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Delitto di devastazione: la rivolta in un CPR è reato

La Corte di Cassazione conferma la custodia cautelare per un indagato accusato del delitto di devastazione a seguito di una rivolta in un Centro di Permanenza per i Rimpatri. Si chiarisce che il reato sussiste quando l’azione, per vastità e modalità, lede concretamente l’ordine pubblico, oltre al patrimonio.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Delitto di Devastazione: Quando una Rivolta Diventa Reato secondo la Cassazione

Con la sentenza n. 33147/2025, la Corte di Cassazione affronta un caso di rivolta all’interno di un Centro di Permanenza per i Rimpatri (CPR), cogliendo l’occasione per delineare con precisione i confini del delitto di devastazione. La pronuncia chiarisce quando un’azione di danneggiamento collettivo cessa di essere un semplice reato contro il patrimonio per trasformarsi in un più grave attacco all’ordine pubblico, giustificando misure cautelari severe come la custodia in carcere.

I Fatti di Causa: la Rivolta nel Centro di Permanenza

Il caso ha origine da una violenta rivolta scoppiata all’interno di un CPR. Durante i disordini, un gruppo di circa 15-20 ospiti del centro, dopo aver appiccato dei fuochi, è salito sul tetto della struttura. Da lì, hanno iniziato un fitto lancio di oggetti contro le forze dell’ordine intervenute per sedare la sommossa. Gli oggetti, ricavati dal danneggiamento della struttura stessa, includevano pezzi di plexiglass taglienti, tegole, sbarre di ferro, mattonelle e persino un boiler.
L’azione ha causato lesioni a nove agenti e danni significativi ai mezzi delle forze dell’ordine. La situazione è tornata alla normalità solo dopo quattro ore, grazie all’intervento dei vigili del fuoco e all’uso di gas lacrimogeni. Grazie ai filmati, uno dei protagonisti della rivolta è stato individuato e raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

L’indagato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale del riesame che confermava la misura cautelare. I motivi principali del ricorso erano due:
1. Insussistenza del delitto di devastazione: Secondo la difesa, i fatti non integravano tale reato perché il danno, seppur presente, non era così vasto e profondo da rendere inservibile il complesso di beni. Inoltre, si sosteneva che l’azione avesse leso principalmente il patrimonio e non l’ordine pubblico.
2. Inidoneità della misura cautelare: La difesa contestava la scelta della custodia in carcere, ritenendola sproporzionata rispetto alle esigenze del caso concreto.

Il Delitto di Devastazione secondo la Cassazione

La Corte Suprema ha rigettato il ricorso, fornendo un’analisi dettagliata degli elementi che costituiscono il delitto di devastazione. I giudici hanno chiarito che il binomio ‘rivolta-devastazione’ non è automatico, ma nel caso specifico tutti gli elementi del reato erano presenti.
L’elemento oggettivo del reato consiste in un’azione che produce un danneggiamento complessivo, indiscriminato, vasto e profondo di una notevole quantità di beni. Tale azione deve essere idonea a determinare non solo un danno patrimoniale, ma anche un’offesa concreta all’ordine pubblico.
La Corte ha sottolineato che l’ordine pubblico va inteso come ‘buon assetto o regolare andamento del vivere civile’, a cui corrisponde nella collettività ‘l’opinione e il senso della tranquillità e della sicurezza’.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla constatazione che l’azione degli indagati non si è limitata a un mero danneggiamento. La natura indiscriminata e incontrollata dell’attacco, che ha colpito beni strutturali del centro (impianti, tegole, boiler), l’ampiezza dell’azione lesiva, la sua direzione verso le forze dell’ordine e la durata prolungata dei disordini (quattro ore) hanno messo in concreto pericolo l’ordine pubblico. L’allarme sociale generato e la perturbazione del normale funzionamento del centro sono stati elementi decisivi per qualificare i fatti come devastazione. Riguardo alla misura cautelare, la Corte ha ritenuto corretta la valutazione del Tribunale, che ha giustificato la custodia in carcere con l’elevato pericolo di reiterazione di reati simili e il concreto pericolo di fuga. La decisione ha tenuto conto della situazione soggettiva dell’indagato (migrante irregolare in attesa di rimpatrio), del suo ruolo da protagonista nelle condotte violente e dei suoi precedenti penali.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la qualificazione di un fatto come delitto di devastazione dipende non solo dall’entità del danno materiale, ma soprattutto dalla sua capacità di minacciare la sicurezza e la tranquillità della collettività. La pronuncia offre un criterio chiaro per distinguere il danneggiamento aggravato, pur grave, dalla devastazione, legando quest’ultima a un impatto diffuso e a un’offesa tangibile all’ordine pubblico. Le implicazioni pratiche sono rilevanti, poiché tale qualificazione giuridica comporta conseguenze sanzionatorie e cautelari molto più severe.

Quando un danneggiamento di gruppo si trasforma nel più grave delitto di devastazione?
Secondo la sentenza, ciò avviene quando l’azione non solo causa un danno patrimoniale, ma è anche indiscriminata, vasta e profonda, tale da produrre un’offesa e un pericolo concreti per l’ordine pubblico, inteso come il normale e pacifico svolgimento della vita civile.

Cosa intende la Corte per ‘ordine pubblico’ nel contesto del reato di devastazione?
La Corte lo definisce come il ‘buon assetto o regolare andamento del vivere civile’, a cui corrisponde nella collettività il senso di tranquillità e sicurezza. Fatti come una rivolta violenta e prolungata, che generano grave allarme sociale, ledono direttamente questo bene giuridico.

Perché è stata confermata la misura della custodia cautelare in carcere per l’indagato?
La misura è stata ritenuta adeguata a causa della pregnanza del pericolo di reiterazione di fatti analoghi e del pericolo di fuga. La decisione si è basata sulla gravità delle condotte, sul ruolo di protagonista svolto dall’indagato, sui suoi precedenti penali e sulla sua condizione di migrante irregolare in attesa di rimpatrio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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