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Definizione di cortile: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7422 del 2024, ha rigettato il ricorso di un Procuratore che chiedeva il sequestro preventivo di un cantiere. Il caso verteva sulla corretta interpretazione della definizione di cortile secondo la normativa urbanistica locale. La Corte ha stabilito che l’interpretazione delle norme tecniche e dei regolamenti edilizi da parte del giudice di merito costituisce una valutazione di fatto, non sindacabile in sede di legittimità se non per vizi logici radicali, confermando così la decisione di non procedere al sequestro.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Definizione di Cortile: la Cassazione fissa i limiti del suo sindacato

Con la recente sentenza n. 7422/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di diritto penale dell’urbanistica, chiarendo i confini del proprio giudizio in sede di riesame di misure cautelari reali. La vicenda, incentrata sulla corretta definizione di cortile ai fini della legittimità di un imponente intervento edilizio, offre spunti fondamentali sulla distinzione tra violazione di legge e valutazione di merito, consolidando principi cardine della procedura penale.

I Fatti: La Controversia Edilizia

Il caso trae origine da un’operazione immobiliare di vasta portata a Milano, consistente nella demolizione di due palazzine per far posto a un unico immobile di oltre 27 piani. L’intervento era stato autorizzato tramite titoli edilizi che lo qualificavano in parte come ristrutturazione e in parte come nuova costruzione. La Procura della Repubblica, ritenendo illegittimi tali permessi a causa di una presunta violazione delle norme urbanistiche, aveva richiesto il sequestro preventivo d’urgenza dell’area.

Il Tribunale, in funzione di giudice dell’appello cautelare, aveva rigettato la richiesta, non ravvisando il fumus boni iuris del reato edilizio. Contro questa decisione, la Procura ha proposto ricorso per cassazione, articolando diverse censure, la principale delle quali verteva sull’errata interpretazione da parte del Tribunale del concetto e della definizione di cortile secondo il Regolamento Edilizio locale.

La Definizione di Cortile e i limiti del sindacato della Cassazione

Il cuore della questione giuridica risiedeva nel capire se l’area interessata dall’intervento potesse essere qualificata come ‘cortile’. Secondo la Procura, un’interpretazione sistematica delle norme del Regolamento Edilizio e delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del Piano di Governo del Territorio (PGT) avrebbe dovuto portare a tale conclusione, rendendo di conseguenza illegittimo l’intervento edilizio assentito.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato inammissibili tali censure, ribadendo un principio fondamentale: il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti cautelari reali è consentito solo per violazione di legge. Questo vizio, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, include non solo l’errata applicazione di norme giuridiche, ma anche una motivazione talmente carente, illogica o contraddittoria da risultare inesistente.

La Corte ha precisato che l’interpretazione di un atto amministrativo, come le NTA di un piano urbanistico, rientra nella valutazione del fatto, preclusa al giudice di legittimità. Sebbene il Regolamento Edilizio abbia natura normativa e la sua violazione sia in astratto sindacabile, nel caso di specie la Procura aveva proposto una ricostruzione interpretativa complessiva che mescolava inscindibilmente norme regolamentari e previsioni meramente amministrative. Un’operazione di questo tipo non mira a denunciare una chiara violazione di legge, ma a sostituire la valutazione del giudice di merito con una propria, diversa, valutazione fattuale.

Motivazione non assente, ma solo contestata

La Suprema Corte ha inoltre specificato che il Tribunale non aveva omesso la motivazione sulla definizione di cortile. Al contrario, aveva esplicitato il proprio percorso logico-giuridico, analizzando gli articoli del Regolamento Edilizio e le altre disposizioni pertinenti, per giungere a una conclusione che escludeva tale qualificazione per l’area in esame. Tale motivazione, seppur contestata dal ricorrente, esiste ed è logicamente strutturata, sfuggendo così al vizio di nullità per assenza di apparato argomentativo.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della Procura ritenendolo nel complesso infondato e in larga parte inammissibile. La motivazione principale si fonda sulla distinzione tra il sindacato di legittimità e quello di merito. La Corte ha chiarito che l’interpretazione degli strumenti urbanistici locali (come Regolamenti Edilizi e NTA), quando non si traduce in un errore di diritto palese o in una motivazione inesistente, costituisce un apprezzamento di fatto riservato ai giudici di merito. Il ricorso della Procura, nel tentativo di offrire una lettura alternativa e combinata di norme regolamentari e amministrative, chiedeva di fatto alla Cassazione di compiere una nuova valutazione del materiale probatorio, eccedendo i limiti del giudizio di legittimità. Inoltre, la Corte ha rilevato che la questione relativa alla qualificazione dell’intervento (ristrutturazione vs. nuova costruzione) era inammissibile perché esulava dal thema decidendum fissato in una precedente fase del procedimento. Di conseguenza, essendo venuto meno il presupposto del fumus boni iuris del reato sotto il profilo oggettivo, ogni questione relativa all’elemento soggettivo (la buona fede dell’indagato) è stata ritenuta assorbita.

le conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza il principio secondo cui la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio di merito. In materia di misure cautelari reali, il suo ruolo è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la tenuta logica della motivazione, senza entrare nel merito delle scelte interpretative operate dal giudice dell’appello cautelare, a meno che queste non siano palesemente errate o del tutto immotivate. La decisione sottolinea come la complessa interpretazione degli strumenti urbanistici locali sia, in assenza di vizi radicali, un’attività riservata al giudice che valuta i fatti, e non può essere rimessa in discussione in sede di legittimità attraverso una generica richiesta di riconsiderazione.

La Corte di Cassazione può riesaminare l’interpretazione di norme urbanistiche locali in un appello cautelare?
Sì, ma solo entro limiti molto stretti. Può farlo se rileva una chiara ‘violazione di legge’, come un’interpretazione palesemente errata di una norma di un Regolamento Edilizio (che ha natura normativa). Non può, invece, sindacare l’interpretazione di atti puramente amministrativi (come le Norme Tecniche di Attuazione) né sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito se questa è logicamente motivata.

Qual era l’elemento centrale per decidere sulla legittimità del sequestro in questo caso?
L’elemento cruciale era la definizione di cortile secondo gli strumenti urbanistici del Comune di Milano. Stabilire se l’area di intervento fosse o meno un ‘cortile’ era determinante per valutare la legittimità dei permessi di costruire rilasciati e, di conseguenza, per accertare la sussistenza del fumus boni iuris del reato edilizio, presupposto indispensabile per il sequestro.

Perché la Cassazione ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso sulla qualificazione dell’intervento come ‘nuova costruzione’ anziché ‘ristrutturazione’?
La Corte lo ha ritenuto inammissibile perché l’oggetto del giudizio (thema decidendum) era già stato circoscritto, in una precedente sentenza della stessa Cassazione, alla sola questione relativa alla nozione di ‘cortile’. Introdurre in questa fase un diverso profilo di presunta illegittimità significava andare oltre i limiti del giudizio di rinvio, rendendo il motivo inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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