Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15982 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15982 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BERGAMO nel procedimento a carico di:
NOME nato ad Alzano Lombardo il 18/03/1991
NOMECOGNOME nato a Sant’Antioco il 13/09/1950
COGNOME NOME nato a Trescore Balneario il 04/02/1987
NOME nato in Albania il 12/06/1986
COGNOME NOMECOGNOME nato a Bergamo il 27/12/1985
avverso l’ordinanza del 03/01/2025 del Tribunale di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME il quale ha concluso chiedendo che l’ordinanza impugnata sia annullata senza rinvio;
letta la memoria dell’Avv. NOME COGNOME difensore di COGNOME NOMECOGNOME il quale ha argomentato in ordine all’infondatezza o inammissibilità del primo motivo di ricorso e all’inammissibilità del secondo motivo di ricorso;
letta la memoria dell’Avv. NOME COGNOME difensore di COGNOME NOME, il quale ha chiesto, in via principale, che il ricorso sia dichiarato inammissibile o sia rigettato e, in via subordinata, che, in caso di accoglimento del ricorso, sia
dichiarata la nullità dell’ordinanza genetica di applicazione della misura cautelare ai sensi dell’art. 292, comma 3-bis, cod. proc. pen.;
letta la memoria dell’Avv. NOME COGNOME difensore di COGNOME Michael e di COGNOME NOME, il quale ha chiesto che il ricorso sia rigettato e che, comunque, nell’ipotesi di accoglimento, anche solo parziale, di esso, l’ordinanza impugnata sia annullata con (e non senza) rinvio;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 03/01/2025, il Tribunale di Brescia annullava l’ordinanza del 12/12/2024 del G.i.p. del Tribunale di Bergamo con la quale era stata applicata, nei confronti di NOME COGNOME, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME la misura della custodia in carcere e nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME la misura degli arresti domiciliari, per essere gli stessi gravemente indiziati del reato di associazione per delinquere finalizzata a commettere più delitti di riciclaggio, autoriciclaggio e tributari (di cui agli artt. 2, 4, 5, 8 e 10 del d 10 marzo 2000, n. 74), oltre che di correlativi reati-fine, e per essere sussistenti le esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. a), b) e c), cod. proc. pen.
Il Tribunale di Brescia annullava l’ordinanza del 12/12/2024 del G.i.p. del Tribunale di Bergamo, in particolare, perché, premessa l’assenza di contestazioni degli indagati con riguardo alla gravità indiziaria: a) anzitutto, riteneva l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche che erano state disposte in vi d’urgenza con decreto del pubblico ministero del 02/12/2024 (convalidato dal G.i.p. del Tribunale di Bergamo il successivo 03/12/2024), in quanto atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine di due anni previsto per la conclusione delle indagini preliminari, atteso che «agli atti risulta che l’iscrizion degli odierni ricorrenti nel registro degli indagati risale quanto meno al 18.5.2022»; b) posto che, in conseguenza dell’inutilizzabilità di tali intercettazioni, era necessario valutare la sussistenza soltanto dell’esigenza cautelare del pericolo di recidiva – atteso che le ulteriori esigenze cautelari erano state ravvisate dal G.i.p. del Tribunale di Bergamo «esclusivamente sulla scorta del tenore delle conversazioni captate, come pure dal P.M. che, infatti, avanzava richiesta cautelare integrativa» -, si doveva ritenere non ricorrente un pericolo attuale di reiterazione dei reati.
Avverso tale ordinanza del 03/05/2025 del Tribunale di Brescia, ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo, affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, con riferimento all’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 274, comma 1, lett. a), b) e c), dello stesso codice, «in relazione alla ritenuta inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche per decorrenza dei termini di indagine di cui agli artt. 405 e 407 cpp», segnatamente, delle intercettazioni telefoniche che erano state disposte in via d’urgenza col menzionato decreto del pubblico ministero del 02/12/2024.
Dopo avere premesso che tali intercettazioni, che erano state avviate il 05/12/2024, avevano fatto emergere elementi, relativi alla sussistenza delle esigenze cautelari, ulteriori rispetto a quelli che erano stati prospettati nell richiesta di misure cautelari che era stata depositata dal pubblico ministero il 14/02/2024, in relazione sia al pericolo di reiterazione dei reati, sia al pericolo d inquinamento probatorio sia, per un indagato, al pericolo di fuga – elementi ulteriori che erano stati valorizzati dal G.i.p. del Tribunale di Bergamo -, i Procuratore della Repubblica ricorrente lamenta che la decisione del Tribunale del riesame in ordine all’inutilizzabilità delle stesse intercettazioni sarebbe fondata sull’erroneo presupposto che il dies a quo di decorrenza dei termini per la conclusione delle indagini preliminari, previsti dagli artt. 405 e 407 cod. proc. pen., era il 18/05/2022 «con riferimento a tutti gli indagati e a tutti i numerosi capi d imputazione per i quali è stata riconosciuta la gravità indiziaria».
Il ricorrente deduce che tale data del 18/05/2022 coincide con il giorno di prima iscrizione nel registro delle notizie di reato dei soli indagati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME con riguardo ai soli reati di cui agli artt. 2 e 8 del d.lgs. n. 74 del 2000 commessi nel 2018, oltr che al reato di autoriciclaggio commesso anch’esso nel 2018, come risultava dal provvedimento di iscrizione del 18/05/2022.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo rappresenta che, in tale provvedimento di iscrizione del 18/05/2022, non erano «né potevano essere» ricompresi i seguenti reati: reato di cui all’art. 416 cod. pen.; reati di cu agli artt. 4, 5 e 10 del d.lgs. n. 74 del 2000; reato di riciclaggio; tutti i reati agli artt. 2 e 8 del d.lgs. n. 74 del 2000 relativi a periodi d’imposta diversi da quel che erano stati oggetto della segnalazione contenuta nella comunicazione di notizia di reato del 17/05/2022 dell’Agenzia delle entrate, dalla quale era derivato il provvedimento di inscrizione nel registro delle notizie di reato del 18/05/2022.
Tali indicate fattispecie di reato, rispetto alle quali il G.i.p. del Tribunale Bergamo aveva riconosciuto la gravità indiziaria, erano dunque emerse solo dopo il 18/05/2022.
In effetti, in ragione della complessità delle indagini, tenuto anche conto della ripetizione nei vari anni dei comportamenti delittuosi e della progressiva emersione
della fattispecie associativa, il pubblico ministero aveva proceduto ad aggiornare le iscrizioni con nuovi indagati e con nuovi reati all’atto del deposito della richiesta di misura cautelare, cioè al momento della complessiva valutazione di tutte le indagini svolte e di tutte le ipotesi di reato emerse con riferimento a tutti i soggett cui erano attribuite; in particolare, con il provvedimento di iscrizione del 07/02/2024, che era stato apposto sulla copertina del fascicolo e che era, perciò, nella disponibilità del Tribunale del riesame. Anche dall’estratto del Sistema informativo della cognizione penale (SICP) – che il ricorrente deposita in allegato al ricorso per cassazione – risulterebbe che «alcuni indagati nonché alcune fattispecie di reato oggetto di progressiva emersione nel vasto compendio istruttorio raccolto nel tempo risultano essere iscritte, concordemente al richiamato provvedimento del 7.2.2024, proprio nel febbraio 2024, poco prima del deposito della richiesta di misura al GIP».
Né si tratterebbe, sempre secondo il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo, «di un argomento solo formale», atteso che, all’epoca delle attività di indagine compiute tra il luglio e il settembre 2022 che sono richiamate nell’ordinanza impugnata, i fatti di reato fino a quel momento scoperti erano, come già detto, solo quelli già ricordati a carico dei soli NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, mentre, «er l’ennersione di nuovi fatti contestati e posti a fondamento dell’ordinanza del GIP sono stati fondamentali, tra gli altri, gli esiti peritali effettuati sui numerosi telefoni cel sequestrati, nonché l’analisi della copiosa documentazione rinvenuta in diversi luoghi riconducibili agli indagati». Solo in esito a tale complessiva successiva attività d’indagine erano emersi elementi gravemente indizianti circa un’intensa attività di riciclaggio e di autoriciclaggio compiuta tra l’Italia e la Bulgaria e fondamentale ruolo gestorio, fino ad allora sconosciuto, svolto da COGNOME NOME», che era risultato solo «a seguito della valutazione della accurata attività investigativa della Guardia di Finanza».
Il ricorrente rappresenta ancora che «è in atti la complessa informativa conclusiva di PG del 7.12.2023 , lunga 88 pagine e con numerosi allegati documentali, che rappresenta l’atto conclusivo degli accertamenti svolti e l’unico idoneo a consentire le valutazioni del PM relative all’iscrizione nel registro ex art. 335 cpp degli indagati per i quali sino a quel momento non si disponeva di sufficienti elementi nemmeno per l’iscrizione, e di quelle fattispecie di reato oggetto di ennersione solo all’esito dell’attività di indagine».
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo precisa che «il reato di cui all’art. 416 c.p., di cui pure è riconosciuta la gravità indiziar nell’ordinanza del GIP, e non oggetto di segnalazione da parte della PG operante nemmeno nell’informativa richiamata del 7.12.2023, ma autonomamente
individuato dal PM, richiede, per la sua configurabilità, anche in ordine alle iscrizioni di cui all’art. 335 cpp, considerazioni di ordine complessivo, di fatto possibili, nel caso di specie, sono all’esito della lettura incrociata e dell ponderazione sinergica di tutti gli elementi di indagine emersi con riferimento a tutti gli indagati».
Il ricorrente puntualizza al riguardo che le intercettazioni di cui al menzionato decreto di urgenza del 02/12/2024 erano state autorizzate anche in relazione a tale reato associativo, per il quale è previsto un termine di durata delle indagini preliminari di un anno e sei mesi, con la conseguenza che, diversamente da quanto erroneamente ritenuto dal Tribunale di Brescia, le intercettazioni eseguite il 05/12/2024 e il 06/12/2024, «di rilievo massimo sul piano delle esigenze cautelari», erano «tutte in realtà in termini considerando il provvedimento di iscrizione del PM del 7.2.2024, e atteso, inoltre, che venivano disposte anche per il reato di cui all’art. 416 cp, avente termine di indagini pari ad anni 1 e mesi 6».
A sostegno dei propri assunti, il ricorrente richiama diverse pronunce della Corte di cassazione sui temi della decorrenza del termine per la conclusione delle indagini preliminari e dei presupposti dell’obbligo di iscrizione di cui all’art. 33 cod. proc. pen.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo conclude che, pertanto, «nel caso di specie il termine di decorrenza delle indagini preliminari da considerarsi ai fini della valutazione dell’utilizzabilità delle intercettazioni de essere quello dell’ultima iscrizione del 14.02.2024, con conseguente utilizzabilità delle intercettazioni disposte nei termini valorizzati dal GIP di Bergamo ed eseguite in data 5.12.2024 e 6.12.2024», con la conseguenza che, venuta meno l’inutilizzabilità di tali intercettazioni, sulla base di quanto emergeva dalle stesse si dovrebbe ritenere la sussistenza delle esigenze cautelari del pericolo attuale di reiterazione del reato, del pericolo di inquinamento probatorio e del pericolo di fuga, come riconosciute dal G.i.p. del Tribunale di Bergamo.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, con riferimento all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 274, comma 1, lett. c), dello stesso codice, e la manifesta illogicità della motivazione con riguardo all’esclusione dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, anche a prescindere dal contenuto delle intercettazioni del 05/12/2024 e del 06/12/2024.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo contesta l’affermazione del Tribunale del riesame secondo cui non sarebbe condivisibile l’argomentazione del G.i.p. del Tribunale di Bergamo «in merito alla prosecuzione dell’attività delittuosa anche a seguito della conoscenza delle indagini, mediante la costituzione di nuove società», in quanto quelle menzionate dallo stesso G.i.p.
(RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE «risultano essere state costituite tra febbraio e aprile 2022, dunque prima dell’inizio degli accertamenti investigativi, sicché da tale circostanza non può trarsi né un prolungamento dell’attività delittuosa, né l’insensibilità degli indagati all ripercussioni dell’accertamento allora in corso, né la relativa caparbietà criminale» (pag. 7 dell’ordinanza impugnata).
Così argomentando, il Tribunale di Brescia sarebbe incorso in un errore logico, atteso che, al fine di valutare «l’attualità delle condotte», «non può rilevare unicamente il momento di costituzione delle società sopra richiamate, ma deve complessivamente aversi riguardo al tempo in cui concretamente i fatti di reato di emissione e annotazione di fatture per operazioni inesistenti vengono posti in essere, per il tramite delle menzionate società, nonché alle modalità della condotta perpetrata anche avvalendosi di tali società».
Inoltre, poiché viene qui in rilievo un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari con un preciso modus operandi, «ciò che è dirimente ai fini dell’attualità delle esigenze cautelari è la riproposizione dell condotta con le medesime modalità considerate non solo in relazione al singolo ma anche all’associazione di cui trattasi».
Secondo il ricorrente, nel caso di specie, la necessaria occasione prossima per compiere ulteriori delitti della stessa specie sarebbe «proprio quella dell’utilizzo delle nuove società sopraindicate, non rilevando ex se il momento della loro costituzione». Nel caso di specie, ricorrerebbero proprio occasioni prossime e favorevoli alla commissione di nuovi reati «con riferimento alle nuove società sopraindicate di cui gli indagati si avvalgono per reiterare gli stessi reati a l contestati nei capi di imputazione, non avendo alcun rilievo la data di costituzione delle stesse, erroneamente invece ritenuta decisiva dal Tribunale del Riesanne».
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo censura poi la valutazione del Tribunale del riesame secondo cui dalla personalità degli indagati non sarebbe possibile trarre alcun elemento a sostegno dell’attualità delle esigenze cautelari di cui alla lett. c) del comma 1 dell’art. 274 cod. proc. pen. Il ricorrente lamenta che il Tribunale di Bergamo abbia fondato tale valutazione solo sui precedenti penali degli indagati, tralasciando del tutto – ferma restando la sussistenza di precedenti penali in capo a NOME COGNOME e a NOME COGNOME «la circostanza che l’attitudine alla reiterazione del reato degli indagati è desumibile nel caso di specie anche da altre circostanze quali, in particolare, il fatto che gli stessi, nonostante gli intervenuti atti di discovery nel corso delle indagini sin dal luglio 2022 (sequestri, perquisizione interrogatori o assunzione di ss.ii.) hanno comunque continuato la loro attività illecita (circostanza questa ben valorizzata, per contro, nell’ordinanza del GIP di Bergamo ). Così
manifestando, gli indagati, anche sul piano proprio della personalità, una pulsione delinquenziale veramente accentuata, non adeguatamente considerata dal Tribunale del Riesame».
Tale Tribunale avrebbe inoltre errato col non valorizzare la fattispecie di reato di cui all’art. 416 cod. pen., atteso che, «nel caso de quo, non si è in presenza di una mera presunzione di perduranza e attualità del sodalizio, ma emerge, per contro, un’oggettiva e concreta opportunità di perpetrazione della condotta delittuosa, anche nella sua dinamica associativa, proprio attraverso l’utilizzo delle ‘nuove’ società sopra menzionate». Il Tribunale di Brescia non avrebbe tenuto conto che la sussistenza di un vincolo associativo è evenienza diversa dai casi di mero concorso nel reato o di semplice commissione di un reato fine. Il tutto «peraltro in un contesto associativo in cui non vi è stato da parte di nessun indagato alcun effettivo atto di dissociazione dal sodalizio o di resipiscenza».
Il ricorrente conclude che, tenuto conto di ciò, la sola «variabile ‘tempo’ (quella di fatto realmente valorizzata dal Tribunale del Riesame)» non sarebbe «esaustiva di tutte le considerazioni che devono svolgersi nel valutare l’attualità delle esigenze cautelari in presenza di riconosciuta gravità indiziaria di un’associazione a delinquere, essendo di tutta evidenza che nel caso di associazione avente le caratteristiche sopra delineate (mancata dissociazione dei compartecipi, perduranza dei rapporti tra gli stessi, e sussistenza di veicoli imprenditoriali idonei a consentire la prosecuzione del programma criminoso) il mero decorso del tempo non è indicativo né dello scioglimento del vincolo né della cessazione dell’attività illecita come invece sembra sostenere il Riesame».
Gli evidenziati elementi, inerenti alle modalità della condotta e alla personalità degli indagati, avrebbero pertanto dovuto indurre il Tribunale di Brescia a ritenere la persistenza dell’esigenza cautelare di cui alla lett. c) del comma 1 dell’art. 274 cod. proc pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è fondato.
1.1. Costituisce un orientamento consolidato della Corte di cassazione quello secondo cui, nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero – salvi i casi di mutamento della qualificazione giuridica del fatto o dell’accertamento di circostanze aggravanti – deve procedere a nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato sia quando acquisisce elementi in ordine a ulteriori fatti costituenti reato nei confronti della stessa persona, sia quando raccolga elementi in relazione al medesimo o a un nuovo reato a carico di persone diverse dall’originario indagato. Ne consegue che il termine per le indagini preliminari decorre in modo autonomo per ciascun indagato dal momento dell’iscrizione del suo nominativo nel
registro delle notizie di reato e, per la persona originariamente sottoposta ad indagini, da ciascuna successiva iscrizione (Sez. 2, n. 22016 del 06/03/2019, COGNOME, Rv. 276965-01; Sez. 4, n. 32776 del 06/07/2006, COGNOME, Rv. 23482201; Sez. 6, n. 19053 del 12/03/2003, COGNOME, Rv. 227380-01).
La Corte di cassazione ha anche affermato che, qualora il pubblico ministero acquisisca nel corso delle indagini preliminari elementi in ordine a ulteriori fatti costituenti reato nei confronti della stessa persona già iscritta nel registro di cu all’art. 335 cod. proc. pen., deve procedere a nuova iscrizione e il termine per le indagini preliminari, previsto dall’art. 405 cod. proc. pen., decorre in modo autonomo per ciascuna successiva iscrizione nell’apposito registro, senza che possa essere posto alcun limite all’utilizzazione di elementi emersi prima della detta iscrizione nel corso di accertamenti relativi ad altri fatti (Sez. 3, n. 32998 de 18/03/2015, M., Rv. 264191-01. In senso analogo: Sez. 2, n. 150 del 18/10/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254676-01).
1.2. Nel caso in esame, alla luce di quanto è stato evidenziato dal ricorrente, appare pacifica la sopravvenienza di ulteriori notizie di reato e di nuove iscrizioni delle stesse nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen. rispetto all’iscrizio «risale quanto meno al 18.5.2022» alla quale fa esclusivo riferimento il Tribunale di Brescia quale dies a quo della decorrenza dei termini di durata delle indagini preliminari per tutti gli indagati e per tutti reati.
Orbene, posta la suddetta pacifica sopravvenienza (che risulta dalla stessa copertina del fascicolo, sulla quale era stato apposto un provvedimento di iscrizione del 07/02/2024), si deve rilevare che l’inutilizzabilità delle intercettazion che erano state eseguite sulla base del decreto del pubblico ministero del 02/12/2024 era stata eccepita da un solo indagato, NOME COGNOME.
Alla luce dei principi, affermati dalla Corte di cassazione, che si sono richiamati sopra, si deve anzitutto osservare che, con riguardo a tale indagato, il Tribunale di Brescia ha omesso qualsiasi riferimento ai reati che erano stati iscritti nei suoi confronti, come sarebbe stato invece necessario fare, atteso che, in base agli stessi principi, i termini per le indagini preliminari decorrono in modo autonomo da ciascuna iscrizione.
In secondo luogo, il Tribunale di Brescia ha operato un riferimento totalmente generico a tutti «gli odierni ricorrenti», quindi anche a coloro che non avevano sollevato l’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni, senza considerare le singole posizioni di ciascuno degli stessi ricorrenti e i reati che erano stati iscrit nei loro confronti, come sarebbe stato invece necessario fare, atteso che, in base ai menzionati principi, i termini per le indagini preliminari decorrono in modo autonomo per ciascun indagato e, per esso, da ciascuna iscrizione.
L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata, con rinvio, per un nuovo giudizio, al Tribunale di Brescia, competente ai sensi dell’art. 309, comma
7, cod. proc. pen., il quale dovrà valutare l’utilizzabilità (o no) delle intercettazio che sono state eseguite sulla base del decreto del pubblico ministero del
02/12/2024 assumendo, quale dies a quo
dei termini di durata delle indagini preliminari, per ciascun indagato, ciascuna iscrizione nei suoi confronti.
2. L’esame del secondo motivo è assorbito dall’accoglimento del primo motivo.
3. Le eccezioni di nullità dell’ordinanza genetica saranno eventualmente valutate qualora, in esito al giudizio di rinvio, dovesse essere ritenuta l’utilizzabili
delle menzionate intercettazioni.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di
Brescia competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.p.
Così deciso il 08/04/2025.