Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26342 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26342 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALERMO il 12/02/1973
avverso la sentenza del 02/10/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto P.G. NOME COGNOME il quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore l’avvocato NOME COGNOME insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo del 02/10/2024, con cui è stata confermata la sentenza del Tribunale di Palermo che ha condannato l’imputato alla pena di giustizia in ordine al delitto di riciclaggio.
La difesa affida il ricorso a tre motivi, integrati da successiva memoria del 6/05/2025 depositata per l’udienza svoltasi dinanzi alla 7^ sezione penale dinanzi alla quale il ricorso era stato inizialmente fissato, che saranno enunciati, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione degli artt. 192, 546 cod. proc. pen. e 648 cod. pen. e il vizio di motivazione in punto di affermazione della responsabilità penale.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 648-bis, 624 cod. pen. e il vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione degli artt. 62-bis e 133 cod. pen. e il vizio di motivazione riguardo al trattamento sanzionatorio.
2.4. Con la memoria difensiva si insiste sul primo motivo, con riguardo alla verosimiglianza da riconoscersi alla tesi difensiva dell’imputato, nonché sul trattamento punitivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente ai motivi inerenti al trattamento sanzionatorio, risultando invece infondati e/o manifestamente infondati i motivi dedotti in punto di affermazione di responsabilità e di qualificazione giuridica del fatto.
Il primo motivo – che investe l’affermazione di responsabilità per riciclaggio – fa leva essenzialmente sull’omessa valutazione da parte della Corte di merito della valenza a discarico delle dichiarazioni rilasciate dal teste COGNOME, le quali avvalorerebbero l’ipotesi dell’assenza di consapevolezza da parte dell’imputato della provenienza delittuosa del mezzo che avrebbe, a sua volta, ricevuto da un terzo. In particolare, sarebbe stato il COGNOME, titolare di un’officina che aveva rapporti con la carrozzeria dell’imputato, a consegnargli, nella qualità di intermediario, anziché il furgone usato che l’imputato aveva comprato dalla venditrice COGNOME NOME e gli aveva consegnato per delle riparazioni, altro e, specificamente, quello denunciato rubato dal COGNOME, al quale il COGNOME NOME avrebbe apposto, al fine di occultarne l’illecita provenienza, la targa di quello della
COGNOME, provvedendo, poi, anche all’apposizione di una nuova targhetta che riportava il corrispondente numero di telaio, sia punzonando il numero di telaio nella sua originaria allocazione.
Tanto premesso, sebbene la sentenza impugnata non si sia soffermata sul contenuto delle dichiarazioni rese dal teste COGNOME, la conclusione raggiunta nel senso di escludere che abbiano valenza confermativa della versione liberatoria offerta dall’imputato è corretta. Sul punto risulta pienamente esaustiva la motivazione della sentenza di primo grado che esclude, in coerenza col contenuto della testimonianza (allegata al ricorso), che il teste, pur avendo ammesso di avere avuto rapporti di affari con l’imputato e svolto l’attività di intermediario per l’acquisto del furgone incidentato vendutogli dalla COGNOME, non ha mai ammesso di avergli consegnato un mezzo diverso rispetto a quello che fece ingresso nella sua officina e che l’imputato volle acquistare.
Né tantomeno ha fornito elementi per avvalorare che la consegna del bene all’imputato sia avvenuta successivamente al momento dell’acquisto e, precisamente, dopo il furto del furgone al Polizzi, per come successivamente dichiarato dall’imputato al fine di superare l’obiezione che l’Iveco acquistato dalla COGNOME non poteva essere quello rinvenuto dalla polizia e in sequestro, poiché nel settembre del 2016 il furgone era ancora nella disponibilità della p.o.
Esclusa, quindi, qualsiasi decisiva interferenza a discarico del dichiarato del teste COGNOME, gli elementi di diretta relazione che legano l’imputato al bene di provenienza furtiva e, in relazione al quale sono state compiute operazioni volte ad occultarne la provenienza delittuosa, danno ragionevolmente conto, sul piano dell’esaustività della motivazione, dell’affermazione di responsabilità per riciclaggio.
Né, sul punto, risultano decisivi i rilievi difensivi.
La circostanza che, nella disponibilità dell’imputato, non sia stato rinvenuto il libretto di circolazione del mezzo rubato non costituisce un assioma privo di capacità inferenziale, ma è l’epilogo del ragionamento svolto dal giudice di merito che attribuisce al ricorrente l’elaborazione di un piano criminoso volto a dismettere il furgone acquistato dalla COGNOME, trattenendone la targa e targhetta al fine di occultare la provenienza dell’altro furgone furtivamente sottratto al COGNOME di cui aveva acquisto per altra via la disponibilità. Il riferimento al mancato rinvenimento del libretto del veicolo rubato che si legge in sentenza va, infatti, legato all’ulteriore affermazione, di carattere conseguenziale, in cui si precisa che l’imputato aveva invece trattenuto quello relativo al bene lecitamente acquistato dalla COGNOME, al fine di avvalorare formalmente un lecito possesso (v. pag. 5, ultimo cpv.).
Parimenti può affermarsi rispetto ai riferimenti al fatto che “che il COGNOME si sarebbe affidato al COGNOME per delle non meglio specificate riparazioni” ovvero
“alla circostanza che il mezzo era stato riverniciato”, quali elementi idonei ad ostacolare l’accertamento della provenienza delittuosa del veicolo. Si tratta di rilievi che non paiono affatto decisivi nel costrutto motivazionale su cui si fonda l’accertamento della responsabilità del riciclaggio, sol se si considera che l’apposizione di targa di altro veicolo e di una nuova targhetta identificativa sono elementi pienamente idonei ad ostacolare l’accertamento della provenienza delittuosa del veicolo, in quanto attività materiali finalizzate a conferire allo stesso un’apparente origine lecita (in modo tale che i dati identificativi di quello rubato risultassero corrispondenti alla carta di circolazione del mezzo compravenduto dalla COGNOME in suo possesso).
In ogni caso, dalla ricostruzione delle decisioni di merito,si ricava che la riverniciatura del veicolo rubato, seppur effettuata, per come sottolinea la difesa, con vernice dello stesso colore bianco, è avvenuta su un veicolo che era munito su larga parte di stampe di vario colore con scritte recanti logo dell’impresa e pubblicità (v. pag. 3 sentenza di primo grado), con la conseguenza che non affatto illogica è la valenza indiziante che il giudice del merito ha attribuito a detto elemento, essendo fatto notorio che l’asportazione di stampe lascia diversità di colore sul mezzo, così consentendone la possibile identificazione da parte del legittimo proprietario.
Manifestamente infondato è il motivo inerente alla qualificazione giuridica del fatto come furto.
Ritenere, infatti, per come prospetta la difesa, più plausibile che la decisione di sostituire il mezzo acquistato dall’imputato con quello provento di furto fosse stata presa anteriormente alla commissione del furto stesso, avente ad oggetto un mezzo con medesima marca, modello e colore di quello, invece, oggetto di legittimo acquisto, resta un’ipotesi alternativa del tutto generica che non è suffragata da elementi certi di conferma, per come ricavabili dagli esiti dell’istruttoria svolta.
Fondato è l’ultimo motivo inerente al trattamento sanzionatorio.
Dalla lettura della sentenza di primo grado, risulta che il ricorrente venne erroneamente additato di annoverare “precedenti penali”, benché ritenuti non espressivi di una progressione criminosa della capacità delinquenziale dell’imputato da fondare un giudizio di maggiore pericolosità fondante la contestata recidiva che, per tale ragione è stata esclusa.
Di quei precedenti, però, deve ritenersi che il Tribunale abbia tenuto conto ai fini della determinazione della pena, considerato che,nello stabilire una pena base superiore al minimo edittale,ha fatto espresso riferimento «ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.», tra cui, come noto, rientrano anche “i precedenti penali” ai sensi
del comma 2 n. 2.
La difesa nell’atto di appello – di cui la sentenza impugnata ne riepiloga i motivi (pag. 7, penultimo cpv) – dedusse l’errore in cui era caduto il primo giudice,
evidenziando, per come risultava dal certificato penale già in atti (e allegato anche al ricorso per cassazione), che l’imputato non era gravato da alcun precedente
penale, risultando indicata solo l’ordinanza con cui il Tribunale di Palermo aveva ammesso alla prova l’imputato
ex art.
464-quater, cod. proc. pen. e la successiva
sentenza dello stesso giudice con cui viene dichiarata l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova
ex rt.
464-septies, cod. proc. pen.
Ebbene, nonostante la stessa sentenza impugnata dia atto del rilievo difensivo, ripercorre l’analogo errore in cui era caduto il giudice di primo grado,
attribuendo rilievo, ai fini del trattamento sanzionatorio, al fatto che «risulti peraltro l’appellante già gravato da un precedente penale della medesima indole»
(v. pag. 7 ultimo capoverso).
Inoltre, la presenza del precedente penale è stata anche valorizzata dalla
Corte d’appello quale elemento rafforzativo dell’intensità del dolo, a cagione del quale sono state escluse le circostanze attenuanti generiche.
Di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio a diversa sezione della Corte di appello di Palermo.
4. In conclusione:
va annullata la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio sul punto a diversa sezione della Corte di appello di Palermo;
va rigettato nel resto il ricorso, dichiarandosi irrevocabile l’affermazione di responsabilità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Palermo. Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2025
Il Consigliere e tensore
DEPOSITATO IN CANCELLARIA GLYPH SECONDA SWONE PENALE
Il Presidente