Delitto di riciclaggio: Quando la modifica di un motorino diventa reato
Qual è la differenza tra acquistare un bene rubato e manipolarlo per nasconderne l’origine? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto cruciale, chiarendo quando si configura il più grave delitto di riciclaggio rispetto alla semplice ricettazione. Il caso analizzato riguarda un ciclomotore alterato, ma i principi espressi dalla Suprema Corte hanno una valenza generale e offrono importanti spunti di riflessione.
I Fatti del Caso: un ciclomotore alterato
Il caso ha origine dal ritrovamento di un ciclomotore nella disponibilità di un soggetto. Il veicolo presentava due alterazioni significative: era stato riverniciato con un colore diverso da quello originale e montava una targa risultata di provenienza furtiva. A seguito di questi accertamenti, l’uomo veniva accusato e condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di riciclaggio.
L’imputato, non accettando la decisione della Corte d’Appello, proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo che le sue azioni non configurassero il delitto di riciclaggio, ma al più quello di ricettazione, e chiedendo una nuova valutazione dei fatti.
La decisione sul delitto di riciclaggio della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno evidenziato due motivi principali per la loro decisione: uno di natura processuale e uno di natura sostanziale, strettamente legato alla definizione del delitto di riciclaggio.
Dal punto di vista processuale, il ricorso è stato respinto perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e rigettate dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi elementi di diritto. Inoltre, le doglianze erano di fatto, ovvero miravano a ottenere una diversa ricostruzione dei fatti e una nuova valutazione delle prove, attività che esula dalle competenze della Corte di Cassazione, la quale svolge unicamente un controllo di legittimità.
Le motivazioni: Perché è riciclaggio e non ricettazione
Nel merito, la Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza. La differenza fondamentale tra ricettazione e riciclaggio risiede nell’attività posta in essere dall’agente. Mentre la ricettazione si esaurisce nell’acquisizione di un bene di provenienza illecita, il riciclaggio richiede un quid pluris: un’operazione attiva finalizzata a ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa del bene.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente ritenuto che la riverniciatura del ciclomotore e l’apposizione di una targa rubata fossero operazioni specificamente volte a rendere più difficoltosa l’identificazione del bene come provento di furto. Queste azioni, secondo i giudici, integrano pienamente la condotta tipica del delitto di riciclaggio previsto dall’art. 648 bis del codice penale.
Le conclusioni: Le implicazioni pratiche
Questa ordinanza conferma che qualsiasi attività che vada oltre il semplice possesso di un bene rubato e che sia idonea a “ripulirlo”, ovvero a mascherarne l’origine illecita, fa scattare il più grave reato di riciclaggio. La sentenza serve da monito: non è solo il grande riciclaggio di capitali a essere punito, ma anche condotte apparentemente meno gravi, come l’alterazione di un veicolo, possono portare a una condanna per questo serio reato. La distinzione è netta: la ricettazione punisce la ricezione del bene illecito, il riciclaggio punisce l’attività di “inquinamento” delle prove della sua origine.
Quando si configura il delitto di riciclaggio anziché quello di ricettazione?
Si configura il delitto di riciclaggio quando, oltre a ricevere un bene di provenienza illecita, si compiono operazioni attive (come alterarlo o modificarlo) con lo scopo specifico di ostacolare l’identificazione della sua origine delittuosa. La ricettazione, invece, si limita alla ricezione del bene.
Riverniciare un motorino rubato e cambiare la targa è sufficiente per essere accusati di riciclaggio?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, queste azioni sono considerate operazioni idonee a rendere più difficoltosa l’identificazione della provenienza delittuosa del bene e, pertanto, integrano pienamente la condotta prevista dal delitto di riciclaggio.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti di un processo?
No. La Corte di Cassazione svolge un controllo di legittimità, cioè valuta se i giudici dei gradi precedenti hanno applicato correttamente la legge. Non può riesaminare le prove o ricostruire i fatti, attività che sono di competenza esclusiva dei tribunali di merito (primo grado e appello).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31413 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31413 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PALERMO il 21/05/1988
avverso la sentenza del 05/11/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione dell’art. 648 bis cod. pen. e il vizio di motivazione in ordine al giudizio di responsabilità, non è formulato in termini consentiti in questa sede poiché, da un lato, si prospettano doglianze di fatto tese ad ottenere una diversa ricostruzione dei fatti e una differente valutazione delle risultanze processuali, estranee al di sindacato di legittimità e, dall’altro, si riproducono, pedissequamente, profili già dedotti e compiutamente esaminati e disattesi dalla Corte territoriale con motivazione lineare e immune da vizi logici (pagg. da 2 a 5 della sentenza impugnata);
che, invero, la Corte di appello ha ricostruito la vicenda sul piano fattuale evidenziando come l’imputato aveva apposto sul ciclomotore, trovato nella sua disponibilità, una targa di provenienza furtiva ed aveva altresì riverniciato il mezzo con un colore diverso da quello originario; ha valutato tale operazioni idonee a rendere più difficoltosa l’identificazione dell’origine delittuosa del bene, così ritenendo integrato il contestato delitto di riciclaggio ( e non la diversa fattispec di ricettazione) conformemente ai consolidati principi di diritto affermati da questa Corte (Sez. 2, n. 35439 del 15/06/2021, COGNOME, Rv. 281963; Sez. 2, n. 39702 del 17/05/2018, COGNOME, Rv. 273899; Sez. 5, n. 21925 del 17/04/2018, COGNOME, Rv. 273183; Sez. 2, n. 56391 del 23/11/2017, COGNOME, Rv. 271553);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il giorno 1 luglio 2025.