Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 25902 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 25902 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a SERRENTI il 15/01/1955,
COGNOME NOME nato a SERRENTI il 09/10/1964
avverso la sentenza del 18/01/2022 della Corte d’appello di Cagliari
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito, per la parte civile Comune di Samassi, l’Avv. NOME Carlo COGNOME COGNOME che ha chiesto che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili o comunque rigettati con condanne dei ricorrenti alle spese, come da conclusioni scritte e nota spese depositate in udienza;
uditi, per i ricorrenti, l’Avv. NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME e l’Avv. NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1.COGNOME Mauro e COGNOME NOME ricorrono per l’annullamento della sentenza del 6 marzo 2024 della Corte di appello di Cagliari che, rigettando le loro
impugnazioni, ha confermato la condanna alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione e 10.000 euro di multa ciascuno irrogata con sentenza del 18 gennaio 2022 del Tribunale di Cagliari per il reato di cui agli artt. 113, 452-bis, 452quinquies cod. pen. loro ascritto perché, in cooperazione tra loro, nelle rispettive qualità di direttore generale del RAGIONE_SOCIALE, responsabile di tutti i servizi, il COGNOME, di Presidente e lega rappresentante del medesimo Consorzio, responsabile della vigilanza sull’andamento del consorzio stesso e sull’operato del direttore generale l’Ortu, i cooperazione tra loro, per colpa, in particolare per negligenza, imprudenza e imperizia, abusivamente cagionavano la connpronnissione e comunque il deterioramento, significativi e misurabili, delle acque e di una significativ porzione di suolo, in area sottoposta a vincolo paesaggistico. In particolare omettendo di disporre e comunque di verificare i necessari interventi di manutenzione straordinaria di competenza del consorzio, determinavano il verificarsi di numerosi casi di sversannento di reflui non trattati da due stazioni sollevamento con conseguente inquinamento del suolo e del Rio Mannu. Il fatto è contestato come accertato fino al 22 novembre 2016
2.NOME COGNOME articola quattro motivi.
2.1.Con il primo deduce l’erronea applicazione degli artt. 40 cod. pen. e 16 d.lgs. n. 81 del 2008 e la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazion con riferimento al rapporto di causalità e alla delega delle funzioni.
2.2.Con il secondo motivo deduce l’omessa motivazione sulla natura decisiva del provvedimento n. 283/2014 della Provincia del Medio Campidano che autorizzava lo scarico in ambiente dei reflui urbani e individuava quale responsabile dell’impianto l’ing. NOME COGNOME.
2.3.Con il terzo motivo deduce la mancata assunzione di una prova decisiva, la mancanza, la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione circa l’autonomia del Consorzio (RAGIONE_SOCIALE) e della RAGIONE_SOCIALE
2.4.Con il quarto motivo deduce l’inosservanza degli artt. 40 cod. pen. e 192 cod. proc. pen. e la mancanza e la contraddittorietà della motivazione in ordine alla prova del fatto e del danno e del nesso di condizionamento.
3.NOME COGNOME articola tre motivi.
3.1.Con il primo deduce l’inosservanza o l’erronea applicazione dell’art. 40 cod. pen. e il travisamento della prova, nonché la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per aveva la Corte di appello omesso di valutare la causa del blocco delle pompe che avevano determinato lo sversamento.
3.2.Con il secondo motivo deduce l’inosservanza dell’art. 16 d.lgs. n. 81 del 2008, il travisamento della prova e la contraddittorietà o manifesta illogicità dell
motivazione per aver ritenuto irrilevante la delega di funzioni del Consorzio RAGIONE_SOCIALE alla società RAGIONE_SOCIALE pur essendo quest’ultima gestore de iure e de fact delle stazioni di sollevamento nelle quali si sono verificati gli sversannenti ogget di giudizio.
3.3.Con il terzo motivo deduce l’inosservanza o l’erronea applicazione degli artt. 27 Cost. e 43 cod. pen. nonché la contraddittorietà e manifesta illogicità del motivazione che ha ritenuto sussistenti i presupposti del reato di cui all’art. 4 quinquies cod. pen. in capo al ricorrente nella qualità di presidente del Consorzio RAGIONE_SOCIALE per gli sversannenti avvenuti nella stazione di sollevamento gestita dalla RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono infondati.
2.Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che:
2.1.il procedimento penale era stato iscritto a seguito di svariati episodi tracimazione di liquami fognari, nelle località “Bau INDIRIZZO” e “INDIRIZZO” in territorio di Samassi, che avevano comportato l’inquinamento del suolo rilevato dalle autorità ambientali (Arpas e Asl) che avevano certificato il superamento dei limiti legali di inquinamento;
2.2.il Consorzio RAGIONE_SOCIALE, del quale il COGNOME era Direttore generale, l’COGNOME Presidente, è un ente di diritto pubblico costituito da vari Comuni per la gestion degli impianti di depurazione e stazioni di sollevamento delle acque reflue;
2.3.la gestione operativa degli impianti era stata affidata alla società RAGIONE_SOCIALE, società in-house incaricata con contratto di servizio n. 6/2009 che prevedeva l’obbligo della “conduzione, la sorveglianza, il controllo e l manutenzione dell’impianto consortile del CISA”;
2.4.diversi testimoni avevano confermato che gli impianti di sollevamento gestiti dal Consorzio presentavano problemi di funzionalità e che si era discusso della necessità di ispezioni regolari e interventi di manutenzione per garantire corretto funzionamento delle pompe e degli impianti elettrici nonché della presenza di sistemi di telecontrollo che avrebbero dovuto segnalare tempestivamente eventuali guasti;
2.5.un dipendente del Consorzio, tal NOME COGNOME aveva riferito che il Consorzio era intervenuto solo successivamente a una segnalazione del Comune di Samassi riguardante uno sversamento di liquami ed ha confermato che il COGNOME quale Direttore generale, aveva disposto diversi interventi di manutenzione
ordinaria e straordinaria per migliorare il funzionamento delle stazioni d sollevamento;
2.6.altro dipendente dell’impianto di depurazione, tal NOME COGNOME aveva confermato che la manutenzione degli impianti, inclusa la gestione delle stazioni di sollevamento e dei gruppi elettrogeni, era responsabilità del Consorzio e di Cisa Service sotto la supervisione dei responsabili tecnici;
2.7.il malfunzionamento degli impianti di sollevamento di “Bau Sa Teula” e “Truncu S’011astu” aveva comportato il riempimento delle vasche di accumulo dei liquami e il conseguente sversannento nei territori circostanti che aveva comportato l’aumento di escherichia coli oltre i limiti legali di tollerabilit l’inquinamento delle falde acquifere e del Rio Mannu;
2.8.gli imputati, nella loro qualità non avevano vigilato sull’efficacia dell manutenzione degli impianti;
2.9.secondo il Tribunale, in particolare: a) avevano il dovere di assicurarsi che la manutenzione degli impianti fosse eseguita in modo tempestivo e adeguato; b) avrebbero dovuto intervenire immediatamente quando erano stati informati degli sversannenti di liquami; c) nonostante la delega a terzi della gestione operativa mantenevano una posizione di garanzia nei confronti dell’ambiente e della salute pubblica considerata la onnicomprensività della delega stessa, talmente ampia e generica da svuotare di significato la esistenza stessa del Consorzio relegato al rango di mero ente di collegamento tra la Regione Sardegna (che ne finanziava opere e gestione) e la società in-house, unica destinataria dei compiti stabiliti da legge e dallo statuto del Consorzio in capo a quest’ultimo;
2.10.RAGIONE_SOCIALE, inoltre, utilizzava indistintamente i mezzi e il personale del Consorzio e i due Enti non avevano alcuna concreta distinzione, né la delega prevedeva il trasferimento dei correlativi poteri di gestione e di spesa ché, anz come detto, RAGIONE_SOCIALE utilizzava mezzi e talvolta personale del Consorzio dal quale riceveva puntuali disposizioni di intervento;
2.11.i due ricorrenti erano stati più volte informati (anche per iscritto) del situazione di grave inquinamento ambientale derivante dalla mancata manutenzione degli impianti sicché, a prescindere dalla validità della delega a RAGIONE_SOCIALE, essi non avevano sollecitato né diffidato il delegato ad adempiere ai suoi doveri contrattuali, né avevano provveduto a fronteggiare la situazione di grave crisi ambientale;
2.12.I’organizzazione aziendale era strutturalmente carente non potendo gli imputati limitarsi a “spogliarsi” frettolosamente e definitivamente delle proprie incombenze, quantomeno sotto il profilo della mancata adozione di sistemi di controllo delle attività del delegato e comunque sotto il profilo del dovere d intervento operativo, anche in forma sostitutiva della inosservanza dei doveri del delegato;
2.13.1a manutenzione degli impianti doveva essere effettuata con cura e in tempi frequenti, potendosi altrimenti verificare un guasto agli impianti stessi conseguenti malfunzionamenti o interruzioni del servizio;
2.14.1a mancata manutenzione delle pompe e degli impianti (sia in ordine alla pulizia dei residui, sia in ordine alla funzionalità delle pompe e dei grup elettrogeni) ha comportato un mancato sollevamento delle acque e dei liquami che ne ha a sua volta cagionato il versamento nei terreni circostanti;
2.15.il Consorzio, e personalmente i due imputati, era stato informato della situazione di grave incuria in cui versavano le due pompe di sollevamento e delle conseguenze che si iniziavano a verificare in assenza di manutenzione;
2.16.i testimoni esaminati in dibattimento avevano riferito che le uniche risposte che erano giunte dal Consorzio si limitavano a richiamare la delega di manutenzione rilasciata alla RAGIONE_SOCIALE;
2.17.i due ricorrenti erano perfettamente a conoscenza del rischio che tale situazione comportava poiché il mancato funzionamento delle pompe di sollevamento avrebbe con certezza causato lo sversannento dei liquami nella zona circostante con inquinamento certo (o comunque assai probabile) delle falde e del territorio circostante;
2.18.1a costituzione del Consorzio aveva proprio la finalità di consentire una più efficace gestione del sistema fognario dei Comuni del circondario e quindi di evitare il rischio di inquinamento probabilmente derivante dalla cattiva gestione dei rifiuti;
2.19.1’adozione delle corrette procedure di manutenzione e di gestione dei liquami avrebbe consentito, se non di evitare un temporaneo e transitorio episodio di sversamento, quantomeno di evitare l’inquinamento della zona e il superamento dei limiti legali di presenza batterica, potenzialmente dannoso per la comunità circostante.
Nel disattendere i rilievi difensivi e nel condividere le conclusioni del prim Giudice, la Corte di appello ha altresì affermato che:
2.20.è incontestabile l’oggettiva sussistenza del reato (e delle sue cause) al luce delle prove documentali e testimoniali indicate dalla Corte stessa a pag. 17 della sentenza oggi impugnata;
2.21.il difetto di funzionamento degli impianti di sollevamento aveva determinato l’eccessivo riempimento delle vasche di accumulo dei liquami e il conseguente sversamento nei terreni circostanti;
2.22.in particolare, tale problematica si era verificata in entrambi gli impianti di sollevamento per il mancato funzionamento della pompa ausiliaria, presente nelle due stazioni, che doveva essere attivata manualmente in caso di blocco della pompa primaria, in quanto priva di un efficiente sistema di accensione automatica
(la sentenza riporta per estratto uno stralcio della testimonianza dell’ispettore COGNOME);
2.23.tale conclusione – aggiungono i Giudici distrettuali – non è mai stata messa in discussione dagli odierni ricorrenti che si erano invece concentrati sulle cause del riempimento delle vasche di accumulo avendo ritenuto di individuarle in un blocco delle pompe di sollevamento (cosiddetto “blocco termico”), dovuto alla presenza di un corpo estraneo che le aveva ostruite;
2.24.nna anche a voler aderire a tale assunto, annota la Corte di appello, ciò che rileva è il difettoso funzionamento dell’impianto di sollevamento dei liquami nel suo complesso (dovuto al blocco della pompa principale e al mancato avvio di quella automatica), il successivo riempimento delle vasche di accumulo e conseguente s versa mento all’esterno, a prescindere dalla causa specifica che lo ha determinato, essendo frequente- e del tutto prevedibile – la presenza nelle condotte fognarie di materiali idonei ad ostruire le pompe;
2.25.in altre parole, conclude la Corte, la sequenza fattuale che ha determinato lo sversamento dei liquami e l’evento del reato va individuata, anche nel caso di un “blocco termico” dovuto alla presenza di un corpo estraneo, nel difettoso funzionamento dell’impianto di sollevamento (che evidentemente doveva essere dotato di sistemi idonei a garantirne l’operatività, anche nel caso di blocco di una delle pompe), e nell’omissione di un’adeguata attività di manutenzione e pulizia delle vasche;
2.26.entrambi gli imputati avrebbero dovuto occuparsi della gestione ordinaria e della manutenzione degli impianti di sollevamento, disponendo che fosse tempestivamente ed efficacemente effettuata, e vigilare sul loro funzionamento;
2.27.ai sensi dell’articolo 22 dello statuto al COGNOME, quale Direttore del consorzio, erano attribuiti poteri – tipicamente manageriali – di gestione per l’attuazione degli indirizzi programmatici e degli obiettivi individuati per il perseguimento dei fini dell’ente; egli era inoltre responsabile della correttezza amministrativa e della efficienza della gestione e doveva svolgere tutte le attività gestionali e tecnico-manageriali, anche di rilevanza esterna, non espressamente riservate ad altri soggetti;
2.28.al Direttore, dunque, competeva certamente la gestione ordinaria degli impianti, la loro manutenzione e, più in generale, il potere-dovere di intervento, anche in via d’urgenza, nel caso di episodi di malfunzionamento dei sistemi di adduzione delle acque reflue;
2.29.al Presidente del Consiglio di amministrazione, invece, competeva, ai sensi dell’articolo 15 dello Statuto, di vigilare sul generale andamento dell’Ente (che comprendeva anche la gestione del servizio di fognatura e delle acque reflue dei comuni consorziati) e sull’operato del Direttore (lett. I), delineandosi così in
capo al vertice del consorzio, una posizione di garanzia anche in relazione al verificarsi di episodi di sversamenti di liquami provenienti dalle condotte fognarie, posizione cui si accompagnavano anche i poteri di spesa, con la possibilità di adottare variazioni al bilancio in via di urgenza (lett. f ed n), in ipotesi utilizzabili anche per far fronte ad evenienze come i malfunzionamenti delle due stazioni di sollevamento che avevano provocato gli versa menti dei liquami descritti nell’imputazione;
2.30.é inapplicabile, di conseguenza, al caso di specie l’articolo 50 TUEL che fa riferimento alle prerogative del sindaco del Comune;
2.31.1a delega di affidamento della gestione delle stazioni di sollevamento conferita alla RAGIONE_SOCIALE non esclude la permanenza dei doveri di vigilanza in capo all’Ente delegante, con conseguente irrilevanza delle questioni relative alla natura e all’efficacia della delega stessa, ferme restando le carenze strutturali della società delegata già evidenziate dal primo Giudice;
2.32.entrambi gli imputati avevano totalmente omesso di esercitare i doveri di vigilanza sull’esecuzione dell’attività demandata alla società in house con il contratto del 27 luglio 2009, e dunque, sulla premessa incontestata che entrambi gli imputati erano stati informati della situazione di grave incuria in cui versavano le due pompe di sollevamento e delle conseguenze che si iniziavano a verificare in assenza di manutenzione: (i) Musio avrebbe dovuto verificare le cause degli sversannenti, chiaramente riconducibili a difetti di funzionamento degli impianti di sollevamento e risolvibili con interventi di manutenzione straordinaria non effettuabili dalla società delegata, considerato che, a norma di contratto (art. 1 dell’integrazione del contratto di servizio), RAGIONE_SOCIALE aveva il compito di condurre, sorvegliare ed effettuare la sola manutenzione ordinaria degli impianti stessi; avrebbe dovuto sollecitare il Consiglio di amministrazione e il Presidente del Consorzio affinché adottassero i provvedimenti di spesa necessari a risolvere le problematiche delle quali era a conoscenza fin dal 2015; (ii) COGNOME avrebbe dovuto vigilare sull’operato del Direttore, sollecitare un intervento che risolvesse le problematiche legate al funzionamento delle pompe di sollevamento, anche esercitando i poteri di urgenza a lui attribuiti dall’art. 15 dello Statuto che gli consentivano di stanziare i fondi necessari, disponendo le relative variazioni di bilancio da sottoporre a successiva ratifica da parte dell’assemblea;
2.33.ed invece gli imputati, pur consapevoli del rischio che la situazione denunciata causava al bene protetto, si erano limitati a far valere l’affidamento dell’incarico alla società RAGIONE_SOCIALE senza mai attivarsi in concreto per sopperire alle problematiche di cui erano stati portati a conoscenza anche dallo stesso amministratore della società delegata, problematiche che riguardavano il funzionamento dei gruppi elettronici e il sistema di tele-controllo.
3.11 ricorso di NOME COGNOME.
3.1.11 primo motivo è proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge nella fase di legittimità.
3.2.E invero, l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 – 01). La verifica che la Corte di cassazione è abilitata a compiere sulla completezza e sulla correttezza della motivazione di una sentenza non può essere confusa con una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella fornita dal giudice di merito. Nè la Corte suprema può esprimere alcun giudizio sulla rilevanza e sull’attendibilità delle fonti di prova, giacché esso, anche in base all’ordinamento processuale preesistente all’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale – nel quale non esistevano i limiti preclusivi che un’avvertita esigenza di maggior razionalizzazione del sistema ha introdotto con l’art. 606, primo comma, lett. e) , del codice di procedura vigente – era attribuito al giudice di merito, con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se coerenti, sul piano logico, con una esauriente analisi delle risultanze probatorie acquisite, si sottraggono al sindacato di legittimità, una volta accertato che il processo formativo del libero convincimento del giudice non ha subito il condizionamento di una riduttiva indagine conoscitiva o gli effetti altrettanto negativi di un’imprecisa ricostruzione del contenuto di una prova (Sez U, n. 2110 del 23/11/1995, COGNOME, Rv. 203767 – 01).
3.3.L’indagine di legittimità può estendersi al contenuto delle singole prove solo quando la contraddittorietà della motivazione risulti da “atti del processo specificamente indicati” (cd. travisamento della prova), vizio configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia; il relativo vizio ha natura decisiva solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758 – 01; Sez. 1, n. 53600 del 24/11/2016,
dep. 2017, COGNOME, Rv. 271635 – 01; Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, COGNOME, Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499).
Il travisamento consiste in un errore percettivo (e non valutativo) della prova, tale da minare alle fondamenta il ragionamento del giudice ed il sillogismo che ad esso presiede. In particolare, consiste nell’affermare come esistenti fatti certamente non esistenti ovvero come inesistenti fatti certamente esistenti. Il travisamento rende la motivazione insanabilmente contraddittoria con le premesse fattuali del ragionamento così come illustrate nel provvedimento impugnato, una diversità tale da non reggere all’urto del contro-giudizio logico sulla tenuta del sillogismo. Il vizio è perciò decisivo quando la frattura logica tra la premessa fattuale del ragionamento e la conclusione che ne viene tratta è irreparabile. Come ben spiegato da Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, n.m. sul punto, il travisamento della prova sussiste quando emerge che la sua lettura sia affetta da errore “revocatorio”, per omissione, invenzione o falsificazione. In questo caso, difatti, la difformità cade sul significante (sul documento) e non sul significato (sul documentato).
3.4.Esula, dunque, dal concetto di “travisamento” della prova la proposta di una diversa lettura della prova stessa o di una diversa interpretazione del suo contenuto. Non sono di conseguenza scrutinabili le censure difensive che sollecitano alla Corte di cassazione una diretta (e diversa) interpretazione del contratto di delega delle funzioni del 9 aprile 2008 e della testimonianza di COGNOME NOME.
3.5.Inoltre, poiché il vizio riguarda la ricostruzione del fatto effettuata utilizzando la prova travisata, se l’errore è imputabile al giudice di primo grado la relativa questione deve essere devoluta al giudice dell’appello, pena la sua preclusione nel giudizio di legittimità, non potendo essere dedotto con ricorso per cassazione, in caso di c.d “doppia conforme”, il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il giudice di secondo grado se il travisamento non gli era stato rappresentato (Sez. 5, n. 48703 del 24/09/2014, COGNOME, Rv. 261438; Sez. 6, n. 5146 del 2014, cit.), a meno che, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, il giudice di secondo grado abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (nel qual caso il vizio può essere eccepito in sede di legittimità, Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013, COGNOME, Rv. 258438). E’ stato precisato (e deve essere ribadito) che nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di
secondo grado (Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777 – 01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217 – 01).
3.6.Manca, al riguardo, una specifica indicazione del ricorrente.
3.8.11 ricorrente non allega i verbali delle prove nella loro interezza.
3.9.11 rilievo difensivo è in ogni caso infondato.
3.10.In materia di delega di funzioni ambientali, la giurisprudenza della Corte di cassazione è ormai attestata sull’affermazione del principio secondo il quale non
è più richiesto, per la validità e l’efficacia della delega, che il trasferimento stesse sia reso necessario dalle dimensioni dell’impresa o, quanto meno, dalle esigenze organizzative della medesima, attesa l’esigenza di evitare asimmetrie con la disciplina in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la quale, seguito della entrata in vigore dell’art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008, non contempla più tra i requisiti richiesti per una delega valida ed efficace quello delle “necessi (Sez. 3, n. 27862 del 21/05/2015, COGNOME, Rv. 264197 – 01; Sez. 3, n. 30930 del 10/04/2024, COGNOME, non mass. sul punto; Sez. 3, n. 33033 del 18/09/2020, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 17174 del 03/03/2020, COGNOME, non mass. sul punto; Sez. 3, n. 15935 del 05/02/2020, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 52636 del 15/06/2017, COGNOME, non mass.).
3.12.Si è dunque costantemente affermato che l’attribuzione della delega di funzioni non fa venir meno il dovere di controllo del delegante sul corretto espletamento delle funzioni conferite, sussistendo, tuttavia, la responsabilità d quest’ultimo solo qualora si ravvisino in concreto gli estremi della “culpa in vigilando” (oltre la giurisprudenza citata al § 3.11 che precede, Sez. 3, n. 17174 del 03/03/2020, Ceirano, Rv. 279013 – 01; Sez. 3, n. 30930 del 10/04/2024, COGNOME non mass. sul punto; Sez. 3, n. 46689 del 02/11/2023, non mass.).
3.11.Ciò nondimeno, la delega di funzioni ambientali è consentita a condizione che la stessa: a) sia puntuale ed espressa, con esclusione di poteri residuali capo al delegante; b) riguardi, oltre alle funzioni, anche i correlativi pot decisionali e di spesa; c) la sua esistenza sia giudizialmente provata con certezza; d) il delegato sia tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato allo svolgimento dei compiti affidatigli; e) il trasferimento delle funzioni sia giustifica dalle dimensioni o dalle esigenze organizzative dell’impresa o, quantomeno, alle esigenze organizzative della stessa, ferma restando la persistenza di un obbligo di vigilanza del delegante in ordine al corretto espletamento, da parte del delegato, delle funzioni trasferite (Sez. 3, n.15941 del 12/02/2020, Fissolo, Rv. 278879 01; Sez. 3, n. 6420 del 07/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 238980 01; Sez. 2, n. 8978 del 03/08/2000, Biadene, Rv. 217703 – 01, che ha affermato che, una volta conferita efficace delega, persiste, in capo all’imprenditore, l’obbligo sorveglianza sul concreto esercizio dei poteri delegati, giacché ciò vanificherebbe la funzione della delega stessa, fermo restando che si ricostituisce la responsabilità, sotto il profilo penale, del preponente ove vi sia stata da parte del delegato una richiesta – non esaudita – di intervento in quelle situazioni in c questi non abbia il potere o i mezzi per incidere nel senso voluto; Sez. 3, n. 42598 del 12/09/2024, Volponi, non mass.). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.13.Del resto, la delega di funzioni, proprio perché manifestazione ed attuazione, ad un tempo, del potere finalistico dell’imprenditore sull’azienda e sui suoi collaboratori, non priva mai il delegante del potere-dovere di vigilare e di
contro
llare che il delegato usi correttamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (Sez. U, n. 39343 del 24/04/2014, COGNOME, Rv. 261108 – 01; Sez. 4, n. 24908 del 29/01/2019, COGNOME, Rv. 276335 – 01; Sez. 4, n. 39158 del 18/01/2013, COGNOME, Rv. 256878 – 01; Sez. 3, n. 38425 del 19/06/2006, COGNOME, Rv. 235184 – 01).
3.14.Non ha alcun fondamento logico, né giuridico la deduzione difensiva della necessità del preventivo accertamento della colpa del delegato, sia perché alcuna norma impone il preventivo esercizio dell’azione penale nei confronti di quest’ultimo (non essendo prevista alcuna pregiudiziale penale in tal senso, smentita, anzi, dal chiaro tenore letterale dell’art. 2 cod. proc. pen.), sia perché, il delegante, una volta speratamene ed irrevocabilmente dichiarata la penale responsabilità del delegato, potrebbe comunque contestare la oggettiva sussistenza di un reato accertato in altro processo celebrato in assenza di contraddittorio con il delegante stesso, non avendo la sentenza pronunciata nei confronti del delegato efficacia vincolante nel processo a carico del delegante (art. 2, comma 2, cod. proc. pen.).
3.15.La deduzione difensiva è anche infondata in fatto poiché, come incontestabilmente accertato in sede di merito, la RAGIONE_SOCIALE utilizzava mezzi e personale del Consorzio (da cui riceveva puntuali disposizioni di intervento), i due organismi non avevano alcuna concreta distinzione e, sopratutto, il delegato non aveva autonomo potere di spesa. RAGIONE_SOCIALE era dunque strutturalmente ed economicamente e incapace di far fronte a tutti i compiti delegati con conseguente applicazione del principio secondo il quale l’inosservanza delle prescrizioni ambientali dovuta a “decifit” strutturali imputabili a precise scelte del legale rappresentante dell’impresa rende lo stesso direttamente responsabile della violazione, pur in presenza di una delega di funzioni (Sez. 3, n. 30930 del 10/04/2024, COGNOME, Rv. 286794 – 01).
3.16.A questi argomenti se ne aggiunge un altro.
3.17.L’elaborazione giurisprudenziale fin qui citata riguarda le modalità con cui l’imprenditore organizza la propria attività; presuppone, cioè, l’unicità dell’organizzazione e la riconducibilità all’imprenditore (persona fisica o società) della decisione di delegare l’esercizio di alcune funzioni. Nel caso di specie, la “delega” è stata conferita ad un soggetto giuridico formalmente distinto dal delegante, che non è parte dell’azienda di questi, sicché nei rapporti tra delegante e delegato rilevano le fonti (anche contrattuali nel caso di specie) che consentono l’esercizio delle funzioni delegate e ne conformano i contenuti. Orbene, risulta chiaro dalla lettura delle sentenze di merito che l’ente delegante aveva il potere di intervenire nella manutenzione degli impianti attivando poteri di spesa non attribuiti al (o comunque dei quali era privo il) delegato. Ed in virtù di tale potere di intervento gli organi apicali dell’ente delegante erano stati costantemente
(quanto inutilmente) informati dei problemi di funzionamento delle pompe e delle relative conseguenze.
3.18.Le considerazioni che precedono militano a favore della infondatezza del secondo motivo (sotto il profilo della irrilevanza del vizio dedotto), non venendo in rilievo la validità formale della delega di gestione che non poteva che far capo al legale rappresentante dell’ente delegato. Sicché, non si vede quale informazione decisiva in senso contrario alla tesi accusatoria poteva derivare dal provvedimento dirigenziale n. 284/14 del 28 marzo 2014 della Provincia del Medio Campidano che ha rinnovato al Consorzio (delegante) l’autorizzazione allo scarico dei reflui del depuratore gestito, si legge nel provvedimento, dal dott. NOME COGNOME quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE. Si potrebbe affermare, in senso contrario, che l’autorizzazione è formalmente intestata al Consorzio (all’ente delegante), non alla società in house, sicché, semmai, la responsabilità del delegato si aggiungerebbe a quella del delegante, senza escluderla affatto. Nè la necessaria (e inevitabile) presa d’atto, da parte di terzi, dell’esistenza di un contratto di gestione del depuratore e di una società deputata alla gestione stessa, costituisce elemento valutabile a fini probatori per ridisegna re i rapporti interni tra società delegata e consorzio delegante ed escludere quel che il giudice penale ha accertato in concreto.
3.19.Per le ragioni sin qui esposte è infondato anche il terzo motivo.
3.20.11 ricorrente lamenta che la Corte di appello non ha preso in considerazione due prove decisive: a) la testimonianza di NOME COGNOME che, all’udienza del 3 febbraio 2021, aveva affermato di non poter prendere ordini dal direttore del consorzio ma solo dal responsabile di RAGIONE_SOCIALE (si tratta, afferma il ricorrente, di “prova regina” sull’operare dei due enti); b) l’esistenza di un contenzioso tra RAGIONE_SOCIALE e il Consorzio che smentisce la tesi dell’esistenza di una unica unità organizzativa.
3.21.11 profilo dedotto è (testualmente) la “violazione art. 606 lett. d) e)”, in relazione alla «mancata assunzione di una prova decisiva, la mancanza della motivazione, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, circa l’entità dei due enti».
3.22.In realtà, non si tratta della mancata assunzione di una prova decisiva perché le prove (lo afferma contraddittoriamente lo stesso ricorrente) sono state assunte. Si tratta, semmai, della omessa valutazione di una prova assunta e, dunque, di un travisamento per omissione che avrebbe dovuto essere specificamente dedotto in appello ai sensi dell’art. 581, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. e, in questa sede, nei termini illustrati ai §§ 3.5-3.7 che precedono.
3.23.E’ appena il caso di evidenziare che la testimonianza di NOME COGNOME non è allegata nella sua interezza, ciò che impedisce la valutazione del vizio dedotto.
3.24.In ogni caso, ancora una volta l’informazione probatoria che si assume omessa non è decisiva perché, anche a ipotizzare la piena autonomia operativa dei due enti, resta il fatto che attraverso la delega il Consorzio non si è privato totalmente delle sue attribuzioni né, di conseguenza, ha abdicato al suo irrinunciabile potere di controllo, perché altrimenti, più che di delega, si sarebbe trattato di una vera e propria “cessione”, di un trasferimento definitivo ad altri delle proprie prerogative e sopratutto degli scopi (o almeno di uno degli scop,) per i quali il Consorzio stesso era stato costituito: la gestione delle reti di depurazione delle acque e degli impianti di trattamento.
3.25.11 quarto motivo deduce questioni circa la mancanza di prova del danno ambientale (e dunque dell’evento del reato) che non sono state dedotte nei medesimi termini in appello.
3.26roggettiva sussistenza del reato, dovuta alla tracimazione di liquami fognari dagli impianti di sollevamento, non risulta specificamente contestata in appello.
3.27.Quanto alle cause delle tracimazioni, la Corte territoriale è stata molto chiara quando, sulla base di prove delle quali non è stato dedotto il travisamento, ha affermato che il blocco delle pompe principali era sì dovuto alla presenza (tutt’altro che inusuale) di corpi estranei tra i liquami ma che tale blocco, proprio perché prevedibile, avrebbe dovuto innescare il funzionamento delle pompe ausiliari che invece, per motivi strutturali, non erano mai entrate in funzione. Non si tratta, dunque, solo di “attività di semplice pulizia delle vasche” (come riduttivamente sostiene il ricorrente) ma del mancato intervento strutturale sulle pompe ausiliare il cui regolare funzionamento avrebbe impedito lo sversamento dei liquami.
3.28.L’ultimo motivo è generico e infondato.
3.29.1 termini di prescrizione del reato di cui all’art. 452-bis cod. pen., come di tutti i delitti contro l’ambiente di cui al titolo VI-bis del Libro Secondo del codice penale, sono stati raddoppiati dall’art. 1, comma 6, legge n. 68 del 2015, dalla stessa legge, cioè, che ha inserito il titolo VI-bis citato.
3.30.La rubrica indica il 22 novembre 2016 come data di consumazione del reato. Ne consegue che, trattandosi di delitto con pena massima edittale di sei anni, la prescrizione matura, tenuto conto delle sue interruzioni, non prima del 22 novembre 2031, senza tener conto delle sospensioni del dibattimento.
4.11 ricorso di NOME COGNOME.
4.1.Le argomentazioni sviluppate in sede di esame del ricorso di NOME COGNOME militano a favore della infondatezza del primo motivo.
4.2.In disparte l’inammissibile richiamo al contenuto delle prove dichiarative delle quali viene impropriamente dedotto il travisamento ma delle quali, in realtà,
viene censurato il malgoverno logico (ciò che impedisce alla Corte di cassazione di basare la propria decisione su tali dati siccome esterni al perimetro delineato dal testo della motivazione), non corrisponde a verità che la Corte di appello non ha individuato la causa degli sversamenti direttamente riconducibili all’inerzia dei ricorrenti avendola invece specificamente individuata nel mancato funzionamento delle pompe ausiliarie senza escludere la causa concorrente della mancata manutenzione delle vasche di accumulo. I Giudici distrettuali hanno dunque individuato le cause degli sversamenti imputabili ai ricorrenti indicando anche la prova dichiarativa da cui hanno tratto l’informazione accusatoria, la testimonianza dell’Isp. Mai trascritta in parte qua (pag. 18), che non solo non è viziata da travisamenti di sorta (non specificamente dedotti) ma non è stata proprio presa in considerazione in sede di appello, né «messa in dubbio dagli appellanti che, invece, si sono concentrati sulle cause del riempimento delle vasche di accumulo, ritenendo di individuarle in un blocco delle pompe di sollevamento (cd. “blocco termico”), dovuto alla presenza di un corpo estraneo che le aveva ostruite» (pag. 19).
4.3.11 secondo motivo è infondato per le stesse ragioni già indicate in sede di esame dell’analogo motivo dedotto da NOME COGNOME dovendosi ribadire ancora una volta che non è rilevante la questione della validità della delega bensì quella del potere di controllo del delegante sul delegato e delle informazioni in possesso del delegante sulla mala gestio del delegato o comunque della necessità di interventi che esulavano dai compiti del delegato (il quale, si ricorda, non aveva poteri di spesa).
4.4.E’ infondato anche il terzo motivo.
4.5.La Corte di appello ha indicato le ragioni a sostegno della conclusione della esistenza di concreti poteri di intervento del Presidente del CdA del Consorzio i quali, giova ribadirlo, non sono mai stati annullati, né ridimensionati dalla delega a RAGIONE_SOCIALE dei compiti di manutenzione degli impianti di sollevamento. Nè è consentito in questa sede proporre una lettura diversa del contenuto dello Statuto, non potendosi in ogni caso condividere la tesi difensiva della ininfluenza del potere di stanziare i fondi direttamente da parte del Presidente in caso di urgenza considerato, oltretutto, che il ricorrente non ha mai nemmeno proposto al CdA e all’Assemblea di stanziare fondi per rimuovere le cause strutturali dei versamenti che non solo gli erano note ma che si erano ripetute più volte a fronte della sua inerzia assoluta.
5.AI rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, Comune di $`amassi, che liquida in complessivi euro 3.686 oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Comune di Samassi che liquida
3.686,00 oltre accessori di legge in complessivi euro
03/04/2025.
Così deciso in Roma, il