LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Decreto di irreperibilità: quando rinnovarlo in appello

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di un imputato, condannato per tentato omicidio e giudicato in stato di irreperibilità. L’imputato lamentava la mancata rinnovazione del decreto di irreperibilità, chiedendo la nullità degli atti. La Corte ha rigettato il ricorso, specificando che il decreto era stato correttamente emesso di nuovo in ogni fase del processo, inclusa quella di appello. Ha inoltre confermato la severità della pena, ritenendola giustificata dalla gravità del fatto e dalla condotta dell’imputato, resosi irreperibile subito dopo il crimine.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Decreto di irreperibilità: la Cassazione chiarisce gli obblighi di rinnovazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 11919/2024) offre importanti chiarimenti sulla gestione del decreto di irreperibilità nel processo penale. La pronuncia sottolinea la necessità di rinnovare le ricerche e il decreto a ogni cambio di fase processuale per garantire la validità degli atti, respingendo il ricorso di un imputato condannato per tentato omicidio. Analizziamo i dettagli di questa decisione fondamentale per la procedura penale.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un uomo condannato in primo grado e in appello per tentato omicidio aggravato, commesso in concorso con altri soggetti. L’imputato, sin dalle prime fasi del procedimento, si era reso irreperibile e il processo si era svolto in sua contumacia (secondo la disciplina all’epoca vigente).

Dopo la condanna della Corte d’Appello, l’imputato, tramite il suo legale, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, affidandolo a tre motivi principali volti a contestare sia aspetti procedurali che di merito della sentenza.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha articolato il ricorso su tre punti fondamentali:

1. Stato di necessità: Si sosteneva che l’imputato fosse stato costretto a commettere il reato da parte degli altri coimputati. Tuttavia, questa tesi non era mai stata presentata nei precedenti gradi di giudizio.
2. Nullità processuale: Il motivo principale del ricorso riguardava la presunta nullità degli atti successivi alle indagini preliminari. Secondo la difesa, non era stato rinnovato il decreto di irreperibilità dopo la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini, vizio che avrebbe inficiato l’intero processo.
3. Trattamento sanzionatorio: L’imputato contestava l’eccessività della pena inflitta e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

Analisi del decreto di irreperibilità e la presunta nullità

Il fulcro del ricorso verteva sulla questione procedurale del decreto di irreperibilità. La difesa sosteneva che la mancata rinnovazione delle ricerche dell’imputato in una fase specifica del procedimento avrebbe dovuto portare alla dichiarazione di nullità di tutti gli atti successivi, inclusa la sentenza di condanna. Questo motivo ha richiesto alla Corte di Cassazione un’attenta verifica della sequenza degli atti processuali.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo i motivi in parte inammissibili e in parte infondati. Esaminiamo il ragionamento dei giudici per ciascun punto.

Sul primo motivo, relativo allo stato di necessità, la Corte lo ha dichiarato inammissibile. I giudici hanno ribadito il principio secondo cui non è possibile introdurre per la prima volta in sede di legittimità questioni di fatto che avrebbero dovuto essere discusse e provate nei giudizi di merito (primo grado e appello). Inoltre, il ricorso non rispettava il principio di autosufficienza, in quanto non allegava l’atto di appello per dimostrare che la questione fosse già stata sollevata.

Il secondo motivo, il più rilevante, è stato giudicato infondato. La Corte, dopo aver esaminato gli atti, ha accertato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, il decreto di irreperibilità era stato regolarmente rinnovato in ogni fase cruciale del processo. Nello specifico:
– Un primo decreto era stato emesso dal Pubblico Ministero durante le indagini.
– Un secondo decreto era stato emesso dal Tribunale prima della notifica della sentenza di primo grado.
– Un terzo e nuovo decreto era stato emesso dalla Corte d’Appello prima del giudizio di secondo grado.

La Corte ha quindi stabilito che, anche qualora vi fosse stata un’omissione nella rinnovazione in una fase intermedia (come quella tra le indagini e il giudizio di primo grado), tale vizio avrebbe dovuto essere eccepito con l’appello e, in ogni caso, sarebbe stato sanato dalla successiva emissione di un nuovo decreto nella fase di appello. La procedura, pertanto, è stata ritenuta corretta.

Infine, anche il terzo motivo sulla pena è stato respinto. La Corte territoriale aveva ampiamente motivato la severità della sanzione, prossima al massimo edittale, sulla base di elementi concreti: la gravità oggettiva del tentato omicidio, la condotta post delictum dell’imputato (che si era reso immediatamente irreperibile), l’assenza di qualsiasi segno di resipiscenza e i suoi precedenti penali. Questi stessi elementi sono stati ritenuti validi anche per giustificare il diniego delle attenuanti generiche.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio procedurale di fondamentale importanza: la necessità di rinnovare le ricerche e il decreto di irreperibilità ad ogni mutamento di fase del processo (dalle indagini al primo grado, dal primo grado all’appello). Questo garantisce che lo Stato compia ogni sforzo ragionevole per rintracciare l’imputato prima di procedere in sua assenza.

Tuttavia, la pronuncia chiarisce anche che eventuali vizi procedurali devono essere eccepiti tempestivamente nei gradi di merito e possono essere sanati da atti successivi corretti. Per quanto riguarda la determinazione della pena, la decisione ribadisce che la condotta dell’imputato successiva al reato, come la fuga e la persistente irreperibilità, costituisce un valido criterio di valutazione per giustificare una sanzione severa e negare benefici come le attenuanti generiche.

Quando deve essere rinnovato il decreto di irreperibilità?
Secondo la Corte di Cassazione, le ricerche dell’imputato e il relativo decreto di irreperibilità devono essere rinnovati a ogni mutamento di fase del processo, per esempio al momento della fissazione del giudizio di appello, anche se l’imputato era già stato dichiarato irreperibile in primo grado.

È possibile sollevare per la prima volta in Cassazione l’argomento dello ‘stato di necessità’?
No. La Corte ha dichiarato inammissibile tale motivo perché non era stato presentato nei precedenti gradi di giudizio (primo grado e appello). Nuove questioni di fatto non possono essere introdotte per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione, che giudica solo la corretta applicazione della legge.

Quali elementi giustificano una pena severa e il diniego delle attenuanti generiche?
La Corte ha ritenuto legittima la decisione dei giudici di merito di applicare una pena severa e negare le attenuanti sulla base di specifici indici, tra cui la gravità oggettiva del reato (tentato omicidio), i precedenti penali dell’imputato, l’assenza di pentimento e, in particolare, la sua condotta successiva al fatto, essendosi reso immediatamente e permanentemente irreperibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati