Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 8410 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 8410 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Torino il 28/06/1973
avverso il decreto del 03/10/2024 della CORTE DI APPELLO DI TORINO
Udita la relazione del consigliere NOME COGNOME Lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con decreto del 3 ottobre 2024 la Corte di appello di Torino, modificando parzialmente il decreto del 23 maggio 2024 del Tribunale di Torino che applicava nei confronti di NOME COGNOME la misura di prevenzione della sorveglianza speciale per anni 4, ne ha ridotto la durata ad anni 3 e mesi 6 riformulando anche alcune delle prescrizioni.
La Corte di appello ha evidenziato, in particolare, che il giudizio di pericolosità attuale del prevenuto si ricavava dalle due condanne pregresse per detenzione di
armi da cui lo stesso era gravato, nonché dall’avvenuta archiviazione per motivi processuali di un procedimento penale per danneggiamento seguito da incendio, fatto storico da ritenersi comunque provato nella sua materialità.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il prevenuto, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi di seguito descritti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Primo atto di ricorso (avv. COGNOME
Con unico motivo deduce violazione di legge, perchè il giudice del merito avrebbe travisato alcune fonti di prova emerse nei processi a carico del prevenuto (la interpretazione di una conversazione intercettata; la mancata valutazione dei chiarimenti dati in interrogatorio da COGNOME su chi fosse la persona di cui parlava nella conversazione intercettata; la circostanza, relativa al processo per estorsione, che per recuperare il credito i truffati si sarebbero rivolti a COGNOME NOME, e non a NOME, che, in realtà, neanche conoscevano).
Inoltre, il decreto impugnato sarebbe affetto da motivazione apparente in punto di valutazione del procedimento penale archiviato; inoltre, il decreto evidenzia che non sono state mosse contestazioni al decreto di archiviazione da parte del ricorrente, che però non aveva la possibilità di contestare un provvedimento di archiviazione nei suoi confronti.
Inoltre, la Corte di appello non affronta in modo adeguato la questione della sussistenza o meno di una dedizione da parte del prevenuto a reati che mettono in pericolo la sicurezza pubblica, la “dedizione” implica, infatti, che le condotte pericolose devono essere poste in essere con una certa continuità, e non possono essere sporadiche ed occasionali.
2.2. Secondo atto di ricorso (avv. COGNOME
Con unico motivo deduce violazione di legge, perché mancherebbe motivazione sull’esser dedito il prevenuto in modo non occasionale a condotte che pongono in pericolo la sicurezza pubblica, posto che in definitiva a carico dello stesso vi è soltanto l’episodio di danneggiamento seguito da incendio e che, anche a voler valutare anche i reati in materia di armi, vi sarebbe un solo fatto reato, che peraltro non ha destato particolare allarme; il concetto di “dedizione” alla commissione di reati richiederebbe un arco temporale di valutazione più esteso rispetto a quello esaminato dalla Corte di appello.
Con requisitoria scritta il Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
1. E’ infondato anzitutto il primo atto di ricorso (avv. COGNOME).
Il ricorso deduce che sarebbero state travisate alcune circostanze del fatto dei processi penali a carico del ricorrente su cui è stato fondato il giudizio di pericolosità.
L’argomento è inammissibile, perché nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, sicchè il vizio di travisamento della prova ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. è estraneo al procedimento di legittimità “a meno che il travisamento non abbia investito plurime circostanze decisive totalmente ignorate ovvero ricostruite dai giudici di merito in modo talmente erroneo da trasfondersi in una motivazione apparente o inesistente, riconducibile alla violazione di legge” (Sez. 2, Sentenza n. 20968 del 06/07/2020, PG contro COGNOME, Rv. 279435).
Nel caso in esame, il dedotto travisamento riguarderebbe una circostanza del processo di estorsione che, in realtà, il giudice della prevenzione ha ritenuto di escludere dalla valutazione di pericolosità (pag. 5 del decreto impugnato, punto 3.1. della motivazione) e la interpretazione di una conversazione intercettata nel processo per detenzione di armi, che, però, è irrilevante nel percorso logico del giudice del merito sul giudizio di pericolosità che, con riferimento al pregiudizio in materia di armi, deriva “dalla consistenza dell’arsenale sequestrato nel 2023” (pag. 6 del decreto; si ricorda che lo “arsenale” sequestrato al ricorrente consisteva, come ricorda il giudice del merito a pag. 1 del provvedimento impugnato, in quattro pistole revolver, di cui due clandestine ed una provento di furto, in un fucile da caccia provento di furto, in due pistole scacciacani, in un tirapugni, in una bomboletta di spray al peperoncino, ed in diversd, proiettili di diverso calibro).
Il ricorso deduce che il decreto sbaglia ad evidenziare che non sono state mosse contestazioni al decreto di archiviazione da parte del ricorrente, che non aveva, in realtà, la possibilità di contestare un provvedimento di archiviazione nei suoi confronti.
L’argomento è infondato, perché legge male la motivazione del decreto impugnato che non ha sostenuto che il prevenuto dovesse impugnare il decreto di archiviazione, ma che nell’impugnazione del decreto applicativo della misura di prevenzione il prevenuto non aveva contestato la sussistenza del fatto e la attribuibilità allo stesso (pag. 5 del decreto), motivazione che è coerente con i
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principi sull’effetto limitatamente devolutivo dell’appello, applicabile anche al procedimento di prevenzione (Sez. 2, Sentenza n. 9517 del 07/02/2018, Baricevic, Rv. 272520).
Il ricorso deduce che la Corte di appello non affronta in modo adeguato la questione della sussistenza della dedizione da parte del prevenuto a reati che mettono in pericolo la sicurezza pubblica, posto che, per integrare il requisito della “dedizione”, le condotte delittuose devono essere poste in essere con una certa continuità, e non possono essere sporadiche ed occasionali.
L’argomento è inammissibile, perché il decreto impugnato motiva, in realtà, sulla dedizione del prevenuto alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo la sicurezza o la tranquillità pubblica ai sensi della lett. c) dell’art. 1 d.lga. n. 159 del 2011, evidenziando “l’allarmante progressione criminosa che si registra tra il 2019 ed il 2023, considerato il numero di armi e di strumenti destinati all’offesa alla persona rinvenuti nella disponibilità di Belfiore all’esito dell perquisizione di aprile 2023. E’ da escludersi che si tratti di episodi isolati (…) vuo per il progetto espresso dal COGNOME sulla destinazione dell’arma da consegnare NOME, vuoi per la consistenza dell’arsenale sequestrato nel 2023″, motivazione che, per la sua articolazione logica, non si presta ad essere giudicata inesistente o meramente apparente, nel significato precisato dalla giurisprudenza di legittimità (v., per tutte, Sez. U, Sentenza n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).
2. E’ infondato anche il secondo atto di ricorso (avv. COGNOME).
L’atto di ricorso si sovrappone in gran parte con l’ultimo argomento dell’atto di ricorso dell’avv. COGNOME ritornando sulla questione della motivazione asseritamente apparente del giudizio sulla dedizione del prevenuto alla commissione di reati che mettono in pericolo la sicurezza pubblica.
Il motivo è infondato, perché la giurisprudenza di legittimità ritiene che “in tema di misure di prevenzione, può ritenersi socialmente pericoloso per la sicurezza e la tranquillità pubblica il soggetto, dedito alla commissione di reati la cui offensività sia proiettata verso beni giuridici non esclusivamente individuali, commessi in un significativo intervallo temporale” (Sez. 6, Sentenza n. 29229 del 01/07/2024, Greco, Rv. 286845), circostanze che sono presenti nella motivazione del giudice del merito che ha valutato condotte tenute dal prevenuto in un periodo temporale molto ampio, che va dal 2018 al 2023, condotte che si sono estrinsecate in più reati che mettono in pericolo la tranquillità pubblica (la detenzione e porto di armi del 2019, la detenzione di armi del 2023, il danneggiamento seguito da incendio del 2018), e che rendono non mancante né apparente la motivazione sulla dedizione del ricorrente alla commissione di tali tipologie di reati.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14 gennaio 2025
Il consigliere estensore
Il presidente