Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46105 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46105 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 16/05/1984
avverso la sentenza del 02/04/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta violazione di legge per mancata riqualificazione del fatto ascritto all’imputato nel reato di cui all’art. 624 cod. pen., non è consentito in sede di legittimità, in quanto riproduttivo di profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti (perché omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso), oltre che manifestamente infondato, poiché la Corte territoriale (come emerge in particolare dalle pagg. 2 e 3 della impugnata sentenza), facendo congrua applicazione dei principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità, ha compiutannente indicato sulla base di quali ragioni di fatto e di diritto il contegno criminoso dell’odierno ricorrente debba essere correttamente inquadrato nella fattispecie di cui all’art. 648-bis cod. pen;
ritenuto che le doglianze contenute nel secondo motivo di ricorso, relative alla configurabilità della fattispecie solo tentata e non anche consumata del delitto di riciclaggio ascritto al ricorrente, sono manifestamente infondate, poiché i giudici di appello, esplicando corretti argomenti logici e giuridici, si sono conformati all’orientamento affermato da questa Corte, secondo cui « Il delitto di riciclaggio, in quanto fattispecie costruita come a consumazione anticipata, si perfeziona con il mero compimento delle operazioni volte ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilità » (ex plurimis, Sez. 2, n. 35439 del 15/06/2021, COGNOME, Rv. 281963 – 01); e, nel caso di specie, a fortiori «Il fatto che, come affermato dalla Corte territoriale, all’arrivo degli operanti le parti dell’auto fossero già state smontate e caricate su un furgone rende palese come già vi fosse l’identificabilità di una condotta finalizzata a occultare l’illegittima provenienza dei beni così ottenuti» (Sez. 7, ord. n. 21439 del 27/04/2021, COGNOME, non massimata);
osservato che, infine, è manifestamente infondato anche il terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti ex art. 62 -bis cod. pen. e all’omessa esclusione della recidiva contestata, poiché, a fronte di una compiuta motivazione fornita su tali aspetti dai giudici di appello (si veda in particolare pag. 4 della impugnata sentenza), da un lato, deve sottolinearsi come ben possa la mancata applicazione delle suddette attenuanti essere giustificata anche solo sulla base dell’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610), e che non è necessario che
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il giudice di merito per non applicare le suddette circostanze prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione; e dall’altro lato, con specifico riferimento all’aggravante della recidiva, deve evidenziarsi come nel caso di specie si sia fatta una corretta applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra i fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice”;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 novembre 2024.