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Demolizione abusivismo edilizio: no a sanatorie postume

Due proprietari, destinatari di un ordine di demolizione definitivo per un immobile abusivo, hanno demolito parzialmente la struttura per renderla conforme alle normative. Hanno quindi richiesto la revoca dell’ordine. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che gli interventi eseguiti dopo le scadenze legali per la sanatoria non possono legalizzare retroattivamente un abuso. Questo principio è cruciale in materia di demolizione abusivismo edilizio.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Demolizione abusivismo edilizio: la Cassazione chiude la porta alle sanatorie ‘fai-da-te’

La lotta alla demolizione abusivismo edilizio si arricchisce di un nuovo, importante principio stabilito dalla Corte di Cassazione. Con la sentenza n. 4759 del 2024, i giudici hanno chiarito che non è possibile ‘sanare’ un immobile abusivo tramite interventi successivi, come una demolizione parziale, per renderlo conforme alla legge dopo la scadenza dei termini del condono. Questa decisione ribadisce la rigidità della normativa e blocca i tentativi di aggirarla con modifiche postume.

I Fatti del Caso: Una Lunga Battaglia Legale

La vicenda riguarda i proprietari di un immobile colpito da un ordine di demolizione definitivo, emesso nel lontano 2004 a seguito di una sentenza per abuso edilizio. Nel corso degli anni, i ricorrenti avevano tentato più volte di ottenere la revoca dell’ordine, basandosi su un permesso di costruire in sanatoria che, tuttavia, era stato ritenuto illegittimo in precedenti gradi di giudizio per la mancanza di autorizzazioni cruciali (paesaggistica e per la vicinanza a una fascia di rispetto autostradale).

Di fronte ai ripetuti rigetti, i proprietari hanno intrapreso una nuova azione: hanno demolito di loro iniziativa la porzione di fabbricato che invadeva la fascia di rispetto autostradale. Presentando questo intervento come un ‘fatto nuovo’ (novum), hanno nuovamente chiesto al giudice dell’esecuzione di revocare l’ordine di demolizione. La Corte di Appello ha però respinto la richiesta, e la questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili e ha confermato la decisione della Corte di Appello, rigettando definitivamente le pretese dei proprietari. La sentenza ha stabilito in modo inequivocabile che l’ordine di demolizione deve essere eseguito.

Le Motivazioni: Perché la Demolizione Parziale non Salva l’Immobile?

Il cuore della motivazione della Corte risiede in un principio fondamentale del diritto urbanistico: i requisiti per ottenere un condono edilizio devono sussistere al momento della scadenza del termine previsto dalla legge (in questo caso, il 31 dicembre 1993, secondo la Legge n. 724/1994).

La Corte ha spiegato che consentire interventi successivi per rendere un’opera conforme – anche se si tratta di una demolizione che ne riduce il volume o ne elimina una parte illegittima – costituirebbe un ‘indebito aggiramento della disciplina legale’. In pratica, si sposterebbe arbitrariamente in avanti il termine ultimo per ottenere la sanatoria, legittimando di fatto ulteriori interventi abusivi. I giudici hanno sottolineato che le uniche modifiche ammesse dopo la scadenza sono quelle minori, come lavori di rifinitura, e non interventi strutturali che alterino la conformazione dell’abuso originario.

Inoltre, la stessa circostanza che i ricorrenti abbiano dovuto demolire una parte dell’edificio è stata vista dalla Corte come la prova lampante che l’immobile, al momento della sua realizzazione e alla scadenza dei termini per il condono, non possedeva i requisiti per essere sanato. La demolizione parziale, quindi, invece di risolvere il problema, ha finito per confermarne l’esistenza.

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibili tutte le argomentazioni relative alla natura dei vincoli (paesaggistico, autostradale), poiché si trattava di questioni già decise e coperte da un precedente giudicato della stessa Cassazione nel 2018.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza sulla demolizione abusivismo edilizio

Questa sentenza invia un messaggio forte e chiaro a chi ha commesso abusi edilizi. Il principio affermato è che non esistono ‘scorciatoie’ per evitare le conseguenze di una costruzione illegale. La demolizione abusivismo edilizio rimane la sanzione principale e non può essere elusa con modifiche tardive e strategiche.

Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Impossibilità di sanatorie retroattive: Non è possibile ‘correggere’ un abuso edilizio dopo la scadenza dei termini di legge per renderlo condonabile. La conformità dell’opera deve essere valutata con riferimento alla situazione esistente a quella data.
2. Rigidità delle norme sul condono: Le leggi sul condono edilizio sono norme eccezionali e, come tali, devono essere interpretate in modo restrittivo. Qualsiasi tentativo di ampliarne la portata è destinato a fallire.
3. Certezza del diritto: La decisione rafforza la stabilità delle sentenze passate in giudicato. Una volta che un ordine di demolizione è definitivo, può essere revocato solo in presenza di circostanze eccezionali e giuridicamente rilevanti, tra le quali non rientra la modifica postuma dell’immobile abusivo.

È possibile sanare un immobile abusivo demolendone una parte dopo la scadenza dei termini per il condono?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che i requisiti per la sanatoria devono esistere alla data prevista dalla legge. Interventi successivi, come una demolizione parziale, non possono rendere sanabile un’opera che non lo era in origine e costituiscono un indebito aggiramento della disciplina legale.

La demolizione parziale di un’opera abusiva può essere considerata un ‘fatto nuovo’ per chiedere la revoca dell’ordine di demolizione?
Sebbene la demolizione parziale sia un fatto nuovo, la Corte ha ritenuto che non sia giuridicamente rilevante ai fini della revoca. Anzi, ha sottolineato che tale intervento conferma la mancanza dei requisiti di conformità al momento della realizzazione dell’opera, rendendo impossibile la sanatoria.

Si possono riproporre in un nuovo ricorso questioni già decise con una precedente sentenza definitiva della Cassazione?
No. Le questioni già trattate e definite con una precedente pronuncia di legittimità non possono essere riproposte. La loro mera reiterazione, in assenza di nuovi elementi di novità, rende il ricorso per quella parte inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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