Delitto di Evasione: Quando la Violazione dell’Orario di Lavoro Diventa Reato
Recentemente, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso significativo riguardante il delitto di evasione per chi si trova agli arresti domiciliari con autorizzazione al lavoro. L’ordinanza chiarisce un punto fondamentale: allontanarsi dal luogo di lavoro autorizzato, anche solo violando la fascia oraria concessa, non è una semplice infrazione, ma integra a tutti gli effetti il reato di evasione. Questa decisione ribadisce un principio di diritto consolidato, sottolineando il rigore con cui la legge tratta le misure restrittive della libertà personale.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un individuo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari. A questa persona era stato concesso un permesso per svolgere un’attività lavorativa in un luogo e in orari specifici. Tuttavia, invece di rispettare scrupolosamente le condizioni imposte dal giudice, si era allontanato dal posto di lavoro al di fuori della fascia oraria autorizzata. Per questo comportamento, era stato condannato per il reato di evasione. L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua condotta non costituisse evasione, ma una semplice violazione delle prescrizioni, una trasgressione minore sanzionabile in modo diverso e meno grave.
La Decisione della Corte e il Principio sul delitto di evasione
La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno riaffermato un principio di diritto pacifico e già consolidato nella giurisprudenza. Hanno chiarito che l’allontanamento della persona sottoposta agli arresti domiciliari dal luogo in cui è autorizzata a svolgere l’attività lavorativa configura il delitto di evasione.
Le Motivazioni della Sentenza
La motivazione della Corte si fonda sulla distinzione netta tra la violazione delle prescrizioni accessorie (come, ad esempio, il divieto di comunicare con determinate persone) e l’allontanamento fisico dal luogo di detenzione. Gli arresti domiciliari, anche quando eseguiti in un luogo diverso dalla propria abitazione come un posto di lavoro, rappresentano una limitazione della libertà di movimento. Qualsiasi allontanamento non autorizzato da tale luogo è una vera e propria fuga, un’elusione del controllo dell’autorità giudiziaria, che integra la fattispecie del reato di evasione. Non si tratta, quindi, di una mera trasgressione sanzionabile ai sensi dell’articolo 276 del codice di procedura penale, che riguarda le violazioni di minore gravità delle prescrizioni imposte. La Corte ha citato un precedente specifico (Sez. 6, n. 3882 del 14/01/2010) per rafforzare la propria decisione, mostrando coerenza e stabilità nell’interpretazione della norma.
Conclusioni
L’ordinanza ha implicazioni pratiche molto importanti. Chi beneficia della misura degli arresti domiciliari con permesso di lavoro deve comprendere che il rispetto degli orari e del luogo autorizzato è tassativo. Ogni deviazione, anche se percepita come minima, può portare a una condanna per il grave reato di evasione. La decisione della Cassazione serve come monito: le autorizzazioni concesse non sono flessibili e la loro violazione comporta conseguenze penali severe, inclusa la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
Chi è agli arresti domiciliari con permesso di lavoro commette il delitto di evasione se si allontana dal luogo di lavoro violando l’orario autorizzato?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’allontanamento della persona sottoposta ad arresti domiciliari dal luogo in cui è autorizzata a svolgere l’attività lavorativa integra il delitto di evasione.
La violazione dell’orario di lavoro durante gli arresti domiciliari è considerata solo una trasgressione alle prescrizioni?
No, secondo la Suprema Corte non si tratta di una semplice trasgressione alle prescrizioni imposte (sanzionabile ex art. 276 c.p.p.), ma di un vero e proprio delitto di evasione.
Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso ritenuto manifestamente infondato in un caso di evasione?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31484 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31484 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a ZAPPONETA il 15/04/1970
avverso la sentenza del 19/06/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; visto il ricorso di NOME COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che il ricorso con cui si censura l’integrazione del delitto di evasione per aver ricorrente solo violato l’orario in cui era stato autorizzato a lavorare, è manifestamente infond costituendo principio di diritto pacifico quello secondo cui integra il delitto di evasione l’ipotesi di trasgressione alle prescrizioni imposte, sanzionabile ex art. 276 cod. proc. pen., l’allontanamento della persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari dal luogo in cu autorizzata a svolgere l’attività lavorativa (Sez. 6, n. 3882 del 14/01/2010, P.G. in proc. die Rv. 245811 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/07/2025.