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Delitto di evasione: la scusa del gatto non basta

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un uomo condannato per il delitto di evasione dagli arresti domiciliari. La giustificazione addotta, ovvero l’essersi allontanato per cercare il proprio gatto, è stata ritenuta una mera scusa strumentale, non idonea a escludere il dolo, anche alla luce di precedenti violazioni. La Corte ha confermato la gravità del fatto, negando le attenuanti generiche e l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Delitto di evasione: non basta la scusa del gatto smarrito

Il delitto di evasione, previsto dall’articolo 385 del Codice Penale, punisce chi, legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’interessante analisi su quali giustificazioni possano essere considerate valide e quali, invece, vengano liquidate come meri pretesti. Nel caso di specie, l’imputato ha tentato di giustificare il suo allontanamento dagli arresti domiciliari con la necessità di cercare il proprio gatto, che credeva fosse scappato. Vediamo come la Suprema Corte ha valutato questa difesa.

I Fatti di Causa

Un soggetto, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, veniva denunciato per evasione dopo essersi allontanato dalla propria abitazione. A sua discolpa, l’imputato sosteneva di essere uscito unicamente per cercare il suo gatto, che temeva si fosse perso. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello, tuttavia, non ritenevano credibile questa versione, condannandolo per il delitto di evasione. L’uomo decideva quindi di ricorrere in Cassazione, lamentando un’errata valutazione dell’elemento soggettivo del reato (il dolo) e chiedendo il riconoscimento delle attenuanti generiche e della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

L’analisi del delitto di evasione e le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione dei giudici di merito. Il ragionamento della Corte si è concentrato su alcuni punti chiave.

Innanzitutto, la giustificazione fornita è stata definita una “scusa strumentale”. I giudici hanno sottolineato come tale versione non avesse trovato alcun riscontro probatorio negli atti processuali. Anzi, era emerso che l’imputato si era già allontanato in altre occasioni dalla sua abitazione, tanto da essere stato precedentemente denunciato per lo stesso reato. Questo comportamento reiterato ha minato alla base la credibilità della sua difesa, trasformando una potenziale giustificazione in un semplice pretesto per violare la misura cautelare.

Per la configurazione del delitto di evasione è sufficiente il dolo generico, ossia la consapevolezza e la volontà di allontanarsi dal luogo di detenzione senza autorizzazione. La Corte ha ritenuto che la condotta dell’imputato, valutata nel suo complesso, dimostrasse pienamente questa volontà. La futilità della giustificazione addotta, unita alla sua strumentalità, è diventata essa stessa un indicatore della particolare intensità del dolo.

Di conseguenza, sono state respinte anche le altre richieste del ricorrente. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) è stata negata proprio in ragione della gravità del comportamento, desunta dalla futilità e strumentalità della scusa. Allo stesso modo, la Corte ha negato le circostanze attenuanti generiche, evidenziando la presenza di plurimi precedenti penali, l’intensità del dolo e l’assenza di elementi favorevoli a cui ancorare una diminuzione di pena.

Conclusioni

La decisione in esame ribadisce un principio fondamentale in materia di delitto di evasione: non ogni allontanamento può essere giustificato. La valutazione del giudice non si ferma alla singola dichiarazione dell’imputato, ma si estende a tutto il contesto, inclusi i suoi precedenti comportamenti e la credibilità intrinseca della giustificazione offerta. Una scusa, per quanto apparentemente plausibile, se non supportata da elementi oggettivi e se inserita in un quadro di ripetute violazioni, viene correttamente interpretata come un pretesto per eludere la misura restrittiva. Questo caso dimostra come la futilità del motivo addotto possa, paradossalmente, aggravare la posizione dell’imputato, diventando un indice della sua insensibilità alle prescrizioni dell’autorità giudiziaria.

Allontanarsi dagli arresti domiciliari per cercare il proprio gatto smarrito costituisce reato di evasione?
Sì. Secondo la Corte, tale condotta costituisce il delitto di evasione quando la giustificazione risulta essere una mera scusa strumentale, non provata e non idonea a escludere la volontà di allontanarsi dal luogo di detenzione.

Perché la Corte ha ritenuto la giustificazione dell’imputato non credibile?
La Corte l’ha ritenuta non credibile perché non ha trovato alcuna conferma negli atti processuali e, soprattutto, perché l’imputato si era già allontanato altre volte dalla sua abitazione, dimostrando una tendenza a violare la misura cautelare. La giustificazione è stata quindi valutata come un pretesto.

Quali elementi ha considerato la Corte per negare le circostanze attenuanti generiche?
La Corte ha negato le attenuanti generiche basandosi sulla presenza di numerosi precedenti penali a carico dell’imputato, sulla particolare intensità del dolo (desunta dalla futilità della scusa) e sull’assenza di qualsiasi elemento favorevole che potesse giustificare una riduzione della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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