Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5527 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5527 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BOLOGNA
nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a VILLARICCA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/05/2023 del TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza
Trattazione scritta
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 08/05/2023, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Modena ha applicato nei confronti di NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di cui all’art. 423 cod. pen., per avere cagionato l’incendio di un’autovettura posteggiata in un’area di parcheggio, cospargendo il veicolo di liquido accelerante ed innescando immediatamente dopo il fuoco che avvolgeva completamente il mezzo distruggendolo, con l’aggravante di avere commesso il fatto in orario notturno (ore 00:26 circa) e in circostanze di tempo tali da ostacolare la pubblica e privata difesa; in Castelvetro di Modena il 13/08/2022.
Investito del riesame ex art. 309 cod. proc. pen. proposto dall’indagato, il Tribunale di Bologna, previa riqualificazione del fatto di reato ai sensi dell’articolo 424 comma 1 cod. pen., ha revocato la misura cautelare della custodia in carcere disposta nei confronti di NOME COGNOME, ordinandone la scarcerazione se non detenuto per altra causa.
In particolare, il Tribunale, dopo aver riportato lo sviluppo delle indagini che aveva portato all’identificazione del COGNOME quale autore del fatto delittuoso contestato, respingeva il motivo di riesame con il quale la difesa contestava la riconducibilità soggettiva all’indagato della commissione del fatto, ritenendo invece fondato il secondo motivo attinente la qualificazione giuridica.
Osservava in particolare come le fiamme avessero attinto unicamente l’autovettura della persona offesa, che si trovava in posizione isolata e significativamente distante dagli ulteriori mezzi parcheggiati e dai più prossimi insediamenti abitativi; il liquido infiammabile era stato versato unicamente sull’auto della persona offesa senza dispersione nell’area circostante; le fiamme avevano danneggiato unicamente l’autovettura ed avevano, del tutto marginalmente, attinto un albero posto a circa 3 mt. di distanza; il flash fire nella sua massima propagazione di fiamma non aveva interessato direttamente la carreggiata della pubblica via (INDIRIZZO, attingendola solo per irraggiamento da calore.
Il Tribunale osservava poi come le conclusioni cui erano giunti i RAGIONE_SOCIALE nella loro relazione, fossero di carattere generale e non direttamente legate alle condizioni concretamente verificatisi in occasione dell’episodio in argomento; in particolare non risultava nulla in ordine a condizioni meteo avverse (quale vento forte) o alla presenza di vegetazione particolarmente secca, tutti elementi che i RAGIONE_SOCIALE avevano evidenziato come fattori potenzialmente forieri di notevole pericolo di propagazione; quanto alla deflagrazione – probabilmente causata dal cedimento di uno pneumatico -, desumibile dalla visione del filmato acquisito agli atti,
il Tribunale osservava come essa non avesse prodotto diffusione di frammenti attinti dalle fiamme a distanza significativa dal veicolo, e in particolare al di fuori della zona asfaltata direttamente circondante il veicolo stesso; l’impegno profuso dai RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per spegnere le fiamme fu contenuto in non più di 15 -18 minuti, con impiego di un unico mezzo.
Da tutti tali elementi, il Tribunale desumeva come le fiamme che avevano attinto l’autovettura della persona offesa non avessero assunto le caratteristiche di vaste proporzioni né una diffusività tale da porre in pericolo l’incolumità di un numero indeterminato di persone, con conseguente non sussumibilità del fatto né nella fattispecie di cui all’art. 423 cod. pen., né in quella di cui all’art. 424 comma 2 cod. pen.
Riteneva quindi corretta la qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’art. 424 comma 1 cod. pen. e conseguentemente adottava le statuizioni di cui in premessa.
Ha proposto ricorso per cassazione il AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Modena, il quale, con un unico articolato motivo, denuncia violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in ordine alla qualificazione giuridica del fatto.
Ha errato, secondo il ricorrente, GLYPH il Tribunale del Riesame di Bologna nel riqualificare la condotta criminosa ascritta all’indagato ai sensi dell’art. 424 comma 1 cod. pen.: osserva il Pubblico Ministero che, dagli accertamenti effettuati nell’immediatezza, risultava provato come, considerate le caratteristiche dei luoghi e le modalità dell’azione delittuosa, il fatto dovesse essere inquadrato nell’ambito dell’art. 423 cod. pen., stante il concreto pericolo di diffusività delle fiamme e quindi l’esposizione a pericolo dell’incolumità pubblica. In particolare, osserva come dal preliminare rapporto di intervento redatto dai RAGIONE_SOCIALE era emerso che all’atto del loro intervento il veicolo era completamente avvolto dalle fiamme; esso si trovava in sosta all’interno di un parcheggio pubblico nelle vicinanze di piante ad alto fusto, molto vicino alla pubblica via nonché ad una palazzina adibita a civile abitazione; fu utilizzato liquido accelerante con conseguente flash fire generatosi dallo sversamento di liquido accelerante.
I RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE concludevano che in considerazione della posizione ravvicinata del mezzo alla pubblica via, ad un’abitazione, e ad alberi di alto fusto, l’incendio e il flash fire generatosi dallo sversamento di innesco di liquido accelerante avrebbe potuto, in condizioni meteo avverse, quali vento forte, caldo torrido e vegetazione particolarmente secca, propagare le fiamme la vegetazione circostante.
Dalla nota informativa redatta dai Carabinieri intervenuti risultava altresì che, al momento dell’intervento dei RAGIONE_SOCIALE, le fiamme avevano già avvolto parte del
fusto dell’albero posto a poca distanza dalla vettura incendiata; qualora le fiamme avessero avvolto il fusto maggiormente, si sarebbe verificato un meccanismo di innesco a catena con gli altri alberi per effetto del quale le fiamme si sarebbero propagate rapidamente verso gli immobili adiacenti e verso gli altri veicoli parcheggiati nei pressi; a poca distanza dall’auto vi erano anche un palo dell’illuminazione elettrica ed un tombino contenente cavi elettrici di rame. Inoltre, stante l’avvenuta deflagrazione, come attestata dalle immagini di videosorveglianza acquisite agli atti, un eventuale passante (a piedi o a bordo di un veicolo) avrebbe potuto essere investito dagli effetti della deflagrazione.
In conclusione, osservava il AVV_NOTAIO ricorrente, solo il pronto intervento dei RAGIONE_SOCIALE aveva scongiurato ben più gravi conseguenze per l’aerea circostante e per la pubblica incolumità.
Chiedeva conseguentemente l’annullamento dell’impugnata ordinanza.
Il AVV_NOTAIO, con requisitoria scritta, ha chiesto l’accoglimento del ricorso e il conseguente annullamento dell’ordinanza, con rinvio per un nuovo esame.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
L’analisi della fattispecie in esame va effettuata alla luce delle coordinate ermeneutiche da tempo fissate in numerosi arresti di questa Corte.
Per giurisprudenza consolidata e condivisa, i delitti di incendio (art. 423 cod. pen.) e di danneggiamento seguito da incendio (art. 424 cod. pen.) si distinguono in relazione all’elemento soggettivo: il primo, infatti, è connotato dal dolo generico, vale a dire dalla volontà di cagionare l’evento con fiamme che, per le loro caratteristiche e la loro violenza, tendono a propagarsi in modo da creare un effettivo pericolo per la pubblica incolumità, mentre il secondo è caratterizzato dal dolo specifico di danneggiare la cosa altrui, senza la previsione che ne deriverà un incendio con le caratteristiche suindicate oppure il pericolo di siffatto evento. Pertanto, anche nel caso di incendio commesso al fine di danneggiare, qualora a questa ulteriore e specifica attività si associ la coscienza e la volontà di cagionare un fatto di entità tale da assumere le dimensioni previste dell’incendio ex art. 423 cod. pen., è applicabile tale norma, e non l’art. 424 cod. pen., perché con riferimento a quest’ultima fattispecie l’incendio è contemplato come evento che esula dall’intenzione dell’agente (Sez. 1, n.
29294 del 17/05/2019, COGNOME, Rv. 276402 – 01; Sez. 5, n. 1697 del 25/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258942 – 01; Sez. 1, n. 25781 del 07/05/2003, COGNOME, Rv. 227377 – 01).
Secondo la condivisa interpretazione della norma incriminatrice di cui all’art. 423 cod. pen., ai fini dell’integrazione del delitto di incendio, sia doloso che colposo, occorre distinguere tra il concetto di fuoco e quello di incendio, poiché si determina l’incendio soltanto quando il fuoco divampi irrefrenabilmente, in vaste proporzioni, con fiamme divoratrici che si propaghino con potenza distruttrice, così da porre in pericolo l’incolumità di un numero indeterminato di persone (Sez. 4, n. 46402 del 14/12/2021, COGNOME, Rv. 282701 – 01; Sez. 1, n. 14263 – del 23/02/2017, COGNOME, Rv. 269842 – 01); ciò, con l’ulteriore precisazione che il pericolo per la pubblica incolumità può essere costituito non solo dalle fiamme, ma anche dalle loro dirette conseguenze (calore, fumo, mancanza di ossigeno, eventuale sprigionarsi di gas pericolosi dalle materie incendiate) che si pongono in rapporto di causa ad effetto con l’incendio, senza soluzione di continuità.
E’ stato anche affermato che integra il delitto tentato di incendio, e non quello di danneggiamento seguito da incendio, la condotta di chi agisce al fine di danneggiare quando a tale specifica finalità si associa la coscienza e la volontà di cagionare un fatto di entità tale da assumere le dimensioni di un fuoco di non lievi proporzioni, ove l’azione non si compia o l’evento non si verifichi, in quanto anche nel tentativo occorre accertare se l’incendio rientra, come evento, nella proiezione della volontà dell’agente” (Sez. 3, n. 30265 del 19/04/2021, Tagliamento, Rv. 281720 – 01).
E’ poi utile evidenziare come il giudizio sulla ricorrenza del pericolo di incendio vada formulato sulla base di una prognosi postuma, “ex ante”, rapportato al momento in cui l’autore ha posto in essere la propria azione, e non già tenendo conto di come il fatto si è concluso; il giudizio prognostico, inoltre, deve essere a base parziale, ovvero fondato sulla valutazione delle circostanze concrete esistenti al momento dell’azione, senza che possano rilevare fattori eccezionali o sopravvenuti; e quindi la probabilità che il fuoco evolva in incendio vero e proprio deve essere desunta dalla situazione di fatto e, in particolare, dalle dimensioni del fuoco stesso in relazione al suo oggetto (Sez. 6, n. 35769 del 22/04/2010, COGNOME, Rv. 248585-01), senza che assumano alcuna rilevanza eventuali fattori imprevedibili o sopravvenuti (tra cui il tempestivo intervento di spegnimento: Sez. 5, n. 37196 del 28/03/2017, COGNOME, Rv. 27091401).
Ebbene, l’ordinanza impugnata non ha fatto buon governo dei principi che regolano la materia.
3.1. Va considerato come, pur in una fase procedimentale, nel cui ambito l’accrescimento delle conoscenze investigative può mutare l’assetto valutativo
(modello delle decisioni allo stato degli atti), la decisione in punto di gravi indizi d colpevolezza in ordine all’imputazione provvisoria come qualificata dal Pubblico Ministero, è correlata – in via generale – a precisi oneri di completezza dell’esame delle risultanze sino a quel momento acquisite. Ciò è frutto di una logica di sistema per cui l’adempimento di qualsiasi onere argomentativo implica la completezza dell’esame delle circostanze di fatto rilevanti per la specifica decisione.
Si è dunque sostenuto, in più arresti di questa Corte di legittimità, che il vizio di motivazione può essere rilevato in sede di legittimità: a) in sede di verifica circa la completezza e la globalità della valutazione operata nella decisione impugnata, non essendo consentito operare irragionevoli parcellizzazioni del materiale indiziario raccolto (in tal senso, tra le altre, Sez. Il n. 9269 del 5.12.2012, Della Costa, rv. 254871) nè omettere la valutazione di elementi obiettivamente incidenti nella economia del giudizio (in tal senso tra le molte Sez. IV, n.14732 del 1.3.2011, Molinario, rv 250133 nonchè Sez. I, n.25117 del 14.7.2006, COGNOME, Rv 234167) ; b) in sede di verifica circa l’assenza di evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica tali da compromettere passaggi essenziali del giudizio formulato.
3.2 In detti limiti, non potendo questa Corte sovrapporre una propria valutazione di atti a rilievo probatorio rispetto a quella realizzata in sede di merito, va purtuttavia rilevata l’errata prospettiva metodologica del Tribunale del riesame, che ha omesso di considerare che nel caso di specie la valutazione circa la qualificazione giuridica del fatto e della sua gravità andava fatta ex ante.
Se è certamente vero, come hanno scritto i Giudici bolognesi, che la vettura data alle fiamme fosse isolata rispetto alle altre, andavano tuttavia prese in considerazione sia le caratteristiche del bene aggredito (automobile), sia la vicinanza di alberi ad alto fusto, sia la vicinanza della pubblica via – con pista ciclabile-, sia l vicinanza ad un palo dell’illuminazione elettrica ed un tombino contenente cavi elettrici di rame.
Ancora, l’ordinanza impugnata non sembra avere tenuto in debito conto la circostanza che, allorquando intervennero i RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, il fuoco era già giunto ad intaccare un albero a grande fusto posto a distanza di 3 mt., e che dal rapporto dei Carabinieri risulta che, qualora le fiamme avessero avvolto il fusto maggiormente, si sarebbe verificato un meccanismo di innesco a catena con gli altri alberi per effetto del quale le fiamme si sarebbero propagate rapidamente verso gli immobili adiacenti e verso gli altri veicoli parcheggiati nei pressi.
La motivazione dell’ordinanza impugnata si appalesa quindi manifestamente illogica essendo il Tribunale giunto ad una riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 424 comma 1 cod. pen, attraverso una lettura parziale, deprimendo la valenza probatoria di alcun degli elementi evidenziati dal GIP nell’ordinanza genetica, e senza
tenere in debito conto il fatto che, all’atto del contrasto messo in essere dai RAGIONE_SOCIALE, il fuoco distruggitore si era già propagato, e quindi trascurando la circostanza che l’intervento che aveva impedito la diffusione delle fiamme costituiva un fattore esterno, indipendente dalla volontà dell’agente.
Si impone quindi l’annullamento dell’impugnata ordinanza, con rinvio al Tribunale del riesame di Bologna, perché proceda, nella assoluta libertà delle proprie determinazioni di merito, a nuovo giudizio, nel rispetto dei richiamati principi giurisprudenziali e procedendo a sanare i rilevati vizi motivazionali.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Bologna Sezione per il Riesame.
Così deciso il 16 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente