Delitto di rapina: la Cassazione chiarisce i requisiti e l’inammissibilità del ricorso
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di delitto di rapina, fornendo chiarimenti cruciali sui suoi elementi costitutivi e sulle condizioni che portano a dichiarare un ricorso inammissibile. La decisione sottolinea come la violenza finalizzata a superare la resistenza della vittima sia un elemento chiave per configurare il reato, anche quando riguarda beni di modesto valore come le chiavi di un veicolo. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un individuo contro la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato di rapina. L’imputato sosteneva che la sua condotta non integrasse gli estremi del reato contestato, lamentando in particolare una violazione del principio di correlazione tra l’accusa originaria e la sentenza di condanna. Secondo la sua tesi, mancavano gli elementi costitutivi della rapina, in quanto l’azione si era limitata all’appropriazione delle chiavi di un’auto, rinvenute successivamente nella sua abitazione.
La Decisione della Corte di Cassazione sul delitto di rapina
La Corte di Cassazione ha respinto completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto le argomentazioni del ricorrente “manifestamente infondate” e basate su una ricostruzione dei fatti smentita dagli atti processuali. La Suprema Corte ha confermato la correttezza della valutazione effettuata dalla Corte d’Appello, ribadendo che la condotta dell’imputato integrava pienamente il delitto di rapina.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni della Corte si fondano su una solida analisi degli elementi che caratterizzano il reato di rapina. In primo luogo, i giudici hanno evidenziato come la condotta di impossessamento delle chiavi del veicolo non sia stata pacifica, ma sia avvenuta “superando con violenza l’opposizione delle persone offese”. Questo elemento, la violenza usata per vincere la resistenza della vittima e sottrarre il bene, è ciò che distingue la rapina dal furto.
La Corte ha inoltre confermato la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero l’intenzione di commettere la rapina per un ingiusto profitto. È stato chiarito che non vi è stato alcun “iato temporale” significativo tra la violenza e l’impossessamento, essendo le due azioni strettamente collegate. Infine, la Cassazione ha bollato i motivi del ricorso come enunciati “in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità”, rendendo inevitabile la dichiarazione di inammissibilità.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale in materia di delitto di rapina: la violenza finalizzata all’impossessamento è l’elemento qualificante del reato. La decisione serve da monito: i ricorsi per cassazione basati su tesi palesemente smentite dalle prove raccolte nei precedenti gradi di giudizio non solo non hanno possibilità di successo, ma comportano anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La pronuncia consolida l’interpretazione giurisprudenziale sul tema, offrendo un chiaro punto di riferimento per distinguere la rapina da altre figure di reato contro il patrimonio.
Quando si configura il delitto di rapina secondo questa ordinanza?
Il delitto di rapina si configura quando l’impossessamento di un bene mobile altrui avviene utilizzando violenza o minaccia per superare l’opposizione della persona che lo detiene, al fine di trarne un ingiusto profitto.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. Le argomentazioni del ricorrente erano basate su una tesi smentita dagli atti processuali e si ponevano in palese contrasto con la normativa e la giurisprudenza consolidata in materia.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19877 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19877 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a RAGUSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/03/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, lette le conclusioni scritte;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che denunzia la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, è manifestamente infondato e peraltro fondate sull’assunto secondo cui non vi sarebbero gli elementi costitutivi del reato, ossia sulla base di una tesi smentita dagli atti processuali, per come evidenziato ,ela pagina 3 della motivazione della sentenza impugnata ove si evince che risultano integrati gli estremi del delitto di rapina in quanto la condotta di appropriazione è avvenuta superando con violenza l’opposizione delle persone offese e ha avuto ad oggetto le chiavi del veicolo di uso alle stesse, rinvenute in un secondo momento all’interno dell’abitazione di COGNOME. Con logici argomenti la corte di appello, pertanto, ha correttamente ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del delitto di rapina, esclusa la presenza di uno iato temporale in quanto violenza e minaccia hanno preceduto e seguito quella di impossessamento e riconosciuta l’integrazione dell’elemento dell’ingiusto profitto;
considerato che l’unico motivo di ricorso prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile in ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 6 marzo 2024