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Decreto di citazione nullo: quando è abnorme?

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale di Bergamo che aveva dichiarato un decreto di citazione nullo. Il motivo della nullità era una discordanza nella qualificazione giuridica del reato tra l’avviso di conclusione delle indagini e il decreto stesso. La Suprema Corte ha ritenuto l’ordinanza un atto abnorme, poiché la modifica non alterava il fatto contestato, non ledendo il diritto di difesa, e causava un’illegittima regressione del procedimento.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Decreto di Citazione Nullo: Quando la Nullità Diventa Abnorme?

Il processo penale è un percorso scandito da atti e fasi ben precise, ognuna con una propria funzione essenziale a garanzia sia dell’accusa che della difesa. Il decreto di citazione diretta a giudizio è uno di questi atti cruciali: segna la fine delle indagini e l’inizio del processo vero e proprio. Ma cosa succede se questo atto presenta delle differenze rispetto a quanto comunicato in precedenza all’indagato? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito i confini tra una mera irregolarità e un provvedimento abnorme, che può bloccare ingiustamente il corso della giustizia. Il caso in esame riguarda proprio un decreto di citazione nullo dichiarato da un tribunale, una decisione poi annullata dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Dalla Diversa Qualificazione Giuridica alla Nullità

Nel caso di specie, il Tribunale di Bergamo aveva dichiarato la nullità di un decreto di citazione diretta a giudizio. Il motivo? Una discrepanza tra le imputazioni contenute nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari (ex art. 415-bis c.p.p.) e quelle formalizzate nel decreto di citazione. Inizialmente, uno dei reati contestati era stato qualificato come truffa (art. 640 c.p.), mentre nel decreto di citazione lo stesso fatto era stato ricondotto alla più specifica fattispecie di indebita utilizzazione di moneta elettronica (art. 493-ter c.p.).

Il Tribunale, accogliendo l’eccezione della difesa, aveva ritenuto questa difformità sufficiente a viziare l’atto, dichiarandolo nullo e disponendo la restituzione degli atti al Pubblico Ministero. Contro questa decisione, il PM ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che l’ordinanza del Tribunale fosse un atto “abnorme”, in quanto la modifica riguardava solo la qualificazione giuridica e non il fatto storico, senza quindi pregiudicare in alcun modo il diritto di difesa dell’imputato.

La Decisione della Corte: il Decreto di Citazione Nullo è Abnorme

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, annullando senza rinvio l’ordinanza impugnata. Secondo la Suprema Corte, il provvedimento del Tribunale è affetto da abnormità, sia strutturale che funzionale. L’abnormità si verifica quando un atto, pur apparendo come l’esercizio di un potere legittimo, esce dai canoni del sistema processuale, determinando una stasi o, come in questo caso, un’indebita regressione del procedimento a una fase precedente.

La Corte ha stabilito che la dichiarazione di nullità del decreto di citazione era errata e ingiustificata. Il giudice di merito ha creato una battuta d’arresto del processo basandosi su un presupposto sbagliato, ovvero che una diversa qualificazione giuridica del fatto equivalga a una contestazione radicalmente diversa e lesiva della difesa.

Le Motivazioni della Cassazione

La Cassazione ha fondato la sua decisione su principi consolidati. In primo luogo, ha ribadito la diversa funzione dell’avviso di conclusione delle indagini e del decreto di citazione. Il primo ha lo scopo di informare l’indagato per consentirgli un contraddittorio anticipato, mentre il secondo cristallizza l’accusa e avvia il processo. È fisiologico che tra i due atti possano esserci delle differenze, purché il fatto storico contestato rimanga riconoscibile.

La nullità del decreto di citazione è prevista solo quando il fatto descritto sia completamente “nuovo” o non connesso a quello originario, tanto da precludere un’effettiva difesa. Nel caso in esame, invece, la condotta materiale (l’utilizzo indebito di carte prepagate per accreditarsi somme a seguito di finte vendite) era descritta in modo sostanzialmente identico in entrambi gli atti. Cambiava solo l’etichetta giuridica (da truffa a indebito utilizzo di strumenti di pagamento), una modifica che non impediva all’imputato di comprendere l’accusa e preparare la propria difesa.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che il giudice, prima di dichiarare la nullità, avrebbe dovuto seguire la procedura prevista dall’art. 554-bis c.p.p., invitando il PM a riformulare l’imputazione. Non avendolo fatto, il giudice ha emesso un provvedimento non solo infondato nel merito ma anche proceduralmente scorretto, configurando un ulteriore profilo di abnormità.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la forma nel processo penale è garanzia, ma non deve trasformarsi in un formalismo fine a se stesso che ostacola l’accertamento della verità. Una diversa qualificazione giuridica del fatto tra la fase delle indagini e il processo non rende automaticamente il decreto di citazione nullo, a condizione che il nucleo storico della contestazione rimanga invariato e il diritto di difesa sia pienamente garantito. La decisione del giudice di merito che annulla la citazione in questi casi e fa regredire il procedimento è un atto abnorme che la Cassazione ha il dovere di annullare per assicurare il corretto e celere svolgimento del processo.

Una diversa qualificazione giuridica del reato tra avviso di conclusione indagini e decreto di citazione rende quest’ultimo nullo?
No, secondo la sentenza non si configura alcuna nullità se la diversa qualificazione giuridica non modifica il fatto storico contestato nei suoi elementi strutturali e sostanziali, in modo da non pregiudicare il diritto di difesa dell’imputato.

Quando un provvedimento del giudice è considerato abnorme?
Un provvedimento è abnorme quando, per la sua eccentricità rispetto al sistema processuale, si pone al di fuori delle norme (abnormità strutturale) o, pur essendo previsto dalla legge, causa una stasi o un’indebita regressione del procedimento (abnormità funzionale).

Cosa avrebbe dovuto fare il giudice prima di dichiarare la nullità del decreto di citazione per un’imputazione ritenuta insufficiente?
Il giudice, ai sensi dell’art. 554-bis, commi 5-6, c.p.p., avrebbe dovuto prima invitare il Pubblico Ministero a riformulare l’imputazione e, solo in caso di mancato adeguamento, avrebbe potuto dichiararne la nullità. L’omissione di questo passaggio ha contribuito a rendere abnorme la sua decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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