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Delega conto corrente: quando non basta per il sequestro

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un PM, stabilendo che la semplice delega conto corrente concessa a un indagato non è sufficiente a dimostrare la sua effettiva disponibilità dei fondi e a giustificare un sequestro preventivo, se non corroborata da prove concrete di un effettivo potere di fatto.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Delega Conto Corrente: La Cassazione Chiarisce i Limiti per il Sequestro

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 34010 del 2024, affronta un tema cruciale in materia di misure cautelari reali: la validità di una delega conto corrente come presupposto per il sequestro preventivo. Spesso, nei procedimenti penali, sorge la necessità di sequestrare beni che si ritengono profitto di un reato. Ma cosa accade se questi fondi si trovano su un conto intestato a un terzo, sul quale l’indagato ha solo una delega ad operare? La Suprema Corte fornisce un’interpretazione rigorosa, sottolineando che la forma non può prevalere sulla sostanza.

I Fatti del Caso: Sequestro su Conto Corrente di un Familiare

Il caso trae origine da un’indagine per bancarotta fraudolenta a carico di una persona. Le autorità inquirenti avevano disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di somme di denaro giacenti su un conto corrente bancario. La particolarità risiedeva nel fatto che il conto non era intestato all’indagata, bensì a sua madre, la quale le aveva conferito un’ampia delega ad operarvi. Secondo l’accusa, tale delega era sufficiente a considerare le somme come rientranti nella disponibilità di fatto dell’indagata e, quindi, sequestrabili come profitto del reato contestato.

Il Giudice per le Indagini Preliminari, tuttavia, accogliendo l’istanza della difesa, aveva revocato il sequestro. Contro questa decisione, il Pubblico Ministero aveva proposto appello al Tribunale del Riesame, che aveva però confermato la revoca. La Procura ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

L’interpretazione della delega conto corrente ai fini del sequestro

Il cuore della questione giuridica ruotava attorno a due principali argomenti sollevati dal Pubblico Ministero ricorrente:

1. Errata valutazione del periculum in mora: Secondo l’accusa, il Tribunale del Riesame avrebbe erroneamente fondato la sua decisione sulla presunta insussistenza del pericolo nel ritardo, un presupposto che non era stato messo in discussione nell’appello.
2. Violazione di legge sulla nozione di ‘appartenenza’: L’accusa sosteneva che il Tribunale avesse sbagliato nel ritenere insufficiente un’ampia delega ad operare per dimostrare la disponibilità dei fondi da parte dell’indagata, privilegiando un orientamento giurisprudenziale ritenuto meno convincente.

La Corte di Cassazione ha dovuto quindi stabilire se, ai fini del sequestro preventivo, una delega formale a operare su un conto altrui possa automaticamente tradursi in ‘disponibilità’ o ‘appartenenza’ delle somme, oppure se sia necessaria una prova più concreta dell’effettivo dominio sui fondi.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero, ritenendolo in parte infondato e in parte inammissibile.

Sul primo punto, i giudici hanno chiarito che il Tribunale del Riesame, nel contesto di un’impugnazione cautelare, ha il potere di riesaminare tutti i presupposti di legittimità della misura, a prescindere dai motivi specifici sollevati. Il principio devolutivo, in questa sede, non può essere interpretato in senso eccessivamente restrittivo. Inoltre, il riferimento del Tribunale al periculum era in realtà finalizzato a sottolineare la riconducibilità del conto alle esigenze personali della titolare (la madre), e non una valutazione autonoma sull’urgenza.

Sul secondo e più importante punto, la Corte ha stabilito che la valutazione del Tribunale del Riesame non costituiva una violazione di legge, ma un corretto esercizio del suo potere di apprezzamento dei fatti. La motivazione della decisione impugnata non era né mancante né meramente apparente. Il Tribunale aveva infatti condotto un’analisi approfondita, evidenziando come l’utilizzo del conto fosse regolare e riconducibile alle esigenze della titolare nominale, estranea alle accuse. Non erano emerse operazioni anomale o trasferimenti a favore dell’indagata che potessero far presumere un suo controllo effettivo.

La Cassazione ha riconosciuto l’esistenza di due diversi orientamenti giurisprudenziali: uno più estensivo, per cui un’ampia delega è sufficiente a fondare il sequestro, e uno più restrittivo e recente, seguito dal Tribunale, che richiede prove ulteriori. Secondo questo secondo indirizzo, la nozione di ‘appartenenza’ deve essere intesa come una relazione di fatto con il bene, simile al ‘possesso’ civilistico, che deve essere accertata ‘in concreto’ attraverso elementi che dimostrino l’effettivo esercizio di un potere gestorio da parte dell’indagato. La sola delega, quindi, è un indizio, ma non una prova sufficiente.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza consolida un principio di garanzia fondamentale: per procedere al sequestro di beni su un conto intestato a terzi, non basta un collegamento formale come la delega conto corrente. È necessario che l’accusa fornisca elementi concreti e specifici dai quali emerga, con un grado di ragionevole probabilità, che l’indagato eserciti un potere di fatto esclusivo o predominante sulle somme. Questo significa analizzare le movimentazioni, verificare la causale delle operazioni e accertare se l’utilizzo del conto da parte del delegato vada oltre un semplice mandato e si configuri come una gestione uti dominus, cioè come se ne fosse il vero proprietario. In assenza di tale prova concreta, il vincolo cautelare non può essere mantenuto, a tutela del diritto di proprietà del terzo estraneo al reato.

La sola delega ad operare su un conto corrente di un’altra persona è sufficiente per sequestrare le somme depositate a carico del delegato?
No. Secondo la sentenza, la delega a operare, anche se ampia, non è di per sé sufficiente a dimostrare la piena disponibilità delle somme da parte del delegato. È necessario che l’accusa fornisca ulteriori indicatori concreti che fondino un giudizio di ragionevole probabilità sulla personale attribuzione dei fondi all’indagato.

Il Tribunale del riesame, in sede di appello cautelare, può esaminare presupposti della misura non specificamente indicati nei motivi di ricorso?
Sì. La Corte di Cassazione chiarisce che il principio devolutivo in sede di appello cautelare reale non va interpretato in senso rigidamente circoscritto. Il giudice dell’impugnazione può e deve valutare la permanenza di tutti i profili sostanziali di legittimità del vincolo cautelare.

Cosa si intende per ‘appartenenza’ o ‘disponibilità’ di un bene ai fini del sequestro preventivo finalizzato alla confisca?
Si intende una relazione di fatto tra il soggetto e il bene, non la mera titolarità formale. Questo concetto, assimilabile al ‘possesso’ civilistico, richiede l’acquisizione di elementi che dimostrino l’effettività dell’esercizio del potere di fatto che caratterizza la disponibilità, da accertarsi non in astratto ma in concreto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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