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Demolizione immobile abusivo: no revoca senza delibera

Un cittadino, ex proprietario di un immobile soggetto a un ordine di demolizione per abuso edilizio, ha richiesto la revoca del provvedimento, basandosi sull’intenzione del Comune di destinare l’edificio a scopi sociali. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo due principi chiave. Primo, l’ex proprietario perde la legittimazione a ricorrere una volta che l’immobile viene acquisito dal patrimonio comunale. Secondo, per evitare la demolizione di un immobile abusivo, non è sufficiente una generica delibera di indirizzo politico, ma è necessario un atto amministrativo specifico e concreto che dichiari il prevalente interesse pubblico alla conservazione di quel singolo manufatto.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Demolizione immobile abusivo: quando il Comune può salvarlo?

La questione della demolizione immobile abusivo rappresenta un tema di grande attualità, in cui si scontrano il diritto di proprietà, la necessità di ripristinare la legalità violata e l’interesse pubblico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sui presupposti necessari affinché un Comune possa decidere di non procedere alla demolizione di un manufatto acquisito al proprio patrimonio, sottolineando la differenza tra un mero atto di indirizzo politico e un provvedimento concreto di interesse pubblico.

I fatti del caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda il ricorso presentato dal precedente occupante di un immobile oggetto di un ordine di demolizione, emesso a seguito di una condanna penale per reati edilizi. Dopo la condanna, l’immobile era stato acquisito di diritto al patrimonio del Comune.

Il ricorrente aveva chiesto al Giudice dell’esecuzione la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione, sostenendo che il Comune avesse manifestato un interesse a conservare l’immobile per destinarlo ad alloggi di edilizia pubblica residenziale. A sostegno della sua tesi, citava una delibera del Consiglio Comunale del 2013, che recepiva una legge regionale per la destinazione degli immobili abusivi ad alloggi sociali, e una successiva determina dirigenziale che gli concedeva l’utilizzo temporaneo del bene a fronte del pagamento di un’indennità.

Il Tribunale, in prima istanza, aveva dichiarato la richiesta inammissibile, ritenendo la delibera comunale un semplice atto di indirizzo politico-amministrativo, privo della specificità necessaria per giustificare la conservazione dell’immobile.

La decisione sul ricorso per la demolizione immobile abusivo

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del Tribunale, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che, per due ragioni fondamentali, la richiesta del ricorrente non poteva essere accolta. La sentenza ribadisce principi consolidati in materia, tracciando una linea netta tra le prerogative del responsabile dell’abuso e quelle dell’ente pubblico divenuto proprietario del bene.

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni della sentenza si fondano su due pilastri giuridici distinti e ugualmente importanti.

1. Il difetto di legittimazione del ricorrente

Il primo punto, definito ‘risolutivo’ dalla Corte, riguarda la perdita di legittimazione e di interesse da parte del responsabile dell’abuso. Una volta che l’immobile viene acquisito al patrimonio del Comune, il precedente proprietario perde ogni titolarità sul bene. Diventa, a tutti gli effetti, un soggetto terzo rispetto alle vicende giuridiche dell’immobile. Di conseguenza, non ha più il diritto (la ‘legittimazione ad agire’) di chiedere la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione. La decisione sulla sorte del manufatto – se conservarlo per finalità pubbliche o demolirlo – spetta esclusivamente al Comune, nuovo proprietario.

2. L’insufficienza della delibera comunale per fermare la demolizione immobile abusivo

Il secondo argomento, analizzato per completezza, affronta la natura degli atti comunali necessari per evitare la demolizione. La Corte ha chiarito che, per sottrarre un’opera abusiva alla demolizione prevista dalla legge, non basta una delibera generica che esprime un indirizzo politico. È indispensabile un provvedimento specifico e concreto che:
– Individui precisamente il singolo manufatto da conservare.
– Dichiari l’esistenza di un interesse pubblico prevalente al mantenimento dell’immobile rispetto all’interesse al ripristino dell’assetto urbanistico violato.
– Esponga in modo dettagliato le specifiche esigenze (es. sociali, abitative) che giustificano tale scelta.

Nel caso di specie, la delibera del 2013 era un mero atto di indirizzo politico-amministrativo, mentre la richiesta di un’indennità di occupazione era finalizzata unicamente a risarcire il Comune per l’utilizzo ‘sine titulo’ del bene, senza implicare alcuna volontà di conservarlo.

Le conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale: il responsabile di un abuso edilizio non può interferire nelle decisioni del Comune una volta che l’immobile è entrato nel patrimonio pubblico. Inoltre, la volontà di un’amministrazione comunale di salvare un immobile dalla demolizione deve essere formalizzata attraverso atti amministrativi specifici, motivati e concreti, che bilancino in modo trasparente l’interesse pubblico alla conservazione con quello al rispetto della legalità urbanistica. Un semplice orientamento politico o atti gestionali, come la richiesta di un indennizzo, non sono sufficienti a paralizzare l’esecuzione di un ordine di demolizione giudiziale.

Il vecchio proprietario di un immobile abusivo può chiedere la revoca della demolizione dopo che il bene è stato acquisito dal Comune?
No. Secondo la Corte, una volta che l’immobile abusivo è acquisito al patrimonio comunale, il precedente proprietario perde la titolarità del bene e, di conseguenza, non ha più l’interesse né la legittimazione per chiedere la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione, diventando un soggetto terzo rispetto alle vicende giuridiche dell’immobile.

Una delibera comunale generica che destina gli immobili abusivi a scopi sociali è sufficiente a bloccare un ordine di demolizione immobile abusivo?
No. La Corte ha stabilito che una delibera con carattere di indirizzo politico-amministrativo generale non è sufficiente. Per evitare la demolizione, è necessario un provvedimento comunale specifico e concreto che individui il singolo manufatto e dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici alla sua conservazione, motivando dettagliatamente tale scelta.

Cosa deve fare un Comune per salvare un immobile abusivo dalla demolizione?
Il Comune deve adottare una delibera consiliare formale che, sottraendo l’opera alla demolizione, non si basi su valutazioni generiche ma dia conto delle specifiche esigenze che giustificano la conservazione di quel singolo manufatto, dimostrando un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell’assetto urbanistico violato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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