il forte diabete ed una impossibilità a muoversi anche per svolgere i bisogni primari legati alla sua età; c) infine che lo stesso vive di sola pensione e non ha altre entrate e che,
con il minimo della pensione, riesce a malapena a coprire le utenze domestiche e le ingenti spese per le cure mediche, per il breve tempo che gli rimane ancora da vivere considerata la sua età. Per questa ragione non sarebbe stato per lui possibile, in considerazione delle attuali condizioni di salute ed economiche, procurarsi una soluzione abitativa differente: se il giudice avesse rispettato il principio di proporzionalità avrebbe potuto sospendere l’ordine di demolizione per un ulteriore periodo al fine di consentire al ricorrente di vivere serenamente nella sua abitazione per il pochissimo tempo che ancora la vita gli riserva.
2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. e correlato vizio di motivazione attesa la mancata risposta del giudice dell’esecuzione in ordine alle questioni formulate nella memoria depositata dalla difesa all’udienza d el 29/10/2024.
In sintesi, la difesa del ricorrente si duole per aver il giudice dell’esecuzione omesso di fornire risposta ai rilievi formulati nella memoria difensiva depositata in sede di incidente di esecuzione e riguardanti il rispetto di proporzionalità della misura in quanto relativa all’unica abitazione dell’istante e le sue pessime condizioni di salute, unitamente allo stato di totale indigenza. Poiché il giudice dell’esecuzione ha il dovere di decidere in ordine alle questioni formulate soltanto con la memoria in corso di procedimento, posto che l’incidente di esecuzione non ha natura di impugnazione, si sostiene che ciò avrebbe inficiato la validità del provvedimento impugnato.
In data 31 gennaio 2025, il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato le proprie conclusioni chiedendo il rigetto del ricorso.
Secondo il PG, il comportamento del ricorrente è stato totalmente passivo per lungo tempo senza attivarsi per trovare alternative soluzioni abitative e la demolizione deve essere tempestivamente eseguita in applicazione del principio secondo cui l’Autorità giudiziaria, nel dare esecuzione all’ordine di demolizione di un immobile abusivo costituente l’unica abitazione familiare, è tenuta a rispettare il principio di proporzionalità enunciato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenze della Corte EDU, 21/04/2016, COGNOME e COGNOME c. Bulgaria, e della Corte EDU, 04/08/2020, COGNOME c. Lituania, a condizione che chi intenda avvalersene si faccia carico di allegare, in modo puntuale, i fatti addotti a sostegno del suo rispetto (In motivazione, la Corte ha precisato che tali fatti, ove allegati dall’autore dell’abuso, non possono dipendere dalla sua inerzia ovvero dalla volontà sua o del destinatario dell’ordine, non potendo il condannato lucrare sul tempo inutilmente trascorso dalla data di irrevocabilità della sentenza, posto che l’ingiunzione a demolire trova causa proprio dalla sua inerzia -così Sez. 3, n. 21198 del 15/02/2023, Rv. 284627).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trattato cartolarmente nelle forme di cui all’art. 611, cod. proc. pen., è inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
2.1. Appare utile premettere che è ammissibile, in sede di legittimità, l’esame della questione rela tiva alla violazione del diritto all’abitazione ed al rispetto della vita privata e familiare con riguardo all’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivamente costruito, emesso da una pubblica autorità, sotto il profilo del difetto di pro porzionalità della misura, a norma dell’art. 8 CEDU (Sez. 3, n. 5822 del 18/01/2022, D., Rv. 282950-01). Con riferimento al diritto all’abitazione, occorre evidenziare che, sul piano dell’ordinamento interno, il diritto all’abitazione è riconducibile alla categoria dei diritti sociali i quali, in senso oggettivo, indicano l’insieme di norme attraverso le quali lo Stato attua la propria funzione equilibratrice delle disparità esistenti in seno alla collettività. Tali diritti, infatti, trovano legittimazione nel secondo comma dell’art. 3 Cost. in forza del quale il principio di uguaglianza non viene garantito solo in senso formale (art. 3, comma 1, Cost.) ma anche in senso sostanziale, permettendo a ciascun singolo consociato il godimento, mediante l’eliminazi one degli ostacoli sociali ed economici, dei diritti fondamentali collegati allo sviluppo della personalità umana. Facendo riferimento all’ordinamento nazionale è pertanto evidente la riconducibilità del diritto all’abitazione e gli artt. 2 e 3 Cost., con conseguente dovere dello Stato di intervenire al fine di dare concreta attuazione al precetto costituzionale. La Corte costituzionale (sentenza n. 217/1988), qualificando come diritto sociale fondamentale, ne ha affermato lo stretto legame all’universale principio della dignità umana, facendo rientrare tra ‘i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione’. Tale posizione del giudice delle leggi è venuta rafforzandosi in seguito, giungendo ad affermare che il diritto ad una abitazione dignitosa debba ritenersi rientrante fra quelli fondamentali della persona (sentenza n. 119/1999). Sebbene, dunque, nella Costituzione italiana non vi sia un espresso e testuale ‘diritto all’abitare’, grazie alla giurisprudenza della Corte costituzionale è possibile fissarne il fondamento negli artt. 2 e 3, co. 2, Cost. In merito si è giunti a parlare di diritto inviolabile dell’uomo, funzionale a garantire allo stesso una esistenza dignitosa, nonché alla realizzazione del principio di eguaglianza sostanziale, nei termini suddetti. L’abitazione diviene un bene essenziale al fine di soddisfare i più elementari bisogni della vita, aggiungendosi a quelle precondizioni ritenute indispensabili per l’esercizio delle fond amentali libertà costituzionali.
2.2. A livello internazionale il diritto all’abitazione trova riconoscimento, in primo luogo, nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, e precisamente all’art. 25, comma 1, in base al quale ‘Ogni indiv iduo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo
all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari’. Di analogo tenore è l’art. 11 del Patto internazionale del 1966, relativo ai diritti economici, sociali e culturali, secondo cui ‘Gli Stati parte del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato per sé e per la propria famiglia, che includa un’alimentazione, un vestiario ed un alloggio adeguati, nonché il miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita’. Di pregnante rilievo sono i Commenti Generali a tale ultima normativa ed in modo particolare il n. 4 che definisce i confini sostanziali dell’adequate housing , ossia: a) garanzia del godimento; b) disponibilità di servizi, materiali, agevolazioni ed infrastrutture; c) accessibilità economica; d) abitabilità; e) facilità di accesso; f) collocazione; g) adeguatezza culturale. Ne consegue che gli Stati non sono tenuti solo ad obblighi di contenuto ‘negativo’ (quale evitare discriminazioni), ma anche ‘positivo’, ergo di protezione e promozione.
2.3. Non è trascurabile, infatti, la precipua finalità perseguita dal legislatore mediante la normativa in materia edilizia, ossia la tutela del territorio e del suo ordinato sviluppo, con evidenti interferenze rispetto alla salvaguardia dell’ambiente, anch’essa oggetto di copertura costituzionale (art. 9 Cost.), nonché con l’interesse d ella collettività all’effettiva applicazione della legge. Indefettibile, pertanto, è il contemperamento fra diversi valori di rango costituzionale, il quale deve essere innanzitutto operato a monte dal legislatore, declinandosi il controllo su di esso nel trittico: necessità, sufficienza e proporzionalità.
2.4. Il bilanciamento svolto dal legislatore deve rispondere, in primis , al criterio della ‘necessità’, nel senso che la scelta di limitare o postergare un diritto o un interesse costituzionale deve presentarsi come necessario a dare attuazione a un altro diritto o interesse di pari rango. Il secondo criterio da tenere in conto è quello della ‘sufficienza’, dovendo accertare se, nel privilegiare un interesse o un diritto, la disciplina legislativa soddisf i in maniera non insufficiente le esigenze di garanzia dell’interesse o del diritto limitato o ristretto. Infine, la limitazione/compressione di un diritto di rango costituzionale deve essere ‘proporzionata’, ossia non eccessiva rispetto alla misura del sa crificio costituzionalmente ammissibile che, comunque, non può tradursi de facto in un annullamento del suo contenuto essenziale.
2.5. Esclusa una tutela in termini assoluti del diritto all’abitazione, dovrà essere accertato che il provvedimento limitativo sia proporzionato rispetto allo scopo (riconosciuto tra l’altro legittimo dalla Corte EDU, come sottolineato da sez. 3, n. 15141 del 20/02/2019, COGNOME, non mass.) che la normativa edilizia intende perseguire e che trova concreta attuazione nel risultato conseguibile mediante la demolizione, ossia il ripristino dello status quo ante (Sez. 3, n. 48021 del 11/09/2019, G., Rv. 277994-01).
2.6. In merito al criterio di proporzionalità, secondo l’insegnamento d i questa Corte , in tema di reati edilizi, il giudice, nel dare attuazione all’ordine di demolizione di un immobile abusivo adibito ad abituale abitazione di una persona è tenuto a rispettare
il principio di proporzionalità come elaborato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenze Corte EDU, 21/04/2016, COGNOME e COGNOME c. Bulgaria e Corte EDU, 04/08/2020, COGNOME c. Lituania, considerando l’esigenza di garantire il rispet to della vita privata e familiare e del domicilio, di cui all’art. 8 della Convenzione EDU e valutando, nel contempo, l’eventuale consapevolezza della violazione della legge da parte dell’interessato, per non incoraggiare azioni illegali in contrasto con l a protezione dell’ambiente, nonché i tempi a disposizione del medesimo, dopo l’irrevocabilità della sentenza di condanna, per conseguire, se possibile, la sanatoria dell’immobile ovvero per risolvere le proprie esigenze abitative (così Sez. 3, n. 423 del 14/12/2020, dep. 2021, Rv. 28027001; nello stesso senso, Sez. 3, n. 48021 dell’11/09/2019, Rv. 277994 -01, secondo cui il diritto all’abitazione, riconducibile agli artt. 2 e 3 Cost. e all’art. 8 CEDU, non è tutelato in termini assoluti, ma è contemperato con altri valori di pari rango costituzionale, come l’ordinato sviluppo del territorio e la salvaguardia dell’ambiente, che giustificano, secondo i criteri della necessità, sufficienza e proporzionalità, l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobil e abusivo, sempre che tale provvedimento si riveli proporzionato rispetto allo scopo che la normativa edilizia intende perseguire, rappresentato dal ripristino dello status preesistente del territorio; v. anche Sez. 3, n. 21198 del 15/02/2023, E., Rv. 284627-01).
2.7. Analizzando le decisioni sopracitate, Corte EDU, 21/04/2016, COGNOME e COGNOME c. Bulgaria, concernente un provvedimento emesso da un’autorità amministrativa sottoposta a controllo giurisdizionale amministrativo, in assenza di un procedimento penale, premette che il problema del rispetto del principio di proporzionalità nell’esecuzione dell’ordine di demolizione è rilevante solo quando viene in gioco il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di una persona, di cui all’art. 8 della CEDU, il quale è configurabile in relazione all’immobile destinato ad abituale abitazione della stessa, e non anche quando viene opposto esclusivamente il diritto alla tutela della proprietà, garantito dall’art. 1 del Prot. 1 CEDU.
La precisata pronuncia, poi, rappresenta che il principio di proporzionalità impone che la persona interessata ad opporsi ad un ordine di demolizione per una costruzione illegale abbia il diritto a ricevere un attento esame delle proprie ragioni da parte di un tribunale indipendente e che, ai fini di questo esame, sia prestata attenzione anche alle personali condizioni del destinatario del provvedimento ablatorio e ai tempi intercorrenti tra la definitività delle decisioni giudiziarie di cognizione e l’attivazione del procedimento di esecuzione.
2.8. A sua volta, Corte EDU, 04/08/2020, COGNOME c. Lituania, anch’essa relativa ad un provvedimento ablatorio emesso da un’autorità amministrativa, ribadisce l’esigenza del rispetto del principio di proporzionalità in c aso di ordine di demolizione di costruzioni illegali, ma ritiene più limitati gli ambiti di tutela del privato. La sentenza afferma che è altamente significativa la circostanza della illegale edificazione
dell’abitazione, precisando di essere riluttante ad assicurare tutela a chi ha sfidato la legge, per evitare di incoraggiare azioni illegali in contrasto con le esigenze di protezione dell’ambiente quale interesse pubblico e reputa di fondamentale importanza la possibilità per l’interessato di far valere e ventuali violazioni del principio di proporzione davanti ad un tribunale indipendente. In applicazione di questi principi, la pronuncia esclude che, nella specie, l’esecuzione dell’ordine di demolizione dell’appartamento adibito a proprio domicilio abbia d eterminato la violazione del diritto di cui all’art. 8 della CEDU. In particolare, la Corte EDU valorizza la consapevolezza dell’illegalità della edificazione al momento del compimento di tale attività e, quindi, l’atteggiamento di cosciente sfida ai divieti normativi, nonché la concessione di adeguati periodi di tempo per consentire all’interessato di ‘legalizzare’, se possibile, la situazione, e di trovare una soluzione alle proprie esigenze abitative e indica espressamente tali circostanze come prevalenti sulle condizioni di età avanzata, povertà e basso reddito del ricorrente (Sez. 3, n. 5822 del 18/01/2022, D., Rv. 282950-01).
2.9. In sostanza, il giudice, nel dare attuazione all’ordine di demolizione di un immobile abusivo adibito ad abituale abitazione di una persona, deve valutare la disponibilità, da parte dell’interessato, di un tempo sufficiente per conseguire, se possibile, la sanatoria dell’immobile o per risolvere, con diligenza, le proprie esigenze abitative, la possibilità di far valere le proprie ragioni dinanzi a un tribunale indipendente, l’esigenza di evitare l’esecuzione in momenti in cui sarebbero compromessi altri diritti fondamentali, nonché l’eventuale consapevolezza della natura abusiva dell’attività edificatoria (Sez. 3, n. 21198 del 15/02/2023, E., Rv. 284627-01).
Tanto premesso, nel caso in esame, il ricorrente ha disposto di un tempo sufficiente per cercare una soluzione abitativa alternativa.
Lo stesso giudice dell’esecuzione, con ordinanza emessa in data 8/02/2022, aveva so speso l’esecuzione dell’ordine di demolizione, operando un ragionamento logico -giuridico basato sul principio di proporzionalità. In particolare, aveva richiamato la sentenza COGNOME (Sez. 3, n. 39167 del 07/09/2021, non mass.) in cui si afferma che il significato del principio di proporzionalità è stato oggetto di analitica e rigorosa puntualizzazione da parte della stessa Corte EDU, escludendo espressamente che le condizioni personali del destinatario dell’ordine di demolizione possano avere un peso determinante per escludere la violazione del diritto del singolo al rispetto del proprio domicilio, quando questi abbia consapevolmente costruito la propria abitazione in un’area protetta senza permesso, perché, a ritenere altrimenti, si incoraggerebbe un’azione illegale a scapito della tutela dei diritti ambientali delle altre persone facenti parte della comunità. La sentenza COGNOME, peraltro, richiama altra decisione ove si è affermato che l’obbligo di osservare il principio di proporzionalità nel dare attuazione all’ordine di demolizione di un immobile illegalmente edificato ed adibito ad abituale abitazione di una
persona è applicabile da parte del giudice italiano in forza di interpretazione sistematica adeguatrice. Da ciò ne deriva che il dovere di valutare il rispetto del principio di proporzionalità nella fase di esecuzione dell’ordine di demolizione di un’abitazione illegalmente edificata non implica un’assoluta discrezionalità del giudice, ma la necessità di rispettare alcuni precisi criteri guida.
3.1. In nanzitutto, il principio di proporzionalità nell’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile illegalmente costruito assume rilievo secondo l’orientamento consolidato della Corte EDU solo quando viene in gioco il diritto al rispetto della vita priv ata e familiare e del domicilio di una persona di cui all’art. 8 della CEDU e non anche quando viene opposto esclusivamente il diritto alla tutela della proprietà, garantito dall’art. 1 del Prot. 1 CEDU.
3.2. Inoltre, ai fini del giudizio circa il rispetto del principio di proporzionalità, sono sicuramente rilevanti le condizioni di età avanzata, povertà e basso reddito dell’interessato. Queste condizioni, però, non risultano mai essere considerate, di per sé sole, risolutive, o perché valutate congiuntamente ai tempi intercorrenti tra la definitività delle decisioni giudiziarie di cognizione e l’attivazione del procedimento di esecuzione o perché esplicitamente ritenute recessive in caso di consapevolezza dell’illegalità della edificazione al momento del compimento di tale attività e di concessione di adeguati periodi di tempo per consentire la regolarizzazione, se possibile, della situazione e per trovare una soluzione alle esigenze abitative.
3.3. Fatte tali premesse, nonostante il giudice ravvisi una condizione ostativa, ossia la piena consapevolezza della violazione di legge nello svolgimento dell’attività edificatoria, lo stesso ravvisa una serie di elementi -quali l’età particolarmente avanzata, le precarie condizioni economiche e di salute, le dimen sioni limitate dell’immobile, non esorbitanti rispetto al soddisfacimento delle essenziali esigenze abitative, l’allettamento e l’impossibilità di spostamento della moglie tali da far ritenere equa la sospensione per un tempo determinato, stimato in due anni, dell’ordine di demolizione. Secondo il giudice, tale lasso di tempo garantiva sia la tutela dei diritti fondamentali inviolabili degli occupanti sia l’interesse pubblico al ripristino della legalità.
3.4. In ogni caso, stante le condizioni di età avanzata, povertà e basso reddito del ricorrente, non si può non tener conto della consapevolezza, da parte del ricorrente, dell’illegalità dell’abitazione, della concessione di periodi di tempo per regolarizzare l’opera abusiva. Difatti, il ricorrente non pu ò lucrare sul tempo inutilmente trascorso dalla data di irrevocabilità della sentenza perché l’ingiunzione a demolire è causata proprio dalla sua inerzia, né può successivamente invocare il principio di proporzionalità allegando inerzie o fatti da lui stesso posti in essere nella piena consapevolezza della natura abusiva dell’immobile, della precarietà della propria situazione abitativa, della persistente violazione dell’ordine (Sez. 3, n. 21198 del 15/02/2023, E., Rv. 284627 -01).
Da qui, dunque, la manifesta infondatezza della doglianza.
Anche il secondo motivo non si sottrae al giudizio di inammissibilità.
Ed infatti, è ben vero che il giudice, con l’ ordinanza emessa in data 29 ottobre 2024, si è limitato a disporre l’esecuzione dell’ordine di demolizione poiché, nel tempo trascorso dalla sospensione del predetto ordine, non era stata in alcun modo individuata una soluzione abitativa alternativa, omettendo, tuttavia, di pronunciarsi sulla valutazione relativa al principio di proporzionalità, su cui aveva fatto leva la difesa nella sua memoria.
L’omesso esame della questione, tuttavia, non inficia la legittimità del provvedimento impugnato, attesa, come già evidenziato a proposito del primo motivo, la manifesta infondatezza della doglianza mossa. In tema di ricorso per cassazione, non costituisce infatti causa di annullamento della sentenza impugnata il mancato esame di un motivo di appello che risulti manifestamente infondato (Sez. 5, n. 27202 del 11/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 256314 – 01).
Il ricorso deve conclusivamente essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 20/03/2025.