Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 46338 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 46338 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME nato a Ricadi il 14/03/1965
avverso la sentenza del 08/11/2023 della Corte di Appello di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; lette le conclusioni scritte dell’Avv. NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata in accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte di Appello di Catanzaro, ha confermato la sentenza emessa il 29 aprile 2021 dal Tribunale di Vibo Valentia che ha condannato il ricorrente alla pena di un anno e mesi quattro di reclusione ed euro 3.443,00 di multa, per il reato di cui all’articolo 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 per la detenzione a fine di spaccio di g. 364 di marijuana, pari a 1.089 dosi singole e di g. 0,6 di cocaina, pari ad una singola dose (in Ricadi ottobre 2020).
t
Tramite il proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso NOME COGNOME articolando i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge per essere stato il giudizio di appello trattato dopo il decesso del difensore di fiducia in data 21 settembre 2023, e quindi in assenza di una difesa tecnica, con conseguente impossibilità dell’imputato di difendersi.
2.2. Con il secondo motivo adduce la carenza di motivazione in merito alle ragioni per le quali la detenzione di sostanza non è stata ritenuta destinata all’esclusivo uso personale dell’imputato, trattandosi di quantitativi di droga compatibili con l’uso personale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato e va, pertanto, rigettato.
Con il primo motivo di ricorso non viene dedotto che il giudice sia stato messo a conoscenza dell’intervenuto decesso dell’avvocato, non risultando in effetti che tale circostanza sia stata posta all’attenzione della Corte di appello né altrimenti nota per risultanze delle notifiche degli atti introduttivi del giudizio neppure appaiono inficiate da cause di nullità.
Dagli atti emerge che il decreto di citazione a giudizio per il grado di appello era stato ritualmente notificato all’imputato e al suo difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME in epoca antecedente al sopravvenuto decesso in data 21 settembre 2023 del predetto difensore, che il giudizio di appello si è svolto con il rit cartolare ex art. 23-bis d.l. n. 137 del 2020, convertito, con modificazioni, in legge n. 176 del 2020, con la rituale comunicazione al difensore nei termini di legge e con le prescritte modalità telematiche delle conclusioni del Pubblico Ministero.
Spettava, pertanto, all’imputato, assistito da un difensore di fiducia e perciò stabilmente in contatto con esso, comunicare al giudice procedente l’intervenuto decesso del proprio patrocinatore allo scopo di fare attivare i provvedimenti ufficiosi di cui all’articolo 97, comma 1, cod. proc. pen., ovvero di provvedere egli stesso direttamente alla nomina di un nuovo difensore di fiducia.
Costituisce orientamento consolidato, peraltro affermato con riferimento alla celebrazione della pubblica udienza nel giudizio davanti alla Corte di cassazione, che non ricorre un vizio di instaurazione del contraddittorio nel caso di intervenuto decesso del difensore dell’imputato prima dell’udienza stessa ma dopo la regolare notificazione dell’avviso di fissazione, e di cui il giudice procedente non sia stato portato a conoscenza, non incombendo alcun onere di verifica delle ragioni della mancata comparizione del difensore (cfr. Sez. 1, n. 28543 del 18/09/2020, COGNOME, Rv. 279787)
Ciò si spiega anche perché nel giudizio di legittimità, la presenza del difensore non è necessaria, non essendo prevista la sua sostituzione con un difensore di ufficio ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen. in caso di assenza all’udienza pubblica di cui all’art. 614 cod. proc. pen. o camerale partecipata ex art. 127 cod. proc. pen., ed essendo esclusa in radice la presenza delle parti all’udienza camerale ex art. 611 cod. proc. pen.
Analogamente, anche per il giudizio cartolare d’appello che si svolga senza la partecipazione delle parti e dei difensori, il giudice procedente non ha certamente l’onere di verificare le ragioni della mancata formulazione delle conclusioni scritte da parte della difesa, né nel caso di rito camerale partecipato ex art. 127 cod. proc. pen. in cui la presenza del difensore è di regola facoltativa, vi è l’onere per il giudice di accertare le ragioni della mancata comparizione, essendo del tutto fisiologico che anche l’udienza con rito camerale partecipato si possa svolgere senza la presenza del difensore, ritualmente avvisato e non comparso e che non abbia comunicato un proprio legittimo impedimento.
D’altra parte anche il legittimo impedimento del difensore, nei casi in cui rilevi (cfr. Sez. U, n. 41432 del 21/07/2016, COGNOME, Rv. 267748, con riferimento al procedimento camerale di appello all’esito di giudizio abbreviato), deve pur sempre essere tempestivamente comunicato al giudice che procede.
Sebbene nel caso di decesso del difensore si verifichi una situazione in cui all’imputato viene a mancare del tutto la difesa tecnica, l’obbligo (art. 97, comma 1, cod. proc. pen.) per il giudice, di procedere alla nomina di un difensore di ufficio, presuppone pur sempre che tale situazione sia a sua conoscenza, o perché comunicatagli dalla parte, o perché risultante dagli adempimenti processuali correlati agli avvisi ed alle notificazioni spettanti al difensore.
Deve pure osservarsi che nel caso in esame, non essendosi verificata alcuna violazione dell’instaurazione del contraddittorio secondo le regole processuali vigenti, e sebbene il sopravvenuto decesso del difensore abbia di fatto privato l’imputato della difesa tecnica nella fase della formulazione delle conclusioni scritte, era comunque onere del ricorrente specificare quale concreto pregiudizio abbia ciò comportato, tenuto conto della enunciazione nei motivi di appello delle doglianze dedotte avverso la sentenza di primo grado che sono state oggetto di compiuta disamina nella sentenza impugnata, e della tempestiva proposizione del ricorso per cassazione.
Del resto, la morte dell’unico difensore, ove abbia costituito la ragione della mancata osservanza dei termini di impugnazione, legittima la parte ad avvalersi del diritto di restituzione in termini ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen., a riprov della coerenza del sistema a tutela del principio di obbligatorietà ed irrinunciabilità alla difesa tecnica.
Passando al secondo motivo si deve rilevare che le censure sull’accertamento della destinazione allo spaccio della detenzione della sostanza stupefacente sono inammissibili perché volte a prefigurare una alternativa valutazione delle risultanze istruttorie, non essendo affatto illogiche le considerazioni dei Giudici di merito su dato ponderale (g.364 di marijuana, con mg 27.223 di principio attivo pari a oltre mille dosi singole d’uso), diversità delle sostanze, suddivisione in dosi e strumenti utili allo spaccio (bilancino, coltello intriso di sostanza), poste a base della decisione impugnata.
Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, al pagamento delle spese del procedimento.
P .Q .M .
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
liere estensore Il Così deciso il 29 ottobre 2024