Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23906 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23906 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 01/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a MOTTOLA il 27/07/1975 avverso l’ordinanza del 21/01/2025 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, provvedendo con l’ordinanza indicata in epigrafe in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME con la quale il condannato, invocando gli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2023 (che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 629 cod. pen. nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità), aveva richiesto la rideterminazione della pena inflitta al predetto COGNOME con sentenza della Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, del 03/05/2023, irrevocabile in data 13/02/2024.
A ragione, il Giudice dell’esecuzione osservava come la citata sentenza della Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, fosse stata emessa il 03/05/2023, e depositata, nei termini, il 14/07/2023; al momento della declaratoria di incostituzionalità dell’art. 629 cod. pen., per effetto della sentenza del Giudice delle Leggi n. 120 del 24/05/2023, dep. il 15/06/2023, erano pendenti i termini del ricorso per cassazione, poi effettivamente proposto, e deciso con sentenza del 13/02/2024, senza che la Difesa, in quella sede, avesse investito la Corte della questione oggi in esame. Dal momento quindi che l’istanza atteneva all’applicazione di una sentenza della Consulta emessa allorché il giudizio era ancora pendente, non poteva trovare applicazione l’art. 30 comma 4 legge n. 87 del 1953.
Propone ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il difensore avv. NOME COGNOME articolando tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione dell’art. 30 comma 4 legge n. 87 del 1953 e dell’art. 2 cod. pen. È errata l’interpretazione operata dal giudice dell’esecuzione in ordine all’art. 30, quarto comma, legge n. 87 del 1953, non potendosi ritenere che la sua applicazione presupponga che la declaratoria di incostituzionalità sia successiva al passaggio in giudicato della sentenza interessata. Al contrario, in base alla citata norma, le pronunce della Corte costituzionale hanno effetto retroattivo e possono essere applicate anche in fase esecutiva, a maggior ragione se favorevoli all’imputato come nel caso di specie.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 673 e 671 cod. proc. pen.
La giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere l’applicabilità del combinato disposto degli artt. 30, quarto comma, legge n. 87 del 1953 e 136 Cost. nell’ipotesi in cui intervenga una sentenza di incostituzionalità di una norma
incriminatrice, limitatamente agli aspetti inerenti al trattamento sanzionatorio. Tali disposizioni ostano all’esecuzione della porzione di pena inflitta dal giudice della cognizione senza considerare l’effetto della declaratoria di incostituzionalità parziale. Sulla base dell’analoga ratio dell’art. 671 cod. proc. pen, deve ritenersi che al giudice dell’esecuzione sia attribuita la competenza a decidere di qualsiasi istanza finalizzata a riconoscere un diritto del condannato, unico limite essendo l’esclusione dell’invocato beneficio da parte del giudice della cognizione.
2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 25, 27 e 136 Cost.
La norma, come modificata dall’intervento della Consulta, in quanto più favorevole, avrebbe dovuto trovare applicazione a prescindere dallo stato in cui si trovava il processo; ciò si desume anche dalla lettera dell’art. 136 Cost. che, statuisce l’efficacia delle sentenze della Corte Costituzionale a partire dal giorno successivo alla loro pubblicazione.
Con requisitoria scritta, il sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
I tre motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente stante la stretta interconnessione delle questioni vi trattate, denunciano vizi non riscontrabili nel provvedimento impugnato.
Le deduzioni svolte dal ricorrente con riferimento alla mancata rideterminazione del trattamento sanzionatorio, previo riconoscimento dell’attenuante di lieve entità, inflitto con la sentenza della Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto del 03/05/2023, irrevocabile il 13/02/2024, risultano aspecifiche, nonché meramente reiterative di argomenti risolti dal Giudice dell’esecuzione con motivazione priva di aporie logiche, con le quali il ricorrente omette di confrontarsi: del tutto correttamente il giudice dell’esecuzione ha infatti sul punto evidenziato come, al momento della declaratoria di incostituzionalità dell’art. 629 cod. pen., con sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 24 maggio 2023, depositata il 15 giugno 2023, e pubblicata in G.U. il 21 giugno 2023, fossero ancora pendenti i termini per la proposizione, da parte del COGNOME, del ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, del 03/05/2023, le cui motivazioni erano state depositate, nei termini, il 14/07/2023.
Dal momento che, al momento della declaratoria di incostituzionalità dell’art. 629 cod. pen. il procedimento a carico del COGNOME era ancora pendente, correttamente il giudice dell’esecuzione ha rilevato che il prevenuto avrebbe dovuto avanzare la propria richiesta di riconoscimento dell’attenuante della lieve entità e di rideterminazione della pena, innanzi alla Corte di legittimità, trattandosi di questione attinente al thema decidendum.
Questa Corte, con riferimento alla analoga situazione conseguente alla declaratoria di illegittimità costituzionale (con sentenza n. 68 del 19 marzo 2012) dell’art. 630 cod. pen. nella parte in cui non prevedeva l’attenuante della lieve entità del fatto, ha già avuto modo di affermare il principio per cui, in tema di ricorso per cassazione, la pubblicazione in epoca successiva alla presentazione del ricorso di una sentenza della Corte costituzionale di accoglimento, con contenuto additivo, consente al ricorrente di giovarsene senza presentare motivi aggiunti, essendo sufficiente anche depositare una semplice memoria difensiva, purché con i motivi originari il giudice di legittimità sia stato investito del controllo della motivazione della sentenza di merito sul punto su cui è intervenuta la declaratoria di incostituzionalità (Sez. 6, n. 37102 del 19/07/2012, COGNOME, Rv. 253471 – 01: nella specie, la Corte ha cassato la sentenza di condanna dei giudici di merito per il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione, a seguito della pubblicazione della sentenza n. 68 del 2012 della Corte costituzionale – che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 630 cod. pen. nella parte in cui non prevede la diminuzione della pena quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o le circostanze dell’azione il fatto risulti di lieve entità avendo il ricorrente richiesto il riconoscimento della nuova attenuante con una memoria depositata nella cancelleria della Corte prima dell’udienza e avendo, in sede di originario ricorso, presentato motivi riferiti alla gravità del reato). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ed ancora, proprio con riferimento alla pronuncia del Giudice delle leggi di cui all’odierno ricorso, è stato affermato che, in tema di impugnazioni, non è deducibile con ricorso per cassazione l’omessa motivazione del giudice di appello in ordine al denegato riconoscimento dell’attenuante della lieve entità del delitto di estorsione, prevista dalla sentenza della Corte cost. n. 120 del 2023, ove la questione, già proponibile in quella sede, non sia stata prospettata in appello con i motivi aggiunti ovvero in sede di formulazione delle conclusioni (Sez. 2, n. 19543 del 27/03/2024, G., Rv. 286536 – 01).
Ebbene, nel caso di specie, la questione del possibile riconoscimento della lieve entità del fatto e della conseguente riduzione della pena, era deducibile in sede di cognizione innanzi alla Corte di cassazione e non fu prospettata né nei motivi di ricorso, né successivamente con motivi aggiunti: conseguentemente la disamina della medesima questione deve ritenersi preclusa al giudice dell’esecuzione.
Non rileva, nel caso di specie, l’invocata norma di cui all’art. 30, quarto comma, legge n. 87 del 1953, che, nello stabilire il principio della cedevolezza del giudicato in
presenza di norma dichiarata incostituzionale, presuppone appunto che di “giudicato”
si tratti, ovvero che la pronuncia di incostituzionalità sopravvenga al passaggio in giudicato della decisione sulla quale tale pronuncia può produrre effetti.
Del tutto fuori fuoco è infine il riferimento, operato in ricorso, all’art. 671 cod.
proc. pen., stante la specificità dello strumento dell’incidente di esecuzione di cui alla citata norma, che fa eccezione al principio generale dell’ordinamento della
«(tendenziale) immodificabilità del giudicato», derogabile nei soli casi previsti dalla legge (Sez. U, n. 18821 del 24/10/2013, dep. 2014, Ercolano, Rv. 258650 – 01; Sez.
U, n. 42858 del 29/05/2014, P.m. in proc. gatto, Rv. 260698 – 01).
3. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 01/04/2025